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I minuti passano lentissimi e il palco è ancora vuoto. Si cerca di capire quando esploderà la bomba. C’è chi è in trepidazione e chi si sta innervosendo. Il pubblico è dei più eterogenei. C’è il musicofilo, l’hipster, il curioso, il normcore, l’artista, il reduce dalla fashion week e via dicendo. Tutti (o quasi) in attesa di capire se la performance sarà in grado di tenere testa a tutto l’hype e alle parole dette negli ultimi 2 anni sull’artista britannica.

La fastidiosissima luce a led blu si spegne e FKA twigs fa il suo ingresso tra le (timide) urla e gli applausi del pubblico. Preface inizia a scaldarci l’animo con le sue mille voci e gli svariati cori che accompagnano l’intro del live. L’esibizione prende immediatamente fuoco con la tripletta Hide, Video GirlWater Me, tre pezzi di dimensioni galattiche, (tratti rispettivamente da EP1, LP1 ed EP2) che infiammano il pubblico. Tahliah è un extraterrestre invertebrato: torsioni, scatti, piegamenti, movimenti alieni e quello che doveva essere un concerto diventa uno show di luci, danza e musica.

Livelli sempre altissimi con le varie Numbers, Give Up, Papi Pacify, Lights On; è vero, bisogna anche dire che in un paio di momenti c’è stato un calo bello tosto della performance, dovuto forse alla non-popolarità dei due pezzi (Glass & Patron e Breathe) e molto più probabilmente alla obbligata ripresa di fiato/energia, ma il gioco vale la candela e il finale è da occhi lucidi. Pendulum, Kicks, Two Weeks e How’s That formano il quartetto finale che accontenta tutti i palati: quelli che volevano sentire i pezzi famosi, quelli nostalgici dei due EP e quelli che hanno amato LP1. Solo verso la fine Tahliah parla al pubblico, presentando la band alle sue spalle (tre omoni pieni di pad elettronici) e ringraziando il pubblico che l’ha accolta per la prima volta in Italia. L’unico rammarico è non aver visto uno show come quello che è stato presentato una ventina di giorni fa alla Roundhouse di Londra.

Il concerto di FKA twigs dimostra che la giovane artista è una delle non-molte certezze musicali a livello mondiale e anche una delle poche conferme che ogni tanto bisogna “believe the hype“.