Avicii se ne doveva andare via da mito.

Mito di cosa? Di una generazione che non ha miti. Paradossale, forse, ma comunque è così.

Il successo di Levels ha segnato il 2011 e il 2012: Avicii è stato catapultato giovane sulla cresta del mondo EDM e delle piste dei più importanti club internazionali. Quella musica è stata sparata ovunque, e ovunque ha fatto ballare milioni di persone.

Tra queste persone, va specificato che c’è un gruppo che vive in una zona grigia: quelli che su quelle piste avevano una età troppo breve per mantenere ricordi ormai posti sotto l’aura della nostalgia, ma che al contempo erano pure abbastanza grandi da provare una serie di emozioni che si sbloccano da un preciso momento della vita in poi.

Mi riferisco in sostanza a chi, in quei tempi, era davvero giovane, sedeva tra i banchi del liceo, pensava alle interrogazioni e agli allenamenti, ma soprattutto concentrava tutte le attenzioni a quello che sarebbe accaduto dopo lo squillo dell’ultima campanella della settimana.

Ecco, che piaccia o non piaccia, Avicii e la sua musica sono stati la colonna sonora di quegli anni speciali per tante persone. Una piccola generazione che magari poi Avicii non l’ha più neanche ascoltato, e già con Wake Me Up l’aveva liquidato con un “che merda” o il più universale “è troppo commerciale“, perché appunto, questo metro di giudizio è una spia che si sta crescendo e non si è più tanto spensierati (sic!).

Questa stessa generazione ha proprio questo difetto: ritrattare col passato affinché venga rimosso. E magari si fa pure bene ad essere in lotta col passato e reputarlo un nemico ostile, perché è dura rivedersi liceali ogni volta che qualcuno su Facebook ha la brillante idea di ributtare su con un mi piace una foto del 2010. Altro che i senatori americani, Zuckerberg dovrebbe rispondere davanti a chi viene ricacciato fuori in mondovisione con l’apparecchio ai denti, in una foto in cui sulla didascalia ci sono “k” e magari il “3” in luogo della lettera “e”.

Prendersela con Zuckerberg allora, non col passato. Perché contrattare col passato significa mettere le mani laddove invece le acque dovrebbero riposare in pace, le acque dei ricordi e delle emozioni provate.

Sempre la stessa generazione, non a caso, viene considerata senza miti. E forse a ragione. Perché questo costante rimuginare, ritrattare e rimuovere dei tasselli del passato non fa altro che cancellare radici, e dunque ogni volta mozzare le gambe a materiale che poteva diventare un mito.

E quando magari un membro di questa generazione in lotta costante col passato ha letto che Avicii è morto, a 28 anni, e magari poi, col moltiplicarsi della notizia, gli è giunto alle orecchie il motivo di Levels, che sette, sei anni fa ballava durante l’estate in cui ha conseguito la maturità, ecco, forse ha avvertito un brivido, ha avvertito che gli anni passano e che ormai ha assunto un atteggiamento di perenne sottrazione. Sottrazione di ciò che del passato, oggi, si ritiene sbagliato.

E, quindi, nessuno tra queste persone forse sa che Avicii poteva essere un loro mito, un segno di identità come lo è la musica di ogni decade del secolo scorso per chi l’ha vissuta nel fiore della giovinezza. Il successo di Avicii ha accompagnato atteggiamenti caratteristici di anni che non potranno mai più tornare, e che all’epoca erano giusti e sacrosanti.

Avicii invece se ne va così, senza aver assunto questo titolo: se ne va come potenziale mito di una generazione che non incorona miti, forse perché troppo rapida, forse perché troppo dubbiosa, forse perché troppo “liquida”.

C’è sempre Zuckerberg, però, e il suo cazzo di sistema che funge da radiografia del passato di un utente della sua piattaforma. Sì, Mark dovrebbe utilizzare una volta quella funzione per qualcosa di buono, seppur utopico: reperire, anche se non esistono, foto di tutti coloro che oggi sono sommelier della musica, della cultura e della vita, ma che una volta, allo schiuma party di quell’estate, hanno alzato le braccia al cielo sulle note di Levels dopo aver limonato duro in pista.

Postare questa foto e riportare in didascalia, monolitico, più sentenziante dei brufoli e il crestino ingelatinato: “RIKORDATI KI 6“.

Giusto per ricordare che il passato non si deve dimenticare, e non si deve dimenticare nemmeno chi, di questo passato, ha scritto parte della colonna sonora.

Che piaccia o no.