Il concerto del 21 luglio di Calcutta allo stadio Domenico Francioni è iniziato fin dalla strada, soprattutto quella che da Roma porta a Latina, la Pontina. Ecco, diciamo che la terra da cui proviene, ha restituito a Calcutta il favore: mentre si viaggiava, e si leggeva nei cartelli “Pomezia“, “Torvaianica“, e si facevano spazio i segnali che indicavano il “mare” (“Venezia è bella ma non è il mio mare“), si respirava davvero “aria di Calcutta“.

Nel senso che, invitandoci a casa sua per il primo concerto più importante della sua vita, il cantautore ci ha fatto immergere nei luoghi che hanno formato e ispirato tante porzioni della sua musica, e del suo modo di essere. Gli strani contrasti estetici e temporali che infatti compongono l’immaginario di Calcutta, si rispecchiano nella geografia dei suoi posti d’origine: le spiagge dove sono sbarcati gli americani per liberare l’italia si mescolano alle costruzioni nate proprio nel ventennio fascista; diversi e strani ecomostri, zone militari un po’ angoscianti, si mescolano al verde ingiallito dallo scirocco che colora tutto il panorama delle pianure (una volta paludi) circostanti. Suggestioni che si vedono nel territorio forse proprio perché Calcutta le canta, e viceversa, si sentono in Calcutta perché il territorio le dimostra.

Foto di Kimberley A. Ross

Si è arrivati allo stadio quindi già preparati, con una gran voglia di musica. E i presenti sul bel manto verde e le tribune del Francioni sono stati presto accontentati, visto che per tutto il giorno è passato una piacevole mix e soprattutto, a partire dalle 18.30, sono iniziati i primi concerti di apertura. Ha iniziato Mèsa, che con una voce grandiosa ha riempito gli spazi dello stadio; poi è toccato a Francesco De Leo, che sul palco di Latina ha portato la sua musica attuale e quella del suo ex gruppo L’officina della camomilla. Ma ad aprire definitivamente le danze ci ha pensato Frah Quintale, che con gli ormai-classiconi di Regardez moi si è conquistato tutta la platea dello stadio, ed ha portato per mano i presenti verso lo show principale della serata.

Calcutta entra meravigliosamente goffo sul palco, e non dice niente: è il monitor, molto gentile, che parla per lui e dà il benvenuto al pubblico. Lo stesso monitor che prima dell’ingresso dell’artista aveva pubblicizzato Acquaparda, ovvero l’inesistente acqua di Pierluigi Pardo. E proprio come il presentatore di Tiki Taka, Calcutta rompe il ghiaccio dello show, cantando. Briciole, Kiwi, Orgasmo subito. Il boato dei quindicimila del Francioni è davvero forte, se ne rende conto anche lui, Calcutta, che quando finalmente si rivolge al pubblico ha la voce molto emozionata. Riesce a dire poco, se non qualche domandina. La sua umiltà è irresistibile. Come irresistibili sono le strofe delle sue canzoni, impossibili da non gridare a squarciagola, come fanno proprio in quegli stessi posti gli ultras del Latina.

Lo show è stato lungo, oltre un’ora e mezza senza interruzioni, e anche questa lunghezza è una prima volta di Calcutta. Grazie all’aggiunta di Evergreen è stato possibile dare un senso nuovo alla scaletta rispetto al passato, e così il concerto del 21 luglio è stato pure un’occasione per fare il punto della situazione sulla produzione del cantautore.

Si è definita, possiamo dire, una gerarchia di quelli che sono ormai i classici di Calcutta, le canzoni che si sono prenotate un posto per resistere nel tempo. Si parla di Gaetano e Frosinone, ma soprattutto di Pesto, brano che con quel “Ué deficiente” strillato a squarciagola da tutto lo stadio, si è conquistato il primato di chiudere il concerto. Si sono definite, poi, quelle che sono le canzoni del cuore dei fan della prima ora, delle canzoni che Calcutta stesso sente più delle altre. Milano e Limonata fanno parte di questo gruppo, non a caso proposte vicine, così come Cosa mi manchi a fare. Ne fanno parte anche, ovviamente, le remote Cane, Arbre magique, Fari, Albero. Le esibizioni chitarra e voce sono state memorabili, soprattutto Saliva. Si è ballato quando sul palco è salito Tommaso Paradiso per duettare Oroscopo.

Magistrali sono stati gli estratti dell’ultimo album, che hanno confermato essere prodotti di un Calcutta più maturo, attrezzato. Orgasmo, Paracetamolo, Rai: esibizioni sinergiche con la folta band sul palco (ah, c’era Giorgio Poi alla chitarra), elaborate, accompagnate anche da un visual divertente, che alternava giurassiche schermate del televideo e menù di trattorie alla homepage dell’iPhone, foto imbarazzanti tipiche di Calcutta e illustrazioni digitali. Non sono mancati, poi, corti diretti da Francesco Lettieri, che non hanno bisogno di altre parole.

Come non servono tante altre parole per definire questo concerto. Anzi, seguendo la scarsa loquacità di Calcutta, si può anche solo dire: è stato un concerto bellissimo.

La musica di Calcutta era nelle mura di casa sua, ma nel vero senso della parola, visto che a pochi isolati dallo stadio c’è casa della nonna di Edoardo, il quale ha chiesto gentilmente a tutto il pubblico di salutarla. E lì, in quello spazio domestico, ogni migliore tratto del cantautore era accentuato, avvolto dalla sicurezza che si ha quando si sta sul proprio divano, sdraiati. Infatti, benché Calcutta fosse chiaramente coperto d’agitazione, alla fine ogni tensione è stata scacciata via, sepolta dall’affetto del pubblico, dalla consapevolezza del fatto che si stava facendo qualcosa di grande.

E così, essersi trovati la sera del 21 luglio nello stadio Francioni di Latina, è stato un po’ come trovarsi dentro a una bolla di sapone, in cui tutto è stato bello. Una bolla di sapone il cui soffio che l’ha alimentata è stato tutto di Calcutta: della sua musica, della sua voce, dei suoi riferimenti, delle sue idee strane, della sua comicità, della sua impacciata ma verissima figura.

Calcutta ha stra-superato una prova molto difficile, ed anche se in realtà questa parola si usa quando un esame va da schifo, stavolta invece, con piacere, si può dire: “rimandato a Verona“, e ai nuovi concerti annunciati proprio alla fine della data di Latina.

Scaletta:

Briciole
Kiwi
Orgasmo
Cane
Fari
Milano
Limonata
Paracetamolo
Rai
Saliva
Amarena
Nuda nudissima
Cosa mi manchi a fare
Oroscopo
Del verde
Albero
Abre Magique
Hubner
Le barche
Gaetano
Frosinone
Pesto

[Foto via DNA Concerti, di Kimberley A. Ross]