ypsigrock 2014 poster - 800

Per il terzo anno consecutivo – dalla nascita di Deer Waves, praticamente – siamo stati media partnership di una delle realtà musicali (se non la più bella) dell’Italia intera: l’Ypsigrock Festival. Abbiamo seguito tutte le novità, aggiornandovi sugli annunci in line-up, abbiamo intervistato uno dei due direttori artistici del festival, Gianfranco Raimondo, per capirne di più su tutto ciò che riguarda l’evento, abbiamo atteso con voi l’8 agosto, e alla fine siamo arrivati in Sicilia, curiosi ed eccitati per l’edizione numero 18 dell’Ypsigrock Festival.

Prescindendo un attimo dal festival, arrivare in Sicilia è una cosa sempre troppo bella. L’isola, torrida e sorridente, ci mette poco a conoscerti e a farti sentire coccolato nei modi più disparati: i paesaggi soleggiati con il mare sullo sfondo, i tanti edifici che trasudano passato e storia, le cittadine affollate e i borghi sul mare, i bar che distribuiscono senza sosta le arancine (nel caso tu sia a Palermo, o gli arancini, nel caso tu sia nel catanese), e i cannoli pieni di ricotta, così come le cassate e le brioches con la granita alle mandorle… e poi il ricordo di Falcone e Borsellino, il mare fresco e il sole che scotta, e tanto tanto ancora. Insomma, non è difficile intuire quanto ci troviamo in un posto magico. Questo, tutto questo, rappresenta un surplus incredibile per un festival che già di per sé, quanto ad offerta artistica, ha tanto tanto da dire, più degli altri festival italiani, da nord a sud: scegliere di andare all’Ypsigrock vuol dire godere innanzitutto dello spettacolo di grandi band, ed inoltre godersi tutto quanto elencato sopra. La combo è pazzesca, meglio di qualsiasi combo possibile a Mortal Kombat.

L’offerta artistica, certo. Se a quanto elencato sopra aggiungiamo in ordine sparso Belle & Sebastian, Moderat, Kurt Vile & The Violators, Wild Beasts, Forest Swords, SOHN, M+A, Money, Samaris, Fanfarlo, Anna Calvi ed altri ancora, è facile capire che il quadro è di prima qualità. Un Monet in una cornice d’oro del tardo ottocento.

Capirete le ragioni per le quali essere media partner dell’Ypsigrock Festival rappresenta per noi motivo di orgoglio, e capirete anche le ragioni per le quali non esitiamo a fiondarci in terra sicula in attesa del grande evento. Ci siamo stati, lo abbiamo vissuto, ne abbiamo goduto, ora concentriamoci sull’aspetto musicale.

Giorno 1 – Venerdì 8 agosto

ARCHIE BRONSON OUTFIT

Quando arriviamo al Castello la meravigliosa piazza è già piena, e sul palco ci sono gli Archie Bronson Outfit che stanno eseguendo il loro ultimo brano. Ci facciamo strada tra la folla per arrivare quanto più avanti possibile, per goderci al meglio il live dei Fanfarlo che da lì a poco sarebbero saliti in stage.

FANFARLO

Mezz’ora dopo la band londinese – capitanata dallo svedese Balthazar – arriva a regalare al pubblico i suoi brani tratti dal nuovo Let’s Go Extinct, alternati ad i vecchi successi di Reservoir e Rooms Filled With Light. Proprio durante i classiconi come The Pilot e The Walls Are Coming Down si sono toccati i due picchi più alti di un live che non ci ha lasciati a bocca aperta, ma non era ciò che pretendevamo da loro. Capacissimi musicisti che sanno spaziare dal folk all’indie pop più subdolo, occupano lo stage con classe e consapevolezza dell’ormai grande successo che si portano sulle spalle.
Una band che no (a differenza dei commenti raccolti tra la folla), non arriva ai livelli di National ed Arcade Fire, ma che con una giusta dose di energia sa comunque portare il pubblico a ballare cantare e godere della performance. Live che non rimarrà nella storia dunque, ma comunque da vedere almeno una volta nella vita.

ANNA CALVI

Tocca all’headliner della serata che si presenta sul palco di rosso vestita: Anna Calvi.
La cantautrice inglese mostra subito di essere all’altezza del grande pubblico per l’intera durata dello show. La sua voce arriva fin sopra le ultime file delle alte mura del castello, dove la gente – piedi penzoloni nel vuoto – si lascia trasportare dalle note dei suoi brani tra una Suzanne And I, Eliza ed una riuscitissima cover di Surrender di Elvis Prisley. Quando la Calvi decide, infine, di tornare in stage per un unico bis, regalando al pubblico un’altra cover – Jezabel di Edith Piaf – ci accorgiamo che la giornata sta giungendo al termine.

