All’indomani di un evento musicale di grande portata, capita sovente che i social network vengano invasi da una pletora di lamentele da parte di alcuni membri del pubblico nei confronti di chi, a loro dire, è reo di aver inciso negativamente sulla loro esperienza. Ora che il braccio à la “Sieg Heil”, teso a reggere lo smartphone, è stato sdoganato ed è più o meno universalmente tollerato entro il limite della decenza, le più feroci invettive vengono scagliate contro i subumani che hanno l’audacia di proferir verbo durante un concerto.

Perché si parla durante un concerto?

“Forse non tutti sanno che…” la musica accompagna l’essere umano sin dalle sue origini e, nonostante nel corso del tempo sia cambiato il modo in cui si suona e, parallelamente, il modo in cui ne si fruisce, una cosa è rimasta invariata: da sempre la musica rappresenta una delle principali fonti d’intrattenimento. Come ogni forma d’intrattenimento, dunque, la musica ha anche un risvolto sociale: fornisce un pretesto per socializzare, per uscire di casa, per incontrare amici e per conoscere nuove persone. Non è un caso che, fino al 1900, la musica dal vivo venisse suonata mentre il pubblico era impegnato a bere, mangiare, ballare e, sì, avete intuito bene, parlare. L’idea che un concerto sia un evento a cui assistere composti e in silenzio è frutto del principio classista secondo cui tali eventi rappresentano contesti elitari da cui debbano essere esclusi i chiassosi membri del volgo, non meritevoli di godere dei pregi della nobile Seconda Arte.

Chi parla e perché.

Il pubblico di un concerto, soprattutto quando si tratta di un concerto importante, è eterogeneo: ci sono gli addetti ai lavori, chi occasionalmente trova piacevole assistere ad un concerto, chi conosce qualche canzone dell’artista e ci tiene a sentirlo dal vivo, chi lo segue da anni e chi lo conosce meglio del suo manager, o almeno così pensa. Queste categorie di individui, esattamente nell’ordine in cui sono state presentate, contribuiscono a generare quel chiacchiericcio che forma il sostrato sonoro che quasi mai manca ad un concerto. Gli addetti ai lavori, come potete immaginare, si trovano spesso nel locale per lavoro: si tratta dell’ennesimo evento a cui sono tenuti a partecipare e per loro è soprattutto un’occasione per fare public relations. Sono quelli che parlano di più e tendono a piazzarsi nella parte più lontana dal palco o vicino al bar, quindi non rompono i coglioni più di tanto a meno che non ci si trovi nei loro paraggi. Il problema vero sono i fan occasionali e quelli che conoscono solo poche canzoni: spesso sono i +1 dei fan e dei fanboy e sono quindi sparsi per tutto il locale. Impossibile prevedere dove saranno. Impossibile evitarli. Si lasceranno andare a continui commenti, a sessioni di karaoke su quei 2 ritornelli in croce che conoscono e a numerosi video di pessima fattura. Il loro problema è l’ignoranza, non con accezione negativa, e la scarsa apertura mentale. Si trovano a loro agio di fronte a ciò che conoscono e ci tengono a dimostrarlo, ma nel momento in cui parte la serie di canzoni che non hanno mai sentito, si trovano spiazzati, si annoiano e cercano fonti di svago alternative fino alla prossima canzone conosciuta. I fan tendono invece a collocarsi in una sezione intermedia, lontani dal brusio del retro e della zona bar, ma non vicinissimi al palco perché a differenza dei fanboy non sono arrivati 2 ore prima dell’apertura dei cancelli o non hanno spintonato sconosciuti per piazzarsi di fronte al palco. Queste ultime due categorie non parlano molto, poiché il motivo principale per cui si trovano nel locale è quello di godersi lo spettacolo.

Due pesi, due misure.

