8 novembre 2013.

Gli Arcade Fire hanno appena annunciato una serie di concerti in locali più piccoli del solito, a supporto del nuovo album Reflektor. La strategia di guerrilla marketing attuata dalla band ha fatto montare un hype crescente a tutti, fan e non solo, anche grazie al primo singolo, quello che da il titolo all’album, che conquista con la svolta elettronica, un minutaggio inusuale per gli standard degli AF e per il prezioso featuring di David Bowie, una specie di garanzia sulla bontà del progetto Reflektor.

L’annuncio di questi primi, intimi concerti non viene accolto benissimo dai fan, rimasti interdetti da una specifica richiesta della band:

NIGHT OF SHOW: Please wear formal attire or costume.

L’ondata di indignazione che attraversa buona parte della fanbase degli Arcade Fire è notevole, soprattutto considerando quanto Win, Régine, Will e gli altri abbiano da sempre costruito un rapporto sano con il pubblico, nonostante prese di posizione – anche politiche – decise e numerose opere di beneficienza (cose che in Italia avrebbero smosso folle di indignati da tastiera). Che il primo, vero “scontro” tra la band ed i suoi fan sia avvenuto per la richiesta di un dress code (peraltro abbastanza vaga) fa decisamente sorridere, come se l’intento degli Arcade Fire non fosse ovvio, tra mascheroni, loghi misteriosi, una svolta musicale fatta apposta per ballare e questo video, uscito più di un mese prima della richiesta incriminata.

Non c’erano assolutamente i presupposti per una richiesta simile.

La polemichetta, perché alla fine di questo si tratta, è subito sedata dalla band con un comunicato conciliante, in modo da permettere al pubblico di decidere da sé se godersi il concerto vestito in modo casual, con uno smoking o un costume da pirata.

To everyone really upset about us asking people to dress up at our shows… please relax. It’s super not mandatory. It just makes for a more fun carnival when we are all in it together. So far these have been the best shows we have ever played.

Qualche giorno prima, il 29 ottobre, è stato invece pubblicato Reflektor, quarto album in studio degli Arcade Fire. Prodotto da James Murphy degli LCD Soundsystem e composto da 13 tracce divise in due dischi, per oltre 85 minuti di musica, si tratta del lavoro più ambizioso mai composto dalla band canadese, che in un colpo solo capisce di aver terminato un percorso in cui le chitarre l’avevano fatta da padrone e decide di veicolare il proprio messaggio ad un rock dalle venature elettroniche fortemente influenzato dal lavoro dello stesso Murphy.

Non manca la grandeur da arena che ha da sempre contraddistinto la band (Afterlife, Joan Of Arc, la stessa Reflektor), ma spiccano soluzioni nuove, che portano la musica degli Arcade Fire al livello successivo con impensabili groove di basso (We Exist, You Already Know), sfuriate punk (Normal Person) e atmosfere dub ed esotiche che rimandano volutamente alle origini haitiane di Régine (Flashbulb Eyes, Here Comes The Night Time).

Qualche teoria in sostegno dei NO.

Ciò che ha portato critica e pubblico a spaccarsi in occasione dell’uscita di Reflektor è la mancata capacità di assecondare un’evoluzione tanto improvvisa quanto necessaria.

Con The Suburbs, per quanto sia considerabile un capolavoro, gli Arcade Fire erano diventati una band rassicurante nella loro bolla fatta di canzoni dolci e inni rock da cantare tutti assieme. Reflektor rompe uno schema già stabilito che vedeva gli Arcade Fire diventare la rock band più importante al mondo continuando un percorso fatto di grandi canzoni, album perfetti e microcambiamenti di disco in disco. Il percorso che stanno facendo i National, ad esempio, che si mantengono sempre su livelli altissimi pur lasciando inalterato – o quasi – il proprio stile, a favore di un’evoluzione più lenta e senza rischi.

Da questo punto di vista gli Arcade Fire sono più simili ai Radiohead per gusto e voglia di rischiare, ma se Thom Yorke e soci hanno compiuto il balzo tra OK Computer e Kid A gettandosi nel futuro più ignoto, gli Arcade Fire scelgono di guardare al passato, alle origini e ai ritmi di Haiti, filtrati attraverso la visione DFA di James Murphy. L’importante era far ballare il pubblico, e per sapere quando la strada intrapresa era giusta bastava vedere se anche Régine ballava:

Regine is kind of the person who dances. At any given minute, if you can get Regine to dance, you’re kind of on the right track, so I think we just wanted to make a record that Regine could dance to.

