Ha ragione Tommaso Paradiso.

Per quanto possa sembrarvi strano, per quanto possa sembrare paraculo da parte nostra viste le costanti “accuse” di essere un boost del successo dei Thegiornalisti (ma magari) a causa dei nostri articoli, per quanto vada di moda attaccare ciò che funziona.

Una moda non di certo nuova e un argomento, la diffusione dell’odio su internet, che è stato trattato in ogni sua salsa da prima che nascessero Facebook o Twitter (basta controllare la pagina ufficiale di Enrico Mentana per aggiornamenti in merito). Questa volta, però, a colpirci son state le parole dirette del frontman di una delle band di maggior successo del panorama musicale italiano degli ultimi anni (per quanto a molti non vada a genio) il quale, dal suo profilo Instagram, ha scritto un lungo post che tratta appunto di quell’elefante che non solo è nella stanza ma ormai l’ha anche subaffittata ad altri elefanti.

Sono veramente veramente entusiasta per aver scritto la canzone di Natale per Radio Deejay. Cosa che prima di me hanno fatto gli Elio, Jova, Cremonini e via cantando. Sono molto orgoglioso di aver scritto molte canzoni quest'anno per diversi interpreti e artisti che stimo e che mi hanno cercato; canzoni che hanno ottenuto, per altro, grandi numeri e grande fortuna. Lavoro con un team spaziale e Marco e Marco sono per me i miei fratelli, punto. Vorrei semplicemente aggiungere che questo odio "social" che si crea ogni qual volta esce una nostra canzone… beh a a me fa volare, vuol dire che stiamo facendo un buon lavoro. Vi faccio presente che questo giochetto va avanti in modo progressivo da quando uscì "Promiscuità"(2014). Il ghigliottinamento virtuale proseguì con "Il tuo maglione mio" fino ad arrivare a "Riccione": apoteosi. Però curiosamente mentre nel mondo Facebook succedeva tutto questo, nel mondo degli umani, delle città, delle piante e degli animali, dei concerti e delle radio accadeva l'opposto. Per cui io vi invito sempre con molta cura ad esprimere il vostro dissenso, il vostro male interiore non appena pubblichiamo una nuova canzone, così avrò la certezza che sarà una canzone fortunata. Oh, vi vorrei far riflettere su un altro paio di cose: i famosi "contenuti dei testi". A parte che non sta a me spiegare ma andiamo innanzi. Radio Deejay mi ha chiesto di scrivere una canzone di Natale: avrei potuto riciclargli la mia tesi di laurea sul "Die Bestimmung des Menschen"? Avrebbe funzionato secondo voi? Ricordo che tra "Pamplona" e "Riccione" uscì "Non caderci mai più" (300.000mila visualizzazioni sul tubo), non inculata. Per concludere. Sono molto felice: di quello che faccio, di quello che scrivo, e di come vivo. Tutto questo potrebbe farlo qualcun altro certo (potresti farlo ad esempio tu super hater), ma è andata così. E la colpa è del mondo, della società, dei cinepanettoni, degli altri che non capiscono un cazzo, certo. La colpa non è mai di noi stessi. Buone feste ma sopratutto buon lavoro a tutti! #HCJ #tempoaltempo #semprelastessastoria #poilacantietipenti

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Partendo proprio da ciò che scrive Tommaso Paradiso nella parte centrale del post, da come vengono trattati non solo loro ma tantissimi artisti del nostro panorama musicale, pare ci si debba vergognare del proprio successo, delle dinamiche che possono portare un artista ad allargare il proprio bacino di fan:

Questo odio “social” che si crea ogni qual volta esce una nostra canzone… beh a a me fa volare, vuol dire che stiamo facendo un buon lavoro. Vi faccio presente che questo giochetto va avanti in modo progressivo da quando uscì “Promiscuità”(2014). Il ghigliottinamento virtuale proseguì con “Il tuo maglione mio” fino ad arrivare a “Riccione”: apoteosi.

