Era stato annunciato così, improvvisamente in un giorno qualsiasi, proprio come il suo album SAVE YOURSELF, uscito in sordina, senza preavviso, nel corso del 2016.

Era piombato quell’annuncio, quel nome lì: SBTRKT a Roma, sabato 21 ottobre, all’Ex Dogana, nell’evento Spring Attitude Waves, collegato allo Spring Attitude Festival, organizzazione ormai ben nota e collaudata della scena italiana.

In un periodo del tutto inaspettato, l’artista britannico ha deciso dunque di approdare in Italia.

E lo ha fatto con uno show straordinario, di suono e di luci, di scenografia, di presenza enigmatica, fluida, quasi trascendentale: proprio come il suo mascherone, il dj set proposto ha scatenato nella sala dell’Ex Dogana un’atmosfera di catarsi primitiva, tribale, caratterizzata da una selezione di dischi eterogenea e imprevedibile, totalmente straniante.

Il suo momento è iniziato puntuale, come da programma, alle due; il popolo dell’Ex Dogana ha captato con le orecchie che qualcosa in consolle era cambiato: chi era fuori è accorso subito dentro, chi già era dentro si è protratto fino in prossimità del piano rialzato sul quale c’era Aaron Jerome Foulds. Questo è il suo vero nome, ma ora c’entra poco, perché su quella pedana non c’era lui: la sagoma che si intravedeva tra la nebulosa di fumo riempita da luce blu era il suo personaggio, era SBTRKT.

Era nascosto nel fumo, mentre dalle casse risuonava un intro, che fungeva da canale traghettatore verso il lido della sua visione, del suo personalissimo universo musicale.

La locandina dell’evento

L’artista del Cambridgeshire è un cane sciolto, nel senso che della contaminazione ha fatto la sua cifra caratteristica: senza freni, senza limiti, le sue produzioni sono liberi viaggi attraverso generi, attraverso paesi, attraverso voci provenienti da ogni ambito. Fin dal suo esordio discografico (l’omonimo album SBTRKT, 2011) ci ha fatto capire che la sua proposta è un cosmo sterminato di esperimenti e di accostamenti unici.

Questa speciale vocazione è l’ossatura che ha costituito anche il suo dj set a Roma, che per il pubblico, inizialmente, sembrava dover essere vissuto come un concerto, in cui ascoltare, immortalare e gustare le produzioni del musicista; non a caso, come detto, al suo arrivo, sotto cassa, si è creato l’agglomerato di folla tipica del concerto propriamente detto, in cui i fan accalcati erano in attesa dell’esibizione consueta, della messa in scena degli album e dei successi dell’artista.

Ma SBTRKT non aveva intenzione di fare questo, non era proprio nei piani. Già da pochi minuti dopo l’inizio, ci si era resi conto che si sarebbe trattato di una performance fuori dagli schemi, un dj set libero, un rito con il quale lo sciamano mascherato si sarebbe impossessato delle percezioni e le inibizioni dei presenti, scatenando uno scioglimento totale.

E così è stato. Le vibrazioni che dalle casse penetravano e scuotevano il cemento armato dell’Ex Dogana, si sono protratte fin nella calca del pubblico: hanno scardinato le distanze tra le persone che – come detto – si erano predisposte in un assetto da concerto, e i fan del producer si sono allargati, hanno rimesso in tasca per un po’ le storie di instagram, hanno occupato porzioni di spazio sempre più libere per poter disperdere, come il ciclo dell’acqua con la pioggia, l’intensa carica che elettrizzava i muri e le ginocchia.

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SBTRKT ha scatenato un vero e proprio terremoto. Lentamente, la musica che emanava saliva di livello; si percepivano tutte le sfumature e le finezze del mix proposto. Un mix mozzafiato che ha spaziato veramente in un vastissimo campo: i generi guizzavano all’impazzata, non c’era un prevalere di un suono, tutto era contaminato, cosicché quando sembrava di ascoltare una base techno, ecco che immediatamente subentravano influssi garage, dubstep, e poi senza rendersene conto, ecco che l’hip hop prevaleva, per poi diluire in una soluzione con rythm and blues, nu jazz, r&b, funky. Tutto poi inghiottito dagli onnipresenti bassi infiniti.