Régine ballava già, per chi se lo fosse dimenticato.

L’impressione che si ha recuperando le critiche rivolte a Reflektor nei mesi successivi alla sua uscita è che il pubblico e parte della critica si sentissero “traditi” dalla svolta elettronica e terzomondista, come se gli unici Arcade Fire possibili fino a quel momento fossero gli unici Arcade Fire “buoni”. Nessuna critica alle strepitose performance live della band, di sicuro tra le migliori della loro carriera tra giochi di luce, visual, coriandoli e contatto diretto con il pubblico, ma una malcelata delusione per un disco troppo diverso, troppo lungo, troppo poco Arcade Fire, quella sì.

Il tour di Reflektor si chiude nel 2014, con i vari membri che si dedicano a progetti di varia natura, tornando sul palco nel 2016 con una manciata di date tra Stati Uniti ed Europa. Nel frattempo esce pure la deluxe edition del disco e un film documentario, The Reflektor Tapes, che completano la storia degli Arcade Fire tra il 2013 e il 2016.

I bene informati lo sanno già: sono le prove generali prima del grande ritorno, che diventa realtà quando il 30 novembre 2016 viene annunciata la line-up del Primavera Sound Festival di Barcellona. Tre anni dopo tra gli headliner ci sono di nuovo gli Arcade Fire. Il nuovo album è vicino.

E adesso?

Le scorie di Reflektor tornano a farsi sentire a gennaio, quando la band pubblica a sorpresa I Give You Power, brano politico contro la presidenza di Donald Trump, insieme a Mavis Staples, icona black del gospel e del soul. Nonostante lo scopo benefico della canzone (i proventi sono stati donati alla American Civil Liberties Union) e nonostante lo stile apparentemente semplice del brano lo inserisse di diritto nella grande tradizione dei canti di protesta, ancora una volta il pubblico è diviso: troppo semplice, troppo elettronico, “questo schifo non sono gli Arcade Fire”.

I give you power, over me
I give you power, but now I gotta be free
I give you power, but now I say
I give you power, I can take it away

Insomma, buona parte del pubblico della band è scontento.

Certe emozioni non andrebbero veicolate dalla musica elettronica, o almeno non se sono gli Arcade Fire ad utilizzarla. Un’altra critica fin troppo diffusa è che da Reflektor in poi i brani suonassero piatti, privi di quella verve che ha da sempre contraddistinto la band fin dai tempi di Funeral, nonostante brani come Reflektor, Afterlife o Supersymmetry siano davvero tutto fuorché accusabili di piattezza.

Arriviamo al 1 giugno, Primavera Sound Festival di Barcellona. È notizia di qualche giorno il definitivo abbandono degli Arcade Fire al mondo indipendente: archiviata l’esperienza con la Merge Records è ufficiale il passaggio alla Columbia. Gli Arcade Fire sono finalmente diventati mainstream, ora possono essere trattati come i Coldplay.

Quel 1 giugno sarà comunque un giorno che non dimenticheremo facilmente, e con il plurale mi riferisco ai quasi 1000 presenti a Barcellona per il secret show degli Arcade Fire su un palco improvvisato, mentre il resto del mondo si aggrappa ai vari Pitchfork, Stereogum, NME per la notizia attesa da tempo: Everything Now, il quinto album degli Arcade Fire.

Mentre le news rimbalzano da un sito all’altro, gli Arcade Fire suonano la title-track del nuovo album sotto il cielo in fiamme di Barcellona, consegnandoci la classica performance che rimarrà nella storia, non tanto per la qualità (comunque elevatissima) ma per la sua estemporaneità e per la capacità della band di rendere speciale anche una cosa in apparenza ordinaria come la loro presenza ad un festival.

Soffermiamoci un attimo su Everything Now, la canzone. Dei tre singoli di lancio pubblicati finora è senza dubbio quello su cui la band e l’etichetta hanno puntato di più, millantando anche la pubblicazione di un singolo apparentemente limitatissimo (disponibile solo sabato 3 giugno al Primavera Sound in pochissime copie, dicevano) e in realtà disponibile in stock illimitati praticamente ovunque.