Un odio, e anche qui nulla di nuovo sotto il sole, progressivo: più aumentano le views, le ospitate, le interviste, più “si diventa pop” e popolari e più si diventa nemici di un certo popolo. Anche il passaggio, poi, da quelle che possono (seppur con molti sforzi in diversi casi) passare come critiche a veri e propri insulti sistematici e sempre uguali è automatico e progressivo con un certo tipo di successo che viene sottolineato proprio all’inizio del post di Paradiso:

Sono molto orgoglioso di aver scritto molte canzoni quest’anno per diversi interpreti e artisti che stimo e che mi hanno cercato; canzoni che hanno ottenuto, per altro, grandi numeri e grande fortuna.

Questa corsa all’insulto mascherato da commento sagace ci vede, specialmente in questo caso, come spettatori in prima fila: un veloce sguardo ai commenti sotto ogni notizia da noi riportata che tratti i Thegiornalisti, tanto per fare un esempio, fa tranquillamente capire l’aria che tira intorno al gruppo non appena vengono citati. Il peccato originale, la loro maxima culpa nel caso contingente nasce dalla pubblicazione della nuova canzone di Natale di Radio Deejay che, quest anno, ha tra gli autori proprio Tommaso Paradiso, il quale scrive:

Sono veramente veramente entusiasta per aver scritto la canzone di Natale per Radio Deejay. Cosa che prima di me hanno fatto gli Elio, Jova, Cremonini e via cantando.

Pare però che a molti non sia andato giù il fatto che la canzone non abbia un testo che possa richiamare la scrittura impegnata dei grandi nomi del cantautorato del passato:

Radio Deejay mi ha chiesto di scrivere una canzone di Natale: avrei potuto riciclargli la mia tesi di laurea sul “Die Bestimmung des Menschen”? Avrebbe funzionato secondo voi? Ricordo che tra “Pamplona” e “Riccione” uscì “Non caderci mai più” (300.000mila visualizzazioni sul tubo), non inculata.

A questo punto verrebbe da chiedersi perché ai Thegiornalisti si debba contestare la leggerezza nei testi dato il contesto e data, anche, una svolta artistica non solo dichiarata ma palese dal primo secondo. Un po’ come certe associazioni col pallino del rompere i coglioni ogni volta che esce lo spot di turno coi meteoriti e che magari, viene da pensare, son proprio prese di mira dagli stessi “odiatori automatici” in questione, incapaci quindi di comportarsi dando il giusto contesto alle cose. Un po’ come nel famoso processo della sospensione di incredulità che applichiamo ogni volta che guardiamo un film di fantascienza e che ci porta, appunto, a non fare le pulci in maniera razionale a ciò che nel mondo reale sarebbe assurdo. Ne consegue che esista uno sforzo vero e proprio, quindi, dietro questo odio. Come da manuale, questa rabbia sparisce poi nel mondo reale, una volta che si arriva faccia a faccia con l’oggetto dei nostri insulti, come scrive Tommaso:

Però curiosamente mentre nel mondo Facebook succedeva tutto questo, nel mondo degli umani, delle città, delle piante e degli animali, dei concerti e delle radio accadeva l’opposto.

Nessuna notizia, quindi, “internet odia” da sempre e continuiamo a prenderne atto.

È un fatto vecchio più della morale della Girella, come anche il chiedersi quale sia il pro di questo odio contro ciò che ha successo e/o raggiunge una maggiore popolarità, senza ovviamente cadere in tristissime battute sulle dimensioni falliche o l’attività sessuale insoddisfacente.

Il fatto che accada da sempre però non può permetterci di lasciare le cose come stanno, anche senza lanciare campagne con hashtag particolari. Basterebbe davvero chiedersi perché, oltre al gusto personale, si voglia spendere il proprio tempo ad insultare l’innocuo lavoro di qualcuno senza proporre una critica costruttiva o basata su questioni oggettive.

Dal canto nostro, ci sentiamo quindi di dire che questo hating immotivato sfocia nella più palese banalità, come anche la critica non costruttiva verso la perdita, se volete, di qualità della proposta musicale composta solo da insulti e luoghi comuni.

Sempre per la valida regola aurea che prevede non sia necessario commentare ogni cosa pensando anche di avere i mezzi per farlo.