Sappiamo tutti che il termine indie ha perso la propria valenza originaria (ovvero musica prodotta da etichette indipendenti, fuori dai circuiti delle major) dopo il successo mainstream del grunge, diffondendosi come genere a sé stante negli anni Duemila.

Giusto? Sbagliato? Sticazzi? Non siamo qui per giudicare questo, ma per farvi fare un tuffo nel passato.

Se gli anni Duemila li avete passati a seguire l’evoluzione della musica internazionale, soprattutto in tv su canali come All Music, QOOB e la mai troppo compianta Mtv (Your Noise, Mtv Playground, etc.), questo listone fa per voi. In quegli anni, e soprattutto dal 2004 in poi, si è verificata una vera e propria esplosione di nuove band definite dalla critica e dal pubblico “indie” – chi a ragione e chi no – e l’etere è stato invaso da migliaia di gruppi con il “The” davanti al proprio nome, di cui ci siamo tutti dimenticati.

Insomma, di Arctic Monkeys ne nascono ogni cento anni, e per una band ancora sulla cresta dell’onda ce ne sono centinaia che hanno mollato, o si sono perse in dischi brutti e canzoni dimenticabili.

Ecco allora 20 di queste band, che sicuramente sono passate nei vostri ascolti, ma di cui forse vi eravate dimenticati:

HARD-FI

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Di loro forse vi ricorderete: esordirono nel 2005 con il singolone Cash Machine, che entrò in classifica pure in Italia. Pareva dovessero arrivare lontano, grazie a una formula che mischiava rock e dub, ma terminato il successo del primo album Stars Of CCTV (oltre un milione di copie vendute in tutto il mondo) la stella degli Hard-Fi è andata spegnendosi in fretta, consegnandoci altri due lavori mediocri e lasciandoci in attesa (?) di un quarto disco.

THE FRATELLIS

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Il nome potrebbe non dirvi nulla, ma se passate su YouTube e cercate Chelsea Dagger o Henrietta potrebbe tornarvi la memoria. Trio scozzese bollato dalla critica come “garage rock”, si tratta in realtà dell’ennesima band con più di un richiamo ai Libertines (e in questa lista ne troverete molte). Non sono imparentati, nonostante artisticamente facciano tutti di cognome Fratelli, e il loro successo è da attribuire solamente ai singoli menzionati sopra e alla ballata Whistle For The Choir, tre brani contenuti nel primo album Costello Music (2006). Sono poi arrivati altri due dischi, uno hiatus, e un quarto lavoro in studio pubblicato nell’agosto 2015, ma di cui sinceramente non sentivamo il bisogno.

WE ARE SCIENTISTS

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Attivi tra New York e la California fin dal 1999, è nel 2005 che i We Are Scientists raggiungono il successo con l’album With Love And Squalor, contenente due singoli micidiali come The Great Escape e Nobody Move, Nobody Get Hurt. Il successo di pubblico (ma non di critica) è ancora maggiore con l’album successivo Brain Thrust Mastery (2008), ma già con il successivo Barbara (2010) il pubblico perde interesse nei We Are Scientists, che continuano a sfornare dischi per pochi fan affezionati.

THE SUBWAYS

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Di loro probabilmente non vi ricordate più, ma Rock & Roll Queen è stato uno dei brani più famosi e amati di questo periodo di sovraffollamento di band tutte uguali. I Subways erano una mosca bianca, una specie di power trio in cui alla voce si alternano Billy Lunn (chitarra) e Charlotte Cooper (basso), e sono facilmente considerabili i più pestoni e grunge tra tutti i presenti in questo elenco. Rock & Roll Queen, assieme agli altri due singoloni Oh Yeah e With You, stanno facendo vivere i Subways di rendita ancora oggi, dato che il successo dei tre album successivi è rimasto confinato esclusivamente nella natia Inghilterra e nei Paesi germanici.

THE HOOSIERS

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Trio inglese nato nel 2003, l’esordio avviene nel 2007 con l’album The Trick To Life, contenente i singoli Worried About Ray e Goodbye Mr. A. Il successo di questi due brani fu tale che il disco raggiunse il primo posto nella classifica inglese, alimentando una notevole attesa per il sophomore. The Illusion Of Safety, pubblicato nel 2010, nonostante il successo del singolo Choices non raggiunse i risultati del debutto, dando il via alla parabola discendente degli Hoosiers, che continua ancora oggi.

