coriandoli

“We’re so fucking happy to be here” potrebbe essere la tipica frase che ogni gruppo pronuncia ad ogni concerto. Detta però con quell’enfasi, con quella sincerità, con quel sorriso, non può che suonare e apparire vera e sentita. Il sorriso gli Arcade Fire lo stampano per due ore sul viso della gente accorsa all’Ippodromo delle Capannelle, al Postepay Rock In Roma, ma, ancor più importante, se lo stampano sui loro stessi visi. Eh sì, perché l’ensemble canadese prima ancora di divertire, si diverte, e lo si percepisce.
Già dalla gag iniziale dei Reflektors coi “faccioni”, i quali compaiono sul palco intonando una falsa Rebellion prima di essere cacciati da Win e soci, si capisce che sarà tutto bellissimo.

Normal Person apre le danze, subito seguita da Reflektor: dai primi cori si palesa il calore dell’atmosfera e del pubblico.
Il palco è una messinscena sgargiante ma mai stucchevole, tra specchi, colori e video proiettati durante il live. Il gruppo è allargato: vi sono nuovi percussionisti, dotati di bonghi riflettenti, e la sezione fiati, molto utile per dare profondità e sfumature ai pezzi, nonché molto propensa a ballare e a ondeggiare sulle note della band. Gli Arcade Fire son poi quel che ormai tutti sappiamo, coi loro cambi di strumentazione sempre piacevoli per occhi e orecchie, tra chitarre, bassi, pianoforte organo e sintetizzatori, xilofoni, violini, batterie, fisarmonica, hurdy gurdy e chi più ne ha più ne metta.

band

La scaletta è uno spettacolo, i nuovi pezzi sono entusiasmanti al massimo grado in sede live, fanno muovere i culi e gioire gli animi, fanno ballare e dimenticare tutto ciò che è rimasto fuori dai tornelli del concerto. Joan Of Arc fa impazzire l’ippodromo, ma ovviamente mai quanto la doppietta bruciante Neighborhood #3 (Power Out) / Rebellion (Lies), cantata a squarciagola da ogni singolo presente tra il pubblico. È magia e pura energia, non ci si ferma un secondo e Month Of May fa bruciare le ultime riserve prima del break, affidato a una The Suburbs dolce, tranquilla, con Win al piano e le classiche proiezioni dei bambini in bicicletta.
È solo questione di minuti, quelli dell’outro di The Suburbs (Continued), prima che si scateni nuovamente l’inferno luminoso: le prime note di Ready To Start riecheggiano nell’Ippodromo e fanno sobbalzare tutti, eravamo sicuramente pronti per iniziare, ma non so quanto fossimo preparati a Neighborhood #2 (Laika), bellissima ed eseguita perfettamente. Nemmeno il tempo per dire “hanno fatto Laikaaaa” e subito parte No Cars Go, con i puntuali “Hey!”, all’unisono. E poi il coro finale, protratto da tutto il pubblico quando ormai la band aveva finito il pezzo. Sul palco si fermano tutti, ridono, guardano le persone accorse per loro e lasciano proseguire il coro, Win sporge il microfono, non accennano ad interrompere questo momento magico, la sincera gratitudine si delinea sui loro volti. “Thank you, that was beautiful. Thank you”.
We Exist torna a far ballare, così come il singolone successivo, Afterlife (introdotta da un frammento strappalacrime di My Body Is A Cage), con tanto di uomo specchio sul b-stage che con le sue strane danze fa riflettere fasci di luce in tutte le direzione, e Win con il braccio perennemente alzato prima di ogni “I’ve gotta know”.

regine
È ora il momento di Régine: prima sul b-stage, con alle spalle un uomo scheletro, rivolta verso il palco per duettare-dialogare con l’amato Win sulle note di It’s Never Over (Oh Orpheus), e poi sul palco principale per Sprawl II, con tanto di movenze a interpretazione del testo e i classici nastri colorati finali, nonché mille mila sorrisi elargiti a destra e a manca, più luminosi di qualsiasi specchietto presente sul suo vestito. Siamo tutti estasiati, applausi e solo applausi.
Escono e rientrano. Anzi e rientra, Butler con la testa di Papa Francesco per poi far partire Here Comes The Night Time accompagnato dalla band al completo, in un climax che culmina in cannonate di coriandoli multicolore, la festa è al suo apice e prosegue con Keep The Car Running. La chiusura è come sempre affidata a Wake Up, e trafigge il cuore.

papa

È bello vedere un gruppo di tal successo credere in quel che fa, trascinare in quel modo la platea, senza mai dare nulla per scontato, né il successo né gli applausi a scena aperta, ringraziando sentitamente tutti quanti, facendo mille inchini prima di uscire, mandando baci e sorrisi, quasi fossero ancora increduli della fama e di una risposta così grandiosa dei fan.
Dopo Wake Up noi ci svegliamo, e calpestando i coriandoli ci dirigiamo all’uscita: nel cuore la gratitudine verso il miglior gruppo degli anni zero, sul volto un sorriso che difficilmente riusciremo a levarci.

https://www.youtube.com/watch?v=RxXh07bVLv4