TGE-FULL3

Al Great Escape Festival ci si va perché ci si deve andare.

Ve ne abbiamo parlato tanto, e per il secondo anno consecutivo noi di Deer Waves abbiamo avuto la fortuna di parteciparvi come delegati, credendo fermamente nell’idea artistica alla base del festival.
In una parola, è stato FANTASTICO, così come lo scorso anno.
L’abbondanza di band in contemporanea ti costringe a perderne qualcuna, vedi Kodaline, Mac Demarco, Klaxons, Unknown Mortal Orchestra ed altre, ma ti permette di godere di tanti di quei concerti che aspetti da tanto, e tanto.
Ecco tutte le impressioni sulle band che ho avuto la fortuna, o meno, di vedere.

DAY 1

Echo & The Empress

Primo show del festival. La band di Adelaide (Australia) formata dalle due sorelle, la mora e la bionda, e che si presenta in 4 ai live, ci introduce con i suoi suoni angelici all’atmosfera del festival, senza far troppo rumore e riuscendo ad allietare la folla già corposa presente al The Haunt. Roba non pretenziosa e di facile ascolto. WELCOME.

Made In Japan

Si continua con il cast australiano al The Haunt. I Made In Japan irrompono sul palco con una formazione insolita: batterista come voce principale, bassista rubato ai Local Natives, un chitarrista famoso promoter italiano e l’altro chitarrista è Giraffage che lascia i pad e il Mac e si ricorda di quando era un valido indie. Energia.

Kinnie The Explorer

Entro al Brighthelm Centre, questi 4 norvegesi o finlandesi o svedesi o qualcosesi partono davanti a 16 persone con un pezzo inutile che all’inizio sembrava un’intro, dopo tre minuti sembrava un’intro un po’ lunghetta, e dopo 8 minuti e mezzo aveva rotto i coglioni, quindi vado via.

Khushi

Khushi alle 2.15 pm di giovedì pomeriggio al The Hope, fino alle 2.45 pm. Questa mezz’ora valeva già l’intero festival che era in divenire. Un live sensazionale, uno dei più belli dell’intero TGE, la sua voce è incredibile e il tutto trasmette sensazioni uniche. Il ragazzo farà strada e il lavoro svolto da lui fino ad ora fa capire che ne farà con delle scarpe comode. MOZZAFIATO.

Holy Esque

The Dome Studio Theatre pieno o quasi, gli Holy Esque li incontriamo sulle scale per andare a pisciare e io pensavo fossero lì solo per pisciare non per suonare. Poi dopo cominciano anche a suonare e la folla è molto presa, non capisco se sono l’unico che è preso dal guardare gli altri così tanto presi o se li altri fanno finta di essere davvero presi perché quelli affianco sono presi sul serio. Incompresi.

SKIP&DIE

Che donna amici. Energia su quel palco che ho visto poche altre volte. C’erano anche tipi folk nel pubblico e anche degli indie ma la loro indole è crollata per colpa di questi sudafricani un po’ olandesi (intervista di Deer Waves agli Skip&Die qui). Suoni esotici e ritmo inesorabile, sfido chiunque a ricordare la faccia dei 4 omini sul palco, sfido invece quei chiunque a non ricordare Catarina Aimèe Dahms. Ananas.

Only Real

Uno psych pop nebbioso, e il ragazzo ci rappa sopra. Alle prime rime ho sputato la birra, perché mi aspettavo suoni strozzati e riverberi su voci rauche incomprensibili. Poi mi è venuto in mente che tutti vorrebbero essere un po’ Kanye West e se nasci bianco con gli skinny in un quartiere di Londra comunque tanto vale provarci. Cinnamon Toast live è uno dei punti più alti dell’intero festival.

London Grammar

St. Bartholomew’s Church, fila incredibile per la plebe ma non per chi ha il Delegate Pass. Roba che odio, scherzi a parte. La plebe paga e rischia di non entrare ai concerti, e alla fine non ci entra, i delegati non pagano ed entrano sempre e comunque. Comunque la colpa non è la mia quindi entro e la situazione che trovo in chiesa mi toglie subito il fiato. La voce di Hannah Reid sembra uscire da qualsiasi cosa ci sia in quella chiesa, dalle navate, dalle luci viola sullo sfondo, dai candelabri, dal cuore di ognuno. Una potenza incredibile, ma ovattata, amore totale verso questa band che ha già il mondo tra le mani.