THE TING TINGS

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Eccolo qui, il duo che tutti abbiamo imparato ad odiare per colpa di quel brano che fa “the drums, the drums, the drums”. In realtà i Ting Tings, ovvero Katie White e Jules De Martino, sono una macchina da singoli perfetta, che non è riuscita a ripetere il successo di un debutto devastante. We Started Nothing (2008) è una specie di corrispettivo electro-rock di una Hit Mania Dance, dato che è impossibile stare fermi senza ballare durante l’ascolto. Great DJ, Shut Up And Let Me Go, That’s Not My Name, Keep Your Head, sono solo alcuni dei singoli che hanno fatto entrare l’album in classifica in ben 13 Stati, superando il mezzo milione di copie vendute solo in Inghilterra. Peggio è andata con il seguito, Sounds From Nowheresville, uscito quattro anni dopo, quando ormai il sound dei Ting Tings era stato ampiamente superato.

DIRTY PRETTY THINGS

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Nel 2004 si scioglievano i Libertines, band simbolo del rock britannico degli anni Duemila, con Pete Doherty e Carl Barât a formare entrambi nuove band. Di Doherty e dei suoi Babyshambles sappiamo tutto, ma Barât? Beh, nel 2005 fondò i Dirty Pretty Things assieme al batterista Gary Powell e all’ex Cooper Temple Clause Didz Hammond. Il risultato furono due album in studio di dubbio successo, una disputa legale sul nome della band e lo scioglimento nel 2008, giusto in tempo per un album solista a nome Carl Barât (2010) e la reunion dei Libertines.

ORSON

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E questi? Nome in onore di Orson Welles, un cantante – Jason Pebworth – proveniente dal mondo del musical e una rosa di influenze – a detta loro – che va da Beck ai Flaming Lips, dai Led Zeppelin a Björk. Cosa poteva venirne fuori secondo voi? Esatto, una band pop-rock abbastanza banale, ma con almeno due brani di livello superiore da ricordare e da ascoltare ancora oggi. Entrambi tratti dal debutto Bright Idea (2006), No Tomorrow e Happiness sono un perfetto biglietto da visita per una band destinata a scalare le classifiche. Peccato che il successivo album Culture Vultures (2007) sia un deciso flop, e che gli Orson si siano sciolti poco dopo.

NOISETTES

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Trascinati dalla cantante-bassista Shingai Shoniwa, presenza scenica e voce notevole, l’esordio dei Noisettes arriva nel 2007 con What’s The Time Mr. Wolf?, vibrante album di grezzo rock ‘n’ roll, che attira le attenzioni della stampa specializzata e li candida a next big thing della musica britannica. Il successivo Wild Young Hearts (2009) vede la band (e soprattutto Shingai) in balia dei produttori e della ricerca di un suono più elettronico e soul-oriented, come ben dimostra il singolo Don’t Upset The Rhythm (Go Baby Go) che raggiunge anche le classifiche italiane. Il terzo album Contact (2012) segna il passaggio definitivo al pop, e dell’urgenza e la rabbia degli esordi non rimane nulla.

CSS (CANSEI DE SER SEXY)

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Direttamente da San Paolo, Brasile, ecco una band quasi tutta al femminile che ha riempito i dancefloor indie per anni. Il debutto omonimo arriva nel 2005, e contiene singoli spaziali come Off The Hook, Alala e Let’s Make Love And Listen Death From Above, portando la band sui palchi dei grandi festival e nelle classifiche europee. La formula viene ripetuta (e bene) nel successivo Donkey (2008), viene mutata leggermente nel terzo disco La Liberación (2011) prima di crollare definitivamente con il quarto album Planta, quando ormai la maggior parte del pubblico si è dimenticata dei CSS e del loro pop-rock meticcio.

THE ZUTONS

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Ci intasate le bacheche di Facebook ogni giorno con Valerie di Amy Winehouse, ma pochi sanno che quel brano non è della compianta Amy, ma di una band semi-sconosciuta di Liverpool chiamata Zutons. Autori di tre album tra il 2004 e il 2008, da segnalare c’è anche l’altro grande singolo Why Won’t You Give Me Your Love?, incluso nel secondo album Tired Of Hanging Around (2006). Lo scioglimento arriva nel 2009, poi ci penserà Amy Winehouse a far conoscere il nome degli Zutons al mondo.

THE HOLLOWAYS

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Due album in sette anni, un singolo di successo e poi il nulla. Non male la carriera degli Holloways, vero? La spinta del brano Generator fu notevole, tanto che l’album di debutto So This Is Great Britain? venne ristampato nel 2007 con allegato un disco di b-sides e cover. Peccato che il successivo No Smoke, No Mirrors (2009) non ottenne i favori di pubblico e critica, condannando la band all’anonimato e allo scioglimento. Non deve averla presa bene il chitarrista Rob Skipper, morto di overdose nel 2014.

THE CINEMATICS

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Scozzesi e oscuri, dediti ad una specie di revival post-punk sulla scia di Interpol e Editors, i Cinematics sono uno dei segreti meglio custoditi della scena indipendente scozzese. Debuttano nel 2006 con il singolo Break e pubblicano il debutto A Strange Education l’anno successivo, venendo però oscurati dalla miriade di band major che nello stesso periodo intasano l’etere. I Cinematics non si abbattono e nel 2009 ecco arrivare il sophomore Love And Terror, che riceve ottime critiche, portando la band fino a Berlino per realizzarne il seguito. Peccato che proprio durante le registrazioni la band decida di sciogliersi, regalando ai propri fan solamente l’inedito Nausea.