Qualunque appassionato di musica ha anche altri interessi, velleità, faccende in cui affaccendarsi. Ad esempio, di tanto in tanto, non disdegno andare al cinema o guardare una partita di calcio. Quelle poche volte che ritengo accettabile spendere 12 euro per guardare un film che potrei benissimo godermi nel comfort della mia modesta abitazione, sono tutto tranne che un cinefilo modello: mi porto i pop corn da casa, metto i piedi sulla poltrona di fronte a me, estraggo ripetutamente il telefono dalla tasca per cazzeggiare su Facebook, Whatsapp e numerose altre App e mi lascio andare a risate rumorose e commenti a voce medio-alta non sempre inerenti la trama del film. Capita che qualcuno cerchi di zittirmi; magari non riesce nel suo intento al primo tentativo, ma dopo un paio di “ssssshhhh” tendo a rendermi conto del mio comportamento non rispettoso nei confronti degli altri e, finalmente, taccio. Dubito qualcuno abbia mai scritto un post di 7 paragrafi su quel cazzone che ha osato dire che i film di Terrence Malick sembrano un’interminabile pubblicità di un qualsiasi profumo pretenzioso o che Ryan Gosling ha una postura un po’ rigida mentre balla in La La Land. Stento a credere qualche appassionato di cinema abbia mai detto “quei tizi che continuavano a parlare mi hanno rovinato il film”.

Allo stesso modo mi è capitato di guardare delle partite di calcio in compagnia di amici che potrei definire gran tifosi. Su 90 minuti di gioco, la mia attenzione dura in media 15 minuti e per il tempo restante bevo birra e chiacchiero. Oltre a dirmi che non capisco un cazzo di calcio, i miei amici non mi hanno mai accusato di avergli rovinato la partita, né tantomeno sono stato accusato di tale reato da altri tifosi che guardavano la partita nello stesso locale.

Perché gli appassionati di musica sono così differenti rispetto a qualsiasi altra persona nutra una passione diversa dalla loro? Che cosa li spinge ad essere delle tali mammole piagnone se non una sensazione di ingiustificata superiorità?

La colpa è solo colpa vostra.

Capita che un concerto non sia all’altezza delle aspettative e quando accade i motivi possono essere svariati. “L’artista non ha reso al meglio”, dirà l’addetto ai lavori. “Il fonico ha lavorato col culo e l’impianto faceva schifo”, dirà il fan che non osa mettere in dubbio la capacità dell’artista. “Il pubblico faceva cagare”, dirà lo smidollato. Ognuno di noi trova fastidioso che qualcuno parli mentre sta cercando di ascoltare un brano, ma solo lo smidollato che si crede meglio degli altri non ha il coraggio di spostarsi o di esprimere il suo dissenso. Lo smidollato passerà il proprio tempo a notare quello che cerca ingenuamente di shazamare la canzone che viene suonata dal vivo, quello che fa video infiniti o foto con flash nonostante sia distante 20 metri dal palco, la coppia che limona e gli amici che parlano del Napoli che ha segnato contro il Real Madrid. Non si sposterà, perché lui in quel posto ci è arrivato prima e quindi col cazzo che lo cede. Non chiederà al suo vicino di smettere di parlare o di togliergli il telefono da davanti alla faccia perché costui, povero ritardato, è tenuto a sapere che il suo comportamento è profondamente sbagliato e non deve essere certo lui a sottolinearlo. Starà in silenzio a pensare che la gente che lo circonda non è degna di assistere all’esibizione del suo idolo. Maturerà l’odio che il giorno seguente vomiterà nel newsfeed dei suoi amici. Nel frattempo, però, si dimenticherà di fare ciò che realmente voleva: godersi il concerto.

Mi è capitato di leggere una frase che, nella sua melensa banalità, fornisce una perfetta chiave di lettura del fenomeno:

Solo perché qualcuno non ti ama come tu vorresti, non significa che non ti ami con tutto se stesso.

Lo stesso pensiero può essere applicato al comportamento di chi assiste ad un concerto: solo perché una persona non rimane immobile ad ascoltare un artista nel silenzio più assoluto, non significa che non si stia divertendo con tutto se stesso. Per moltissime persone la musica, soprattutto quando viene suonata dal vivo, è una forma d’intrattenimento come un’altra e come tale viene fruita.

Permettete che vi dia un consiglio, accettate un suggerimento da parte di una persona che effettivamente non fiata per l’intera durata di un live e che non vuole nemmeno essere toccata: concentratevi sul palco e sulla vostra esperienza. Troverete sempre qualcuno che parla. Sempre. Chi parla non è il problema: il problema è chi non fa niente per farli smettere e, anziché spostarsi, si lascia distrarre in continuazione. Esprimete il vostro fastidio; vi assicuro che se lo chiedete nel modo giusto vi rispetteranno.

Non avete il coraggio di esporvi? A meno che non abbiate dei posti a sedere, spostatevi e ignorate quello che fanno gli altri: a beneficiarne sarete voi e tutte le persone che ne hanno le palle piene di leggere i vostri sfoghi sui social.