La piazza comincia lentamente a svuotarsi e sul volto della gente leggiamo pareri discordanti sui live appena terminati, oltre a stanchezza e felicità ed una chiara e palpabile eccitazione per quello che sarebbe successo l’indomani.

 

Giorno 2 – Sabato 9 agosto

 

SAMARIS

Tardo pomeriggio, sole che ancora scotta, e Chiostro San Francesco quasi gremito per il live dei Samaris. La band islandese, una delle rivelazioni del panorama nord europeo, sale sul palco con ambizione, mettendo in pratica quanto di buono dimostrato fino ad ora: suoni freddi, ritmo calmo, e il cantato islandese a legare il tutto. Pensi a Björk, a Jónsi e i suoi Sigur Rós, pensi ai geiser e al gelo del nord Europa, e nonostante la musica dei Samaris riesca a scalfire anche i cuori più ghiacciati, il sole non scotta più così tanto.

M+A

Passare dai Samaris agli M+A è come passare da una Philip Morris Blu ad una Marlboro Rossa. Con l’animo in pace, ci rechiamo verso il Castello, e aspettiamo che la band di Forlì – recentemente ospite al Glastonbury Festival – salga sul palco. Il duo, composto da Alessandro Degli Angioli e Michele Ducci – in tre per l’occasione, accompagnati dalla batteria di Marco Frattini – si presenta sicuro di sé, tra piante verdi grasse a fare da scenografia, e tanta voglia di stupire. E ci riescono: da When a Down The West Side, e altri successi del loro These Days dello scorso anno, il live è carico, fresco, emozionante, ti trasporta e ti sbalza via come poche altre cose. Il suono è completo, omogeneo, ricco e ti colpisce da qualsiasi direzione, mi lasciano a bocca aperta perché gli M+A spaccano davvero, e vi consiglio di andarli a vedere al più presto possibile.

FOREST SWORDS

Mettere il live di Forest Swords tra la freschezza degli M+A, i ritmi incalzanti di SOHN e la carica dei Moderat è stata una scelta un po’ strana a nostro modo di vedere la cosa. Certo, il produttore inglese è tra i migliori in circolazione nel suo genere, dona ricercatezza nei suoni e una tecnica al di sopra della media, ma perde un po’ di impatto a causa della location che non si sposa perfettamente con la sua musica. Nonostante questo, Forest Swords annebbia le menti e illumina la via grazie ad un’elettronica sofisticata.

SOHN

Tra gli artisti che più hanno impressionato quest’anno, SOHN è anche uno di quelli che più ha impressionato all’Ypsigrock 2014. L’artista londinese – nelle sue solite vesti nere – parte in sordina, tenendo il ritmo di Forest Swords, e ci mette poco a rapire il pubblico mettendo in atto quanto di bello aveva raccontato nel suo Tremors. Qualche problema tecnico prova a fermarlo ma non ci riesce, e SOHN riesce a tenere un live ben studiato, in crescendo continuo, partendo dalla magia di Bloodflows, passando ai brividi che riesce a dare The Wheel, fino ad arrivare a ritmi più alti con Artifice, riuscendo a movimentare bene il pubblico. Un live di un livello molto alto, uno dei migliori dell’intera rassegna.

MODERAT

“Ciao a tutti, siamo i Moderat, da Berlino!”, presenta così Sascha Ring aka Apparat i “suoi” Moderat, super trio tedesco formato appunto da Apparat e i Modeselektor. La piazza del castello di Castelbuono è gremita di gente, il sold out era stato annunciato già ore prima, e il pubblico è quello delle occasioni migliori. Tutti aspettano una nota, la prima nota che dia il via alle danze, quella nota, e niente sarà come prima. I Moderat tornano in Italia dopo aver già suonato lo scorso febbraio a Milano: questa volta le tappe sono Puglia (Parco Gondar, Gallipoli) e Sicilia (qui all’Ypsigrock, chiaramente). L’aria che si respira è diversa: il trio sembra aver sfondato le porte del club ed essersi aperto ai più, avendo guadagnato negli anni crediti ovunque grazie alle loro composizioni, che riescono a fare breccia anche nelle orecchie dei meno amanti dell’elettronica. Il live è pazzesco: Rusty Nails, A New Error, Bad Kingdom, e via dicendo, una carica travolgente di musica che mette i brividi e fa saltare la platea in visibilio. Il salto di qualità era ormai compiuto da tempo per il trio tedesco, e loro non fanno altro che confermarlo: la punta di diamante dell’Ypsigrock Festival ha soddisfatto le aspettative, concludendo una giornata di musica pazzesca.

