Parto dal presupposto che scrivere di un concerto con indosso una maglietta della band protagonista possa significare due cose: o sei stronzo o sei fanboy. E poiché gli stronzi non mi sono mai piaciuti, mi piace pensare di far parte della seconda categoria di persone, ossia i fanboy. Vabè, dai, è vero che anche i fanboy sono di per sé un po’ stronzi (anche voi state pensando ai Muse?) ma possiamo spingerci anche un po’ oltre e ammettere la realtà dei fatti, cioè che i Pinegrove sono davvero una band enorme e meritano tutta la stima di questo mondo. Quindi sì, siate anche voi fanboy, ma delle band giuste.

La mia giornata di ieri è proseguita, fino alle ore 7 circa, in maniera piuttosto poco memorabile, infatti esattamente non ricordo cosa abbia fatto fino a quell’ora, ma di certo se siete qui a leggere ve ne fregherà ben poco, e la cosa mi sta bene.

Alle ore 7 ero pronto per andare alla scoperta di uno dei gruppi più interessanti di questo 2016: i Pinegrove, provenienti dalle lontane americhe, che, con il loro ultimo disco Cardinal, hanno offerto ai divoratori di musica emo/alt-rock un lavoro di pregiata fattura, ricco di spunti musicali interessantissimi, testi pregni di sentimenti e tanta, tanta qualità. Se siete persone fuori dal mondo cliccate qui, così potrete scoprire di cosa parlo.

La cornice di questo attesissimo spettacolo era il Lexington, storico e imponente locale di Londra, situato a pochi passi dalla stazione di Angel. Non ci ero mai stato prima, e devo dire che quel luogo mi ha sorpreso e non poco. Un’atmosfera estremamente familiare e amichevole – questi i miei primi pensieri non appena sono entrato – confermata dal fatto che appena ordinata la prima pinta mi sono ritrovato accanto il frontman Evan, con il quale ho avuto il piacere di scambiare due veloci battute sull’atmosfera. E mi è parso veramente felice di trovarsi lì, esattamente come me. Il locale è diviso in due piani e arrivando un po’ in anticipo abbiamo avuto modo di goderci il clima da pub del primo piano, consapevoli che al secondo, invece, la musica sarebbe – letteralmente – cambiata.

Neanche il tempo di mangiare una pizza gentilmente offertami da Uber Eats che si erano fatte già le 9: era arrivato il momento di andare a prendersi la prima fila. Detto, fatto. Mi sono ritrovato in prima fila con la mia compagna di concerti, entusiasta come me all’idea di sentire con le proprie orecchie “We’ve had some good ideas but we never left that fucking rooooooooom!“.

E ci credo.

Dopo poco sono arrivati sul palco e hanno iniziato a fare tutte le cose che solitamente i musicisti fanno quando salgono sul palco. Esatto, sistemare la strumentazione. Bando alle ciance, in 10 minuti erano pronti a suonare e via subito con i feelings, con la splendida Visiting. Sapevo – o meglio – supponevo che i Pinegrove dal vivo fossero tutta un’altra cosa, ma francamente non mi aspettavo fossero così estremamente vivi e intensi. Un’idea me l’ero già fatta grazie alla recente esibizione per Audiotreein cui la band ha mostrato una certa intenzione di cambiare (almeno in parte) i propri suoni, aggiungendo più arpeggi e vocals di supporto con la figa che suona la tastiera. E il risultato è sorprendentemente elogiabile, se potete fate un salto su Spotify che è stata pubblicata la versione audio, davvero meritevole.

scaletta

Il live è proseguito con picchi di emotività altissimi, ascoltare dal vivo brani come Old Friends, Cadmium, Size of The moon e Aphasia – quest’ultimo da me definito (quilo dico, qui lo nego) tempo addietro come uno dei brani più belli dell’anno – è stata un’esperienza affascinante, profonda, quasi sublime. E poi c’è da ribadire l’assoluta adeguatezza del locale, il Lexington, unitamente alla fauna che popolava quella saletta da circa 100 persone. Se vogliamo proprio essere poetici, bisogna ammettere che ritrovarsi in un ambiente del genere con persone unite dall’unico intento di godersi una serata in compagnia di una delle proprie band preferite è sempre emozionante. Soprattutto se il tipo alla tua destra indossa la maglietta dei Brand New e quello alla tua sinistra indossa quella dei Mineral. Tutti uniti sotto il nome della musica: cosa c’è di più bello?

La cosa più evidente era senza dubbio l’estrema facilità con cui quei ragazzi riuscivano ad esprimersi sul palco, sembrava quasi fosse una passeggiata per loro, tra una chiacchierata col pubblico e una risata generale. Erano lì per divertirsi, ed erano lì felici di esserci, ancora una volta, proprio come me. Ed è questo ciò che rende una band speciale. Certo, aiuta molto aver sfornato un album della Madonna come Cardinal, ma sono dell’opinione che quando una persona fa ciò che effettivamente vuole fare, mettendoci lo spirito, tutto il resto verrà da sé.

Durante il live è stata proposta anche una nuova canzone, davvero interessante e sempre su questa scia di sperimentazione che i Pinegrove stanno percorrendo. Perdonatemi se non conosco il titolo, ma come potrete ben notare dalla foto della setlist questi ragazzi non hanno abbastanza tempo da perdere per poter scrivere i titoli delle canzoni per intero.

La performance è stata chiusa con un encore di due brani, Waveform e New Friends, quest’ultimo forse il miglior brano per concludere il live. Un’intensità pazzsesca, e il solito Evan con quelle sue mimiche facciali e quelle espressioni energiche non faceva altro che confermare il vigore e la passione con la quale questi ragazzi sono saliti sul palco.

Una piacevolissima e felice sorpresa. Non vedo l’ora di rivedere i Pinegrove dal vivo (e comprarmi un’altra maglietta).