Quando si parla di Jagjaguwar non si può che iniziare dal nome. Punto uno: state tranquilli, non siete gli unici che non lo sanno pronunciare. Per risolvere i vostri (legittimi) dubbi, cliccate qui e fate esercizio. Punto due: se anche voi vi siete chiesti da dove venga questo nome – diciamo – esotico, sappiate che in realtà è tutto molto semplice e molto nerd. Ce lo avete presente Dungeons & Dragons?

Sì, proprio il gioco di ruolo fatto di draghi, orchi, nani, elfi e halfling. Impossibile non conoscerlo, soprattutto se siete fan di Stranger Things. Ecco, Jagjaguwar non è altro che il risultato di un name-generator di personaggi di Dungeons & Dragons. Anche se, ad indagare meglio, qualcosa si scopre. Come scrive E. Deines in “A Brief, Subjective History Of Jagjaguwar”, un senso questo nome ce l’ha, eccome se ce l’ha.

D&D non è un gioco, ma un vero e proprio rituale, e il rituale unisce, crea un senso di comunità. Negli oltre vent’anni di storia di Jagjaguwar, questa idea di comunità l’abbiamo sempre messa in pratica. Fin dall’inizio, quando la label ha voluto unirsi ad un’altra casa discografica del Midwest (Secretly Canadian), ma anche nel modo in cui siamo riusciti a fare community con altre etichette che erano sulla nostra stessa lunghezza d’onda. Lo vediamo ancora tutti i giorni nella relazione che si crea tra Jagjaguwar e i suoi artisti, e nella collaborazione che nasce tra gli artisti stessi.

In fondo lo avevamo già visto con il Beggars Group – società che riunisce 4AD, Rough Trade, Matador e XL Recordings: il concetto di community oggi è fondamentale nell’universo indie. Farsi largo nell’era del digitale, in mezzo alle major che si spartiscono il mercato, molto probabilmente sarebbe una scommessa persa in partenza per una piccola etichetta indipendente. Insomma, together stronger, come cantavano i Manic Street Preachers.

Quando siamo nati volevamo cambiare il mondo, diffondere cultura, aiutare gli artisti a creare qualcosa di bello. Da indipendenti, abbiamo capito ben presto che da soli non potevamo farcela.

(Darius Van Arman)

Come nasce Jagjaguwar? Nasce – come diceva uno smielato film francese – un po’ per caso, un po’ per desiderio.
Charlottesville, Virginia, 1996. Darius Van Arman è iscritto al primo anno del college, ma studiare non sembra la sua preoccupazione principale. Anziché impegnarsi sui libri preferisce, nell’ordine: lavorare come music director per WTJU, la stazione radio ufficiale dell’università della Virginia, fare il commesso alla Plan B Records, il direttore artistico in una rivista alternativa locale, la C-Ville Weekly, e perfino il guardiano notturno.

Continuavo a negarlo a me stesso, ma il college non faceva per me.

Il caso vuole che un amico di Van Arman, Adam Busch, sia membro di una band – un po’ pop un po’ avant-garde – che ha un bisogno disperato di una casa discografica per pubblicare il primo disco. Van Arman non si lascia sfuggire l’occasione: prende i risparmi guadagnati grazie a qualche straordinario e realizza il disco all’insegna del DIY. È il 1996 e Bombay Aloo dei Curious Digit diventa la prima release ufficiale di Jagjaguwar.

Lasciamo per un attimo Charlottesville, Virginia, e trasferiamoci in un’altra cittadina universitaria del Midwest. A Bloomington, Indiana, Chris Swanson e tre amici hanno appena fondato una piccola etichetta che hanno chiamato Secretly Canadian. Animati dagli stessi ideali – stay small and informal, know your audience, and put out stuff you like – Swanson e Van Arman iniziano a collaborare: si scambiano idee, condividono scelte artistiche e commerciali.

Facevo una marea di lavoro e avevo bisogno di un socio. La prima volta che gliel’ho proposto, Chris ha rifiutato. Poi però è tornato da me e mi ha detto “Ok, diventiamo soci, ma tu vieni a Bloomington”.

(Darius Van Arman) 

Il 1999 diventa così un anno di svolta nella storia di Jagjaguwar: Van Arman si trasferisce a Bloomington e, oltre alla condivisione di idee e ideali, Jagjaguwar e Secretly Canadian iniziano anche a condividere uffici e oneri. Addio quindi all’approccio DIY: marketing, design, sistema di vendita e distribuzione, tutto ora è perfettamente organizzato.

Volevamo essere preparati per il momento in cui ci sarebbe capitato per le mani il disco perfetto.

Da questo momento in poi, per Jagjaguwar inizia una lunga serie di fortunati eventi. Durante il SXSW del 2000, in un parcheggio, gli Oneida firmano un contratto che li avrebbe legati alla casa discografica per più di dieci anni. Solo l’anno dopo arriva sulla scrivania di Swanson il demo di una giovane band di Austin, Texas. Sono gli Okkervil River. Mentre il successo della band di Will Sheff cresce a dismisura – soprattutto grazie a Black Sheep Boy del 2005 – Van Arman e Swanson decidono di investire tempo e soldi in una band di Vancouver, i Black Mountain, di cui pubblicano il disco d’esordio. Le scelte artistiche pagano, e Jagjaguwar inizia a raggiungere un pubblico sempre più ampio.

Arriviamo così al 2007, anno di sliding doors e rivoluzioni. Justin Vernon con il suo progetto Bon Iver firma un contratto con la label e For Emma, Forever Ago viene pubblicato appena l’anno dopo. Eccolo, finalmente, il disco perfetto. L’album va sold out dopo solo poche settimane, per poi diventare disco d’oro a tempo record. Stesso percorso nel 2011 per il follow-up, l’omonimo Bon Iver, che vince perfino due Grammy – come Best New Artist e Best Alternative Album. 

Con Justin ci siamo intesi fin da subito perchè parlavamo la stessa lingua. Noi eravamo orgogliosi di essere una casa discografica del Midwest, e lui era orgoglioso di essere un artista del Midwest.

(Chris Swanson)

Dopo di lui, per Jagjaguwar da Charlottesville, Virginia, è solo un crescendo: arrivano Sharon Van Etten e Volcano Choir, Foxygen e Unknown Mortal Orchestra, Preoccupations e Angel Olsen.

Mi piaceva l’idea che condividessimo tutto, vittorie e sconfitte. Chris (Swanson) e Darius (Van Arman) mi hanno sempre ascoltata, hanno sempre prestato attenzione alle mie idee senza mai dirmi di no preventivamente. Posso chiamare Darius a ogni ora del giorno per fargli una domanda o semplicemente per chiedergli come sta.

(Sharon Van Etten)

Nel 2012 la consacrazione: la label ottiene il riconoscimento come Casa Discografica dell’Anno da parte dell’American Association of Independent Music. E ora? Ci si adagia sugli allori? Tutto il contrario, si ricomincia da capo. In fondo, this is a ritual.