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Ossessivamente sogno di un labirinto piccolo, pulito, al cui centro c’è un’anfora che ho quasi toccato con le mani, che ho visto con i miei occhi, ma le strade erano così contorte, così confuse, che una cosa mi apparve chiara: sarei morto prima di arrivarci” (J.L. Borges, L’Aleph)

Non può che iniziare con una citazione colta questo racconto del recente concerto degli Air al Labirinto della Masone e questo stralcio dell’Aleph non è certamente un incipit casuale.

Il Labirinto della Masone sorge, prima idealmente e poi fisicamente, da un’idea (o meglio da un’ossessione) di Francesco Maria Ricci che sul finire degli anni ’70 intratteneva rapporti di amicizia con J.L. Borges, il quale lo ha influenzato ed indotto involontariamente alla creazione di quello che oggi è il labirinto più grande del mondo. Lo stesso Borges che – col tempo – è diventato uno dei massimi esponenti della letteratura dedicata al labirinto, alla sua semantica e a quella che nel corso dei secoli si è trasformata da “semplice” metafora dell’errare umano, fino ad assumerne valore di archetipo ideale.

labirinto

Lo smarrimento, il viaggio, la ricerca della verità, ma anche la percezione del vivere un’esperienza che porterà alