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È sempre la solita storia: vai al supermercato a comprare il latte, e il latte è puntualmente nell’ultimo reparto. Ti aggiri tra gli scaffali, un’occhiata qui, una là, ed ecco che arrivi alla cassa con almeno tre articoli più del previsto. Si chiama shelf marketing: saper disporre le merci sugli scaffali per incrementare le vendite, perché anche l’occhio vuole la sua parte.

Di cosa stiamo parlando? Di strategie di marketing e brand management. Già, perché non c’è bisogno di leggere Naomi Klein per sapere come veniamo manipolati dai grandi stores a comprare di più. Secondo Roger Dooley, specialista in neuromarketing, solo il 5% dei nostri acquisti viene fatto consciamente. É su quel 95% di inconscio che agisce il marketing. Come? Spesso il segreto sta nei colori giusti, nei profumi giusti e soprattutto – eccoci al punto che ci interessa di più – nei suoni giusti.

When did music become so important?”, si chiedeva Don Draper in un episodio di Mad Man. Aggiustando la domanda, ci potremmo chiedere: “Perchè la musica indie è diventata così importante per vendere?”. Chiunque questa estate abbia fatto un giro tra gli scaffali di Mango o Pull&Bear, sa di cosa parlo: King Krule, Tame Impala, Beach House, Warpaint, Flume, Crystal Castles, Washed Out. Moda che strizza l’occhio al Coachella, playlist che strizzano più di un occhio a Pitchfork. E cosa dire dei pionieri Topshop o Urban Outfitters, che mettono in vendita da tempo anche cd e giradischi?

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Il segreto del loro successo sta proprio qui, nell’aver capito esattamente che cos’è che rende il mondo hipster così attraente e averne riprodotto l’estetica – e la musica – nei propri negozi. É sufficiente sfogliare un catalogo di Topshop o fare due passi da Pull&Bear per pensare “sì, io appartengo a questo mondo”. Hai tra i 18 e i 25 anni? Hai appena scoperto l’indie rock? Sei una nostalgica degli anni ’90 (e dei choker)? É qui – ci dicono, e come fare a non crederci? – che potrai crearti un look completo in meno di un minuto, senza dover scavare tra le pile di t-shirt dei negozietti vintage. Non è la stessa cosa, certo, però la musica, l’arredamento, la disposizione: tutto ti fa sentire come se stessi camminando tra accessori e vestiti rari, speciali.

Abbandonate l’idea che la musica, per questi brand, sia solo sottofondo: Wavves e Sleigh Bells non sono capitati lì per caso. Al contrario, sono l’ingrediente principale per fare del negozio – e, più in generale, del marchio – un microcosmo indie. Lo testimonia il fatto che, navigando nei loro siti web, accanto alla collezione fall/winter si possono trovare sezioni appositamente dedicate alla musica, con playlist del mese, news, perfino rubriche. Dateci un’occhiata, potreste non avere più bisogno di ascoltare la vostra Discover Weekly su Spotify.

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Che vi piaccia o no, acquistare quel determinato brand non è più solo comprare: è comunicare di essere parte di quel mondo. L’avrei preso lo stesso quel paio di shorts inguinali (skank chic, li avrebbe definiti il London Observer), se non avessi pensato “Da quando sono entrata ho ascoltato praticamente tutte le band che hanno suonato quest’anno al Primavera, questo negozio mi rispecchia alla perfezione”? Se non mi fossi detta “se li compro sembrerò sicuramente Danielle Haim che scorrazza in bici per la California, come nel video di ‘Forever’ ”? Forse no (e avrei fatto bene). Ma che bello cascarci.