Quando tutti credevano che l’unica opportunità di vedere uno show del “Rocco Siffredi of Soul Music” (ora “Cheeky Andy“) sarebbe stata pagare una sberla di soldi per un concerto di Bruno Mars e accontentarsi di un opening act, ecco che la kermesse Tendenze di Verona ci stupisce con un regalo del tutto inaspettato situato in una location a dir poco suggestiva presso il Teatro Romano. La capienza di questa piccola arena è abbastanza limitata ed i biglietti si esauriscono in poche ore incredibilmente, ma non troppo: le aspettative per uno spettacolo di Anderson .Paak accompagnato dai suoi Free Nationals sono notevoli ed è la prima occasione di vederli in Italia. Noi lo avevamo già visto l’anno scorso all’Øyafestivalen di Oslo in una performance assolutamente devastante, e non vedevamo l’ora di rivederlo nonostante il caldo incessante di questa giornata.

Ebbene si, mi potrò godere il buon Anderson in questa meraviglia ed in quella posizione. Mica male eh?

All’ingresso un dj sta accompagnando l’arrivo del pubblico con un set che possiamo riassumere in “Best di Kendrick Lamar + Ragazzacci del momento (RTJ, Chance The Rapper, Schoolboy Q, ecc..)” scaldando per bene gli animi. Il pubblico è piuttosto variegato e si intravede qualche volto noto della scena musicale italiana venuto ad assistere il giovane prodigio (viene identificato tra le prime file ad esempio Bassi Maestro).
I ragazzi salgono sul palco: l’ultimo ad arrivare è proprio Anderson e dopo un piccolo attimo di suspense si parte subito con la doppietta micidiale Come Down/The Waters. Il boato della folla è incredibile: veniamo esortati dai Free Nationals in gran coro, dopo appena 30 secondi dall’inizio del concerto, ad alzarci in piedi e di “have a big party tonight“. Difatti i posti a sedere verranno dimenticati da tutti e nessuno riuscirà a star fermo.
La band ha un tiro micidiale capace di rendere ogni pezzo di gran volte più godibile rispetto alle versioni incise, e Anderson… beh, è l’istrione per eccellenza.

Specifichiamo per bene che non è il classico soggetto istrionico che predilige nutrirsi di adulazioni ed attenzioni. Anderson, oltre ad aver fatto innamorare credo il 99% dei presenti scavalcando qualsiasi categoria canonica di sessualità/legami affettivi e quant’altro, è qui per regalarci una serata indimenticabile e dare tutto sé stesso per farci divertire. Salta sul suo palchetto personale, balla e si permette anche due giri in mezzo al pubblico senza mai smettere di cantare (senza mai e dico mai una sbavatura, un vero professionista).
E quando si siede alla batteria per la prima volta per la tripletta Carry Me/Put Me Thru/Heart Don’t Stand a Chance la magia si amplifica ancora di più. Anderson è un signor batterista, però aspetta sta anche cantando, e sta pure rappando… insomma quand’è l’ultima volta che vi siete stupiti ad un concerto? Qui il pubblico è in completa estasi, siamo all’interno di una vera festa e la qualità del live è incredibilmente alta. Persino io che avevo già fatto i conti con questo show rimango stupito ed esterrefatto dall’energia che si è generata in questo piccolo scenario fantastico.

“Scusate, ma sono troppo figo”

Nota di merito importantissima per i Free Nationals, assolutamente indispensabili nella costruzione di questo sound cosi caleidoscopico fatto di Soul/Funk/R’n’B/Hip-Hop e nello stravolgere alcuni pezzi con una classe che anche in questo caso stupisce e non poco: la versione ragga di Room In Here con il tastierista alle prese con il vocoder è uno dei punti più alti della serata, irresistibile.

Lo show è un alternarsi di pezzi tra Malibu ed il primo lavoro Venice (meno conosciuto, ma equamente apprezzato), tra le sue diverse anime in cui rientra anche il progetto NxWorries (Suede dal vivo è persino più bella) e di jams in cui il pubblico è attivamente coinvolto come coristi.

Dopo la chiusura con The Dreamer ci rendiamo conto di come non abbiamo mai smesso di muoverci e di far oscillare la testa e di come questa ora e mezza sia volata via in un lampo. La sensazione è di aver assistito ad uno dei concerti più importanti ed incantevoli degli ultimi tempi, una gigantesca festa da cui usciamo tutti con un sorriso appurando che in realtà la Next Big Thing della black music è già una realtà ben solida e sontuosa nel panorama musicale internazionale. Anderson .Paak è ciò di cui avevamo bisogno ora, un artista capace di entrare in contatto con la nostra parte più vitale ed arrivare dritto al suo obiettivo: intrattenere genuinamente, farci rapire dal groove e renderci felici.