Parliamoci chiaro, da me che scrivo a voi che leggete: Everything Now è finora il nuovo brano che mi piace di meno, ma nonostante tutto è la canzone pop perfetta degli Arcade Fire. Tutto in EN funziona alla grande, dal riff di piano alla sua melodia zuccherosa e catchy, talmente riuscita che due giorni dopo, al concerto “ufficiale” al Primavera, tutto il pubblico la cantava già a memoria. La forza di Everything Now è anche la sua debolezza: funziona come una canzone degli ABBA, la ami o la odi. Meglio hanno fatto Signs Of Life (che richiama sfacciatamente i Bee Gees) e soprattutto Creature Comfort, eccezionale già dal vivo ma dal testo crudo e cinico al punto giusto da entrare di diritto negli instant classic degli Arcade Fire.

Inutile a dirlo, questa virata sempre più pop ha riaperto le ferite di Reflektor tra i detrattori. Basta un veloce giro su Reddit, Facebook o sui commenti di YouTube per leggere “i peggiori brani che abbiano mai scritto”, “non ci credo che sono gli Arcade Fire” e così via.

Che Win Butler e soci vogliano continuare a far ballare l’avevamo capito, ma a cosa dobbiamo la svolta cotonata con giacche di pelle e loghi come se si trattasse di una band studiata a tavolino?

Everything Now Corp entered into what’s called a “360 degree arrangement” with Arcade Fire late last year. It was…

Posted by Arcade Fire on Thursday, 22 June 2017

La Everything Now Corp. è una corporazione che controlla le attività degli Arcade Fire a 360° da circa un anno. Ogni aspetto della loro vita artistica, compreso il processo di scrittura e composizione, è ora sotto il loro controllo. L’obiettivo è trasformare gli Arcade Fire da “nona band più importante del mondo” a “band più importante del mondo” attraverso un’aggressiva campagna di marketing.

L’obiettivo degli Arcade Fire nel 2017 è quindi aprire gli occhi del pubblico sulle attività delle multinazionali del mondo, su come influenzano le nostre vite e le nostre scelte, rendendoci consapevoli dei diversi processi motivazionali e di lavaggio del cervello a cui siamo sottoposti più o meno inconsciamente ogni giorno.

Qual è il modo migliore per lanciare questo messaggio? Ma ovvio, trasformarsi direttamente nel nemico. Da questo presupposto è partita la campagna della Everything Now Corp, che prima ha “preso possesso” dei social della band e poi ha iniziato una martellante campagna di teasing con spezzoni di video e misteriose scatole di cereali, fino ad arrivare all’“official official video” di Creature Comfort, con le sue centinaia di pop-up per spiegarci vita, morte e miracoli degli Arcade Fire.

Mai come oggi gli Arcade Fire sono IL messaggio, ne sono diventati parte integrante. Sia con la parte musicale, che ammicca vistosamente al più classico pop da classifica (sì, ma di altri tempi e con l’aiuto di mr. Thomas Bangalter dei Daft Punk in sede di produzione), sia con la scelta di un logo ben riconoscibile e di un outfit coordinato. Senza dimenticare i testi dei singoli, con ritornelli più didascalici e memorizzabili di un tempo, pronti per essere subito cantati nell’epoca del “qui e ora”.

L’ascolto dei nuovi singoli ha fatto venire voglia a molti negazionisti di dare una seconda possibilità a Reflektor, trovandolo un disco migliore rispetto al primo ascolto del 2013 e riconoscendogli il giusto valore. L’impressione è che nell’epoca dell’Everything Now, il tutto subito, in qualunque momento, non si riesca più a concedere alla musica il giusto tempo per entrare nelle nostre corde, come se fosse lei a doversi piegare alle nostre esigenze e non l’esatto opposto. Prendetevi il vostro tempo, ascoltate meno dischi ma con più cura, fatevi rapire ancora una volta dalle canzoni, ballateci sopra, imparate il testo e analizzatelo, parlatene con i vostri amici.

Everything Now, Creature Comfort e Signs Of Life non sono che l’assaggio della nuova pelle degli Arcade Fire. Una pelle che a molti sembrerà strana, inadatta alla loro storia, ma che a noi sembra la strada più logica per una band che ha deciso di prendere in mano la propria evoluzione. E no, è vero, non stiamo più parlando di una band rassicurante che si limita ad un ottimo compitino, ma di una forza creativa che appartiene solo ai grandissimi, con tanto di licenza di fallire.

Il disco esce il 28 luglio, come ogni vero prodotto di consumo è disponibile in una vasta gamma di versioni diverse a prezzi popolari. I singoli ci hanno convinto, noi vogliamo puntare sugli Arcade Fire anche questa volta.