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Per quanto si possa amare la musica, di tanto in tanto capita di recarsi ad un concerto e attendere con percepibile insofferenza la fine di un opening act che troppo spesso non è altro che un momento riempitivo in vista dell’esibizione dell’artista principale. Non è il caso di Ferrara Sotto Le Stelle, festival che da sempre vanta un cartellone di nomi di grandissimo spessore, in cui l’ordine di esibizione dei musicisti non è indicativo del loro valore.

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Il 4 luglio è la volta di Kurt Vile & The Violators e Wilco, nomi che non sfigurerebbero come headliner su alcun palco. Ad aprire la serata all’ombra del Castello Estense è l’artista di Philadelphia accompagnato dalla sua backing band, The Violators. In giro per il mondo con il tour del suo ottimo ultimo disco, B’lieve I’m Going Down…, Kurt Vile fa sosta a Ferrara, arrivando sul palco con i modi e l’aspetto di chi si è appena svegliato da un sonno profondissimo: la camminata goffa lo accompagna fino al microfono, da dove non si sposterà fino al termine della sua esibizione, il volto nascosto dai lunghi capelli mossi non lascia traparire alcuna emozione e, nonostante non manchino le occasioni per interagire con il pubblico tra un pezzo e l’altro, sono poche le volte in cui si lascerà andare in battute e small talk con il pubblico che comincia a riempire la piazza.

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Kurt Vile parla con la sua musica e grazie a quella riesce a creare un legame intimo e tangibile con chi lo ascolta: il suo minimalismo, la semplicità della sua esibizione nascondono una complessità tecnica notevole e il suo modo svogliato di cantare, quasi trascinato, descrive perfettamente il carattere di un ragazzo estremamente talentuoso ma umilissimo. La serata inizia con Dust bunnies, proseguendo con alcune tracce prese da B’lieve I’m Going Down…, Wakin On A Pretty Daze e Smoke Ring For My Halo, per chiudersi con Freak Train, da Childish Prodigy. Tra un pezzo e l’altro e tra vari cambi di chitarre, Kurt Vile e la sua band riescono a creare un impercettibile crescendo emotivo e a creare il perfetto mood per l’esibizione dei Wilco: un rinnovato apprezzamento dell’essenziale, di un concerto senza inutili distrazioni. Non è un caso che la Corona che Vile si era fatto preparare alla base del microfono non sia stata minimamente sfiorata fino al termine del suo live, quando l’ha bevuta d’un fiato, come a dire: la musica è una cosa seria, prima il dovere e poi il piacere.

Jeff Tweedy arriva sul palco con cappello da cowboy e camicia, con un look incurante dei trenta gradi che si respirano nella sempre splendida Piazza Castello.

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Davanti a me la tipica famiglia americana: padre con t-shirt sbiadita del Lollapalooza – da cui riesco a leggere, però, il nome dei Wilco nella line-up – il figlio adolescente con canotta dei Chicago Bulls che se ne frega altamente di tutto. Fricchettoni ancora imbambolati dalla performance (in crescendo) di Kurt Vile & The Violators, fan ventenni e cinquantenni, il pubblico che accoglie i Wilco è così: più diverso che mai.

Però siamo tutti lì, in attesa, e quando la band attacca con More… e poi con Random Name Generator, entrambe dall’ultimo (tiepidamente accolto) Star Wars, capiamo tutti di trovarci di fronte a una vera e propria esperienza collettiva. Sì, perché bastano due canzoni che il pubblico già lo sa, già l’ha capito che sta assistendo a qualcosa di spettacolare.

Gli inarrivabili Glenn Kotche e Nels Cline – solo a ripensare all’esecuzione di Pickled Ginger e di Via Chicago ho ancora i brividi – si lanciano sguardi d’intesa con Tweedy, che nel frattempo canta, gigioneggia, scherza con il pubblico (“Per noi è davvero meraviglioso passare il 4 luglio qui con voi a Ferrara. Anche perché forse per noi americani sarà l’ultimo 4 luglio”).

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Ogni tanto si intravede anche Kurt Vile che, a lato del palco, appena fuori il backstage, si muove al ritmo di Heavy Metal Drummer o Dawned On Me. La scaletta pesca qua e là in quella che è una carriera fatta di dischi sempre validi e mai banali, da Impossibile Germany e Jesus Etc fino a Art of Almost. Purtroppo, mezzanotte arriva presto. Per fortuna, il set acustico regalatoci nell’encore un po’ consola. Mentre torno a casa, mi frullano in testa tre parole: esperienza, ironia, maestria.

Amen, Wilco.

E grazie, Ferrara.

Tutte le foto sono © Ferrara Sotto Le Stelle / Luca Gavagna