La parabola tutta in ascesa di Carl Brave e Franco 126 ha avuto dei tempi straordinari.

Si parlava di loro (noi l’abbiamo fatto qui) già soltanto quando erano un diamante grezzo su Youtube.

Poi è arrivato il 5 maggio, data d’uscita ufficiale di quel progetto che intanto aveva preso forma con Bomba Dischi: viene pubblicato Polaroid, il dieci tracce che li ha lanciati in tutta Italia come una delle sorprese più fresche dell’anno.

Dunque, neanche tre mesi sono passati dall’esordio discografico a oggi, eppure il duo romano è tornato a suonare a Roma domenica 23 luglio accolto come un monumento navigato della scena.

Si usa il verbo “ritornare” perché Franco e Carlo avevano proprio iniziato dalla capitale per presentare il disco, l’11 e il 13 maggio agli Ex Magazzini con due sold out consumati in poche ore.

Da lì poi è partito un tour che li ha accolti con lo stesso entusiasmo in tutta Italia, da nord a sud, da sud a nord.

La data in occasione del festival Roma Brucia 2017 aveva dunque un valore particolare, perché era un po’ un “ripassa dal via”, utile per vedere cosa hanno costruito i due cantori – continuando la metafora – nel loro personale monopoli.

E la risposta di Roma è stata che Carl e Franco hanno costruito qualcosa di veramente bello. Bello e duraturo.

Perché, innanzitutto, l’Ex Dogana poco prima delle 23.00 era già gremita. Certo, merito del bel programma precedente del festival, ma anche l’ingresso aveva ancora una fila lunghissima, segno allo stesso tempo che in molti accorrevano lì esclusivamente per il main event della serata.

Per questa ragione, non pochi fan si sono persi i primi momenti del concerto, che puntuale come un orologio svizzero è iniziato alle 23.00.

Il palco era pieno di strumenti, perché i due romani ci hanno insegnato che per loro il live è un’attività parallela rispetto al lavoro in studio.

Chitarre, basso, batteria, sax, tutto suonato dal vivo e tutto riarrangiato rispetto alle polaroid del disco. Cambiano anche il fraseggio, le tonalità; insomma, il tutto ha una parvenza più “analogica”, più indie rock. Ma resta l’autotune (soprattutto nei vocalizzi di Carl) che mandava le voci un po’ pellaria nello spiazzo dell’Ex Dogana – un posto poco noto per una buona acustica.

Voci che Carl e Franco palleggiavano tra di loro come i bicchieri di birra e come le migliaia di quelle del pubblico.

Sono partiti con Solo guai, la polaroid numero uno, seguita poi da Lucky Strike.

La cosa che subito balzava alle orecchie era che tutti cantavano, tutti conoscevano i testi a memoria senza esitare.

Voci svariate, segno di una fan base eterogenea di ragazzi e ragazze, di età differenti, ed infatti il pubblico era proprio così, vario, ma unito dai testi delle canzoni di Carl e Franco che evidentemente toccano tasti, gusti e sensibilità diverse.

Entrambi non mancavano mai di esaltare la Love Gang tutta (prima di loro si erano esibiti Ketama 126 e Pretty Solero), dialogavano col pubblico, incitavano a fare caciara.

Parte Polaroid, poi Per favore.

Segue uno dei pezzi più amati: Franco lo inizia a cantare a cappella, e tutti lo seguono a ruota. È Tararì tararà, praticamente uno stornello romano. Fantastico.

La scaletta continua poi con Medusa, l’unico brano extra-Polaroid proposto; Carl calcia un super santos (che sta nella canzone) e dimostra di possedere il tiro della tigre di Mark Lenders.

Scendi sotto casa e ti passo a pigliare… #dajefranchino #carlbravexfranco126 #dajecarlè #exdoganaroma

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Intanto sono entrati tutti, l’Ex Dogana è davvero piena, si vedono le macchine sul cavalcavia e ogni tanto passa pure un treno, ché ci sono i binari là vicino.

Ma si sentono solo le parole di Alla tua e soprattutto Noccioline, che si conferma il pezzo più presabbene (insieme a quello conclusivo) di Polaroid.

Sul nove un film in cui vincono i buoni Guardo fuori e sembra ieri Con la pioggia nei bicchieri e la testa sempre altrove Aspettando da ore il 19 che non passa Bastava uno sbadiglio e non servivano parole Forse mi stai pensando che mi fischiano le orecchie Non ho memoria breve non mantengo le promesse mai Rincorro sempre le lancette C’è qualcuno nella tasca che mi annoda le cuffiette sai Resto solo in bilico sopra un filo di fumo Con l’amaro dei caffè che non abbiamo mai bevuto So dove vuoi andare a parare ma ti lascio parlare C’è un vento che strattona le persiane E mano nella mano Si incrocia la mia linea della vita con la tua Com’edere sul muro che si affaccia sulla via Ci perdiamo nel ghiaccio di un bicchiere di Kahlúa Brindiamo alla mia, brindiamo alla tua #carlbravexfranco126 #allatua

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Poi invece c’è quello più malinconico: Enjoy, che è iniziato con un giro di chitarra acustica, una versione praticamente unplugged, e si è concluso poi con un raffinato assolo di sax.

C’è una pausa prolungata, ma a occhio e croce tutti i presenti sapevano che mancavano due pezzi, i due pezzi.

Ed eccoli infatti, dopo qualche sorsata di birra (se ne sono sturate parecchie), tornare ai loro posti, Franco sempre più composto, Carl più movimentato, cantare all’unisono con tutti i presenti Sempre in due e infine Pellaria, che ormai ha assunto i contorni dell’inno generazionale.

#RomaBrucia ? #carlbravexfranco126 #cxxvi

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Oggi non ne ho fatta una giusta,Mea culpa! #pellaria #carlbrave #franco126 #polaroid #romabrucia #exdogana

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Per concludere poi, per ballare sulle ultime note, i due si sono congedati con un medley in cui i musicisti (nota di merito anche per loro) sul palco si sono scatenati in una session movimentatissima, mentre Carl e Franco cantavano sopra versi misti di tutte le polaroid.

Ovazione. I “grazie Roma” si sono sprecati perché veramente c’è stato un abbraccio collettivo tra pubblico e palco. E Roma è una città che l’abbraccio ce l’ha nel DNA, come la forma del colonnato di Piazza San Pietro, ma è allo stesso tempo una città che gli abbracci li centellina, riservandoli soltanto a chi veramente possiede un determinato quid.

Un quid che non si capisce bene da cosa sia costituito, ma ripassando da questo via, i due cantori trasteverini hanno dimostrato di possederlo.

Col concerto del Roma Brucia 2017, Carl Brave e Franco 126 hanno superato l’esame del tempo, dimostrando che loro e le loro polaroid sono diventati ormai un cult radicato che non se ne andrà via. Soprattutto perché c’è Roma, che se li tiene stretti stretti.

ROMA TI AMO ❤️

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