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Beach Fossils

È una corsa per raggiungere il Green Door Store, stanno per esibirsi i Beach Fossils e io li aspetto da tempo (già uno dei miei album preferiti del 2k13). I 4 newyorchesi arrivano sul palco, parte l’intro di Clash The Truth, allungata di un minuto, Dustin comincia a cantare e alla prima sillaba è già giù a vagare tra il pubblico. Un live coinvolgente come nessuno, birre che volano e traslazione temporale automatica. Eccezionali, vale la pena vederli una e più volte.

Blue Hawaii

Il Brighthelm Center è pieno. Appena arrivano i due canadesi io vengo attraversato da tanti pensieri: “Da quanto diavolo vi aspetto porca Pizza Hut”, “Fate tremare un po’ i cuori qui dentro brutti sciroppi d’acero”. Raph Standell-Preston (già frontwoman dei Braids) esordisce con un “allora, cominceremo un po’ piano e poi andremo più veloce”, al che ti aspetti che comunque dopo un paio di minuti di ipnosi totale ci sia un po’ di show di pad e macchine ed effetti e poi si torni alla magia per poi ripartire con cambi di ritmo e compagnia. Lo show è degno, invece, del miglior Cocoricò. E penso che con questo ho detto tutto, Untogether non pervenuto. TRUZZI.

No Ceremony///

Anche loro volevo vederli da tanto. Presenza scenica di un certo livello, fedeli al loro stile, sono un po’ scioccato, ancora, dal live dei Blue Hawaii ma comincio a prendere confidenza con i 3 di Manchester. Il Coalition è un locale figo soprattutto perché parecchio capiente, ma il fonico doveva avere un problema con i bassi. Un tunz tunz che ha rovinato un po’ il live e che ha offuscato anche la voce della bella bionda, ma tutto sommato mi riprendo dalla pena per quegli stronzi dei Blue Hawaii.

DAY 2

AA Wallace

Sveglia, colazione e via. Il Blind Tiger non è lontano da casa ma manco così vicino. Entrando noto un bimbo che avrà avuto pochi ma davvero pochi mesi attaccato al busto del padre tramite una di quelle strutture che legano i bimbi al padre/madre tipo quelle per cominciare un’arrampicata a mani libere su di una parete rocciosa, con le orecchie protette da due cuffie che così grandi ne ho viste raramente, soprattutto di quel color verde pisello. Poi arrivano questi canadesi che già a vederli sono fighi parecchio, sembrano usciti da qualche film un po’ futuristico e un po’ grottesco, e la loro nu disco un po’ francese ti sveglia per bene e ti fa già ballare. Balla anche il bimbo.

Popstrangers

“ALT! Chi siete? Cosa portate? Sì, ma quanti siete? Un fiorino!”.
Ho resistito una canzone e ho pensato fosse ora di mangiare ciambelle fritte piene di zucchero.

SPLASHH

Un garage, tanta gente, intonaco che cade. Ho amato gli SPLASHH dal loro debutto e dopo il live continuo ad amarli e sempre di più. Uno dei live più belli, carichi di tutto il festival. Che roba amici. Chitarre psych che ti immettono in un vortice vizioso di piacere. Seguiamoli passo per passo questi londinesi.

San Zhi

I San Zhi sono un oggetto misterioso per me. Pochi ascolti sul tubo, grande curiosità e tanto ottimismo. Il live era in una simil-chiesetta in centro e tutti erano seduti, composti, non si parlava, si sussurrava. Mentre montavano tutto sul palco, nella mia mente mi ero già costruito il concerto, la poesia, le vibrazioni e tanto sentimento. Dopo 13 minuti di live avevo un po’ di vergogna ad alzarmi mentre tutti erano così silenziosi e concentrati (magari per finta), ma alla fine un atto di coraggio mi ha permesso di farcela. Only the brave, ce l’ho fatta a fuggire prima del tedio assoluto.

The Wytches

Che bomba ragazzi! Io questi voglio rivederli e rivederli ancora e poi ancora più volte. Psichedelia, punk, scream, ad un certo punto aspetto solo che Marilyn Manson esca dalle quinte e cominci a far casino con i 3 di Brighton. Gli Horrors sono stati presi ad esempio qui ma son stati anche superati; i ragazzi, davanti ad un The Haunt pieno pieno, mettono in piedi uno show unico, il frontman sembra cavalcare palchi da anni e anni, quando invece avrà sì e no 18 anni. DUDES!