THE RAKES

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Se qualcuno di voi ha giocato a Fifa 06 non potrà non ricordarsi dei Rakes e della loro Strasbourg, inclusa nella OST del gioco. Capture/Release (2005) contiene questa e altre perle come 22 Grand Job, Retreat e All Too Human, ed è sicuramente uno dei più bei dischi di metà anni Duemila. I suoi seguiti Ten New Messages (2007) e Klang (2009) abbassano leggermente il livello qualitativo, seppur confermando i Rakes tra i migliori esponenti del post-punk revival di quegli anni. La band si scioglie poi nel 2009, ed è sicuramente consigliabile recuperarne la discografia al più presto.

THE FUTUREHEADS

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Nome ispirato ad un celebre album dei Flaming Lips e chitarre e ritornelli affilatissimi: questo è il biglietto da visita dei Futureheads da Sunderland quando, nel 2004, viene pubblicato il debutto omonimo. Il secondo album News And Tributes gli vale paragoni con i Blur e palchi sempre più grandi ai festival, ma la band non riesce mai a fare il salto di qualità definitivo, assestandosi in una situazione di album convincenti ma banali che dura ancora oggi (l’ultimo, Rant, risale al 2012), perdendo forse l’ultimo treno per la consacrazione.

THE VIEW

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Quattro ragazzi dal pesantissimo accento scozzese e dal ritornello facile – ascoltare il singolo Same Jeans per conferma – attivi dal 2005 ed ex-next big thing della musica britannica. Dopo il primo album Hats Off To The Buskers (2007) i The View continuano a vivacchiare con singoli occasionali e album mediocri come Which Bitch? (2009) e Cheeky For A Reason (2012). Bene invece Bread And Circuses, che li riporta anche in classifica con il singolo Grace, ma che non riesce ad evitare un declino lento ma inesorabile.

THE FEELING

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Discendenti diretti del filone soft-rock che ha partorito band-camomilla quali Travis e Starsailor, i The Feeling hanno avuto il loro quarto d’ora di notorietà anche qui in Italia, dove il brano Sewn è riuscito ad entrare in classifica. Il resto della loro carriera, esclusi i primi due album Twelve Stops And Home e Join With Us, è un continuo tentativo di ritrovare il successo degli esordi in Inghilterra, ammiccando più al pop da classifica che ad altro. Non ci siamo persi nulla insomma, ma Sewn rimane un bel pezzo.

THE MUSIC

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Poco modesti per definirsi “la musica” questi quattro ragazzi inglesi. Formati nel 1999, l’esordio dei The Music avviene però nel 2002 con il debutto omonimo, sospinto da NME e osteggiato da Pitchfork. Normale allora che il resto della loro carriera ondeggi tra l’indifferenza degli States e l’amore della madrepatria, nonostante sia il Giappone il Paese in cui i The Music hanno continuato ad avere successo fino all’ultimo album. Si sono sciolti nel 2011 dopo l’ultimo Best Of, e il leader Robert Harvey ha collaborato con The Six e The Streets.

THE PIGEON DETECTIVES

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Spensierati come il nome suggerisce, ecco l’ennesima band con i santini dei Libertines sul cruscotto. L’esordio dei Pigeon Detectives arriva nel 2007 con Wait For Me e riscuote subito grande successo in Inghilterra, dove si aprono le porte dei grandi festival e intraprendono un tour che fa registrare sold out ovunque. Tutto procede nel verso giusto anche con il secondo album Emergency (2008), ma l’ispirazione cala improvvisamente nel 2011 con Up, Guards And At ‘Em!, con la band che non è ancora riuscita a ritrovare il bandolo della matassa.

THE COURTEENERS

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Amati nientemeno che da Morrissey, i Courteeners debuttano nel 2008 con St. Jude, album convincente e contenente buoni spunti, a cui fa seguito nel 2010 il sophomore Falcon. I Courteeners riescono a ritagliarsi una propria posizione nel panorama britannico anche negli anni recenti, pur non riuscendo mai a sfondare fuori dai propri confini. Il recente Concrete Love (2014) vede una svolta quasi synthpop, e la band viene ridimensionata dalla critica: poco male, i festival d’Oltremanica li accoglieranno sempre a braccia aperte finché suoneranno singoli come quello qui sotto.

Escluse dalla lista, per motivi diversi, band ottime (e meno ottime) come The Vines, Guillemots, Little Man Tate, Reverend And The Makers, The Rascals, The Enemy e Hot Hot Heat, oltre a molte, molte altre.

Allora, ve le ricordavate tutte?