Ma non solo generi: il viaggio catartico guidato dall’artista inglese all’interno dell’Ex Dogana, ha coinvolto anche il vago ricordo di alcuni suoi noti colleghi e l’utilizzo diretto di alcuni pezzi inaspettati.

Per esempio, in alcuni spezzoni dello show – detta in soldoni –  sembrava che da un momento all’altro potesse partire Born Slippy. Gli Underworld sono stati una importante componente per la formazione artistica di Aaron Jerome, lo ha dimostrato il fatto che per esempio, tra i numerosi remix confezionati dal producer, ci sia proprio Bird 1 dello storico duo britannico. Ma il magistero esercitato si manifesta anche, evidentemente, nell’orecchio di SBTRKT, dato che il quale, nella sua selezione live, è riuscito (non si sa quanto consapevolmente) a ricordare il preciso sound degli Underworld.

Poi, ovviamente, ci sono stati i momenti in cui la voce di Sampha (suo stretto collaboratore) è stata protagonista, e questi sono stati i momenti tra i strettamente più magici. L’esplosione energetica è arrivata invece a metà dell’esibizione, quando dopo un’ora di manifestata perizia tecnica, veramente da calibro internazionale, sono partite le hit: una dopo l’altra, dall’impianto sono tremate fuori la voce di Yukumi Nagano dei Little Dragons prestata per il singolo più famoso del dj, ovvero Wildfire, mentre dopo di questa, è stato il turno di Kendrick LamarHumble.

Questa doppietta centrale è stata lo spartiacque dell’esibizione, che si è protratta per un’altra ora offrendo al pubblico, se possibile, dei dischi ancor più ricercati e dei suoni ancor più intricati. In questa fase per esempio, ha trovato spazio Hunter di Björk, hanno trovato spazio ModeratSiriusmo e Modeselektor, tanto per citare qualche nome. Inoltre la sonorità di fondo si è fatta ancora più bassa, le percussioni sempre più martellanti: insomma, il rituale che è stato lo show di SBTRKT stava dirigendosi verso la catarsi finale.

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Si è assistito ad un dj set davvero di qualità assoluta. Il londinese ha portato a Roma il suono della contemporaneità, un suono che caratterizza i vari Boiler Room sparsi nel mondo, che soddisfa le orecchie più raffinate e al tempo stesso smuove i corpi di chi ha la fortuna di esserne spettatore diretto; all’Ex Dogana, in questo evento, si è diffuso il suono che definisce l’anima più cristallina del clubbing odierno.

SBTRKT è stato davvero mistico. Ha dimostrato che la sua maschera, la sua volontà di essere un’entità astratta trovano diretta corrispondenza con la produzione artistica che offre al pubblico. Perché si è stati consapevoli che non ha semplicemente lanciato dischi, ma più nel profondo ha svegliato, sollecitato ed espresso stati d’animo ed emozioni; e non si sta parlando di banalità, ma del risultato preciso di un processo che dal mixer passava per le casse, dalle casse al cemento della struttura, e dal cemento della struttura direttamente, sotto forma di vibrazioni telluriche, nei muscoli e nei nervi e nelle sinapsi dei presenti.

Lo sciamano con la maschera tribale, nascosto tra i fumi e le luci della sua scenografia, ha compiuto il rituale, perfettamente. Lo sciamano ha aperto il suo cosmo e dentro di esso, per due ore, ha permesso che gli adepti ne respirassero l’etere che lo caratterizza, e che ne comprendessero l’enigma che lo costituisce.

SBTRKT, a Roma, è stato magistrale.