L’ultima volta che Albert Hammond Jr. si è esibito a Milano era il 12 dicembre 2013; coltre di nebbia a parte, nutro un buon ricordo di quel concerto: Albert era in tour per presentare l’EP AHJ, un discreto disco che ho apprezzato particolarmente poiché mi ha dato l’opportunità di vedere dal vivo il chitarrista degli Strokes. Per quanto ai tempi apprezzassi le sue opere da solista, per me Albert Hammond Jr. rimaneva in primo luogo un membro dell’iconica band di New York.

Quasi 5 anni più tardi, l’11 luglio 2018, Albert Hammond Jr. è tornato a Milano, sempre al Circolo Magnolia, per presentare il suo quarto LP, l’ottimo Francis Trouble. Rispetto al suo ultimo tour, il contesto è cambiato sensibilmente: il rock ’n’ roll sta progressivamente scomparendo dalle classifiche e dai cartelloni dei principali festival musicali e gli Strokes sono ormai soltanto un ricordo legato alla New York dei primi anni 2000; Albert, d’altro canto, si sta imponendo sempre più come uno tra i più interessanti artisti rock contemporanei. 

Ad aprire il concerto ci pensano i Dead Visions, una gradita scoperta per chi come me non aveva familiarità con il nuovo progetto di Francesco Mandelli, buon amico di Albert. Dopo la loro esibizione il pubblico si disperde e, a riempire le primissime file, rimane solo un ristretto gruppo di ragazzi con indosso T-shirt dei Ramones, degli Strokes e degli Arctic Monkeys. Come il suono delle campane che arriva dalla chiesa invita i fedeli alla messa, l’incipit di The Soft Parade dei Doors chiama a raccolta davanti al palco le anime di chi ancora crede che il rock non sia morto.

When I was back there in seminary school

There was a person there

Who put forth the proposition

That you can petition the Lord with prayer

Petition the lord with prayer

Petition the lord with prayer

You cannot petition the lord with prayer!

La band guidata da Albert Hammond Jr. si presenta sul palco e, con DvsL, tratta dall’ultimo album, dà inizio ad uno spettacolo coinvolgente che, nel corso di poco meno di 90 minuti di pura adrenalina, ripercorre i successi della band dai tempi di Yours To Keep fino a Francis Trouble.

Rispetto al suo ultimo concerto a Milano, Albert è cresciuto moltissimo come performer: se le sue qualità di musicista non possono essere messe in discussione, nelle sue prime esibizioni era sicuramente più esecutore e meno intrattenitore.

Oggi Albert Hammond Jr. è una vera rock star capace di infiammare il pubblico trasmettendo una contagiosa energia, uno showman che non resta fermo un secondo: balla da un lato del palco all’altro, salta sugli amplificatori, si getta tra il pubblico e in alcune occasioni ricorda a tutti che è un chitarrista di prima classe suonando degli assoli che lasciano gli spettatori a bocca aperta, come fossero miracoli di Gesù Cristo.

L’atmosfera elettrica che ha aleggiato attorno al palco non è riconducibile unicamente al carisma di Albert, è stata piuttosto la conseguenza di una scaletta costituita in gran parte da brani tratti da Francis Trouble, un disco che sembra studiato per essere suonato dal vivo, e un pubblico di fan fedelissimi, capaci di esultare e cantare non solo mentre vengono suonati classici come In Transit e Holiday, ma soprattutto in occasione di brani nuovi come Far Away Truths e Harder Harder Harder.

Forse complice l’adozione di un alter-ego, Albert Hammond Jr. ha finalmente trovato una sua dimensione anche come solista. Con 20 anni di esperienza alle spalle, Albert è ora pronto a caricarsi sulle spalle il rock ’n’ roll e a portarlo negli anni 20 del XXI secolo: chi sostiene che il rock sia morto non deve aver mai assistito ad una sua esibizione.