 

Giorno 3 – Domenica 10 agosto

SUN KILL MOON

La nostra ultima giornata Ypsina comincia al Chiostro San Francesco per il live di Sun Kil Moon.
Ad attenderci fuori c’è già una lunghissima fila e la security che raccomanda di non fare foto – nemmeno col cellulare – e di stare in massimo silenzio.
Entriamo ed in effetti ci troviamo subito in una situazione abbastanza suggestiva. L’unico suono è la voce di Mark Kozelek che ci entra da subito nell’anima. Il cantautore californiano si esibisce in quello che è stato il concerto più intimo e più profondo di tutto il festival. L’intero piazzale del Chiostro è completamente rapito dalle liriche e dalle note della band di Kozelek, dalla tristezza che il tutto riesce a trasmettere. Ci intristiamo anche noi al pensiero che da lì a qualche ora sarebbe tutto finito e quasi ci commuoviamo ascoltando By The Time I Awoke e Ceiling Gazing. Set breve quello di Kozelek, che a tratti riesce anche a far sorridere il pubblico con qualche parola spesa tra un pezzo e l’altro.
Con il cuore ancora aperto e gli occhioni lucidi ci dirigiamo al Castello dove ad aspettarci ci sono già i Money.

MONEY / KURT VILE & THE VIOLATORS

La band mancuniana capitanata da Jamie Lee, nonostante la poca esperienza ed un unico album alle spalle, riesce con il breve set a catturare l’attenzione del pubblico. Pubblico che all’arrivo di Kurt Vile & The Violators si mostra invece molto distratto. Approfittiamo anche noi per la pausa panino, mentre le – troppe – chitarre e la voce di Vile arrivano basse e con poca incisività sulle gradinate del castello.

WILD BEASTS

Ci ributtiamo nell’ammasso di gente per raggiungere le prime file, aspettando Hayden Thorpe ed i suoi Wild Beasts.
Ci rendiamo conto subito che c’è qualcosa di sbagliato: le due voci, sia quelle del tenore che quella di Tom Fleming ci giungono poco chiare, a tratti quasi indistinguibili. Volumi troppo alti ed a volte fastidiosi, nonostante ciò la performance del quartetto inglese riesce comunque a far vibrare le anime di tutti i presenti. A prendere di più la folla sono la sfilza di nuovi brani tratti da Present Tense, a partire da Mecca, Sweet Spot, A Simple Beautiful Truth fino al singolone Wanderlust. Spettacolo anche con il brano di chiusura, la meravigliosa All The King’s Men dal debutto Two Dancers. A questo punto l’aria sotto palco si fa sempre più irrespirabile e la calca sempre più fitta per l’arrivo della band – insieme con i Moderat – più attesa di tutto il festival.

BELLE & SEBASTIAN

Siamo sulle mura alla sinistra del palco quando i Belle & Sebastian arrivano numerosissimi sul palco. Stuart Murdoch apre il live con un breve discorso in italiano e subito fa capire che quello della sua band sarà uno show divertente e pieno di sorprese.
Si parte con i pezzi più vecchi: Judy Is A Dick Slap, I’m A Cuckoo e Like Dylan In The Movies che ci fanno tornare sedicenni. Unico momento tranquillo ed intimo del live si ha quando Murdoch, seduto a bordo palco con il suo cappello di paglia, ci regala una stupenda versione acustica di Piazza New York Catcher. Da lì in poi è delirio.
Il cantautore scozzese si butta giù, si arrampica sulle mura, si ferma a cantare in mezzo al pubblico per poi tornare sullo stage ed invitare una quindicina di ragazzi a ballare con lui e la band. La security non riesce quasi più a tenere la gente che, ormai fuori controllo, continua a scavalcare le transenne per raggiungere l’affollatissimo palco.
Nel frattempo il live va avanti, e parte The Boy With The Arab Strap, e cominciano anche a scendere i lacrimoni. Per l’encore i B&S decidono di salutarci in bellezza con la combo The State I Am In e Get Me Away From Here I’m Dying. A quel punto siamo tutti distrutti e felicissimi, consapevoli di aver appena assistito ad uno dei migliori live della nostra vita. Una band che con i propri anni di esperienza ed un repertorio musicale del genere, è riuscita ad unire tutti ed a far tornare adolescenti anche i fan più datati, che – come noi d’altronde – alla fine avevano gli occhi lucidi.

In conclusione, questa appena trascorsa è stata una delle migliori edizioni del festival made in Sicily, grazie non solo alla line-up, ma anche – come già detto nell’introduzione – all’impeccabile organizzazione ed a tutto ciò che Castelbuono rappresenta in quei giorni. L’appuntamento è per l’anno prossimo quindi, perché ormai quella dell’Ypsigrock è una tradizione che sentiamo di dover portare avanti.

GRAZIE YPSIGROCK, ANCORA UNA VOLTA I MIGLIORI.

Con la collaborazione di Maya Fiorillo.