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Temples

Ehhhh i Temples. Capelloni che quando li ho visti nel pomeriggio girare per Brighton ho pensato di essere negli anni ’60 o al massimo inizio ’70, e ho avuto solo tanta voglia di vederli con delle chitarre in mano. “E ora fate vedere a tutti di cosa siete capaci”. Sul palco sembrano dei navigati ormai, la folla li acclama, e la psichedelia post-Wytches qui cresce. Beatles, who r u? Paragoni fenomenali a parte, il suono ’60s viene riportato ai giorni d’oggi, rinnovato e rinfrescato. ITALY PLEASEEEE!

Swim Deep

Destino nefasto. Sei gli Swim Deep, hai la possibilità di suonare di venerdì sera al Brighton Dome (location più capiente del TGE), davanti ad almeno 600 persone, e a turno qualche strumento non ti va. L’energia, la voglia, il coraggio, questi ci sono tutti, anche la presenza. Si parte senza seconda chitarra, si continua senza tastiera e si finisce senza basso. Le capacità ci sono tutte, comunque. È che diventare un sestetto perché il tecnico deve stare sul palco per ovviare ad ogni inconveniente ti fa venire voglia di andare a prendere un birrino al bar.

DENA

DENA viene dalla Bulgaria ed aveva la maglietta di Batman, ha cominciato a cantare una canzone riguardo la guestlist all’entrata dei locali allora ho pensato fosse giusto tornare all’entrata per vedere se anche lì avessero la guestlist. Poi ne ho approfittato per filare via.

Troumaca

HEY HEY HEY HEY HEY. Mentre i Troumaca stavano suonando, vedo nel backstage un tipo che doveva essere il proprietario del locale o qualcosa del genere. Aveva la faccia fiera, compiaciuta, orgogliosa. Questo dice tutto, i Troumaca sono degli angeli e la loro musica ti porta in paradiso.
This is cosmic looooove coming from above.

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DAY 3

Superfood

Il nuovo fenomeno UK. Nati sotto la stella dei PEACE, saranno famosi. Brit-pop un po’ Blur un po’ grunge. NME crea e coltiva, loro ripagheranno tutto.

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Blue Hawaii

Pensavo che giovedì sera fosse sera e non volessero far addormentare nessuno, quindi torno a vederli a sentirli e a sperare nel sabato post-pranzo. Stessa solfa, stessa merda.

Kins

Rivelazione. Già li ascoltavo parecchio volentieri, già ne ero rimasto incantato, dopo il live ancora di più. Fantastici sul serio, ascoltateli, godeteveli, trovatevi in una qualche città in cui terranno un live e non perdeteli per nulla al mondo. Ancora una volta, RIVELAZIONE.

La nuova Grimes, dicono. I bassi ricordano quelli dei No Ceremony /// e un po’ infastidiscono. Carino tutto, ma sto aspettando nient’altro che i

CHVRCHES

I gotta feeling, that tonight’s gonna be a good night. Il live dei CHVRCHES è quello che vale l’intero festival. Avrei potuto perdermi tutti gli altri live ma non questo, e le aspettative sono state rispettate e soprattutto superate. Lauren Mayberry ha il braccio sinistro ingessato ma tiene la grazia di sempre, tra canzoni che già si conoscono, contenute nell’EP, Recover, uscito da poco, e qualche pezzo che sarà contenuto nel debut album in uscita a settembre. Band del weekend, live del 2013. ITALY PLEASE, soprattutto per loro!

Darkstar

Atmosfera. Vibrazioni uniche nel Brighton Dome per i tre londinesi. Ipnosi che chiude il festival, grande sorpresa per me, li ho sempre seguiti ma mai cagati più di tanto. EBBRAVI.

TO DEER: The Wytches, Khushi, Beach Fossils, London Grammar, Kins, CHVRCHES, SPLASHH, Temples, Only Real, Troumaca
NOT TO DEER: Popstrangers, San Zhi, Kinnie the Explorer, DENA

Rinfrescate i vostri iPod. All’anno prossimo, Great Escape 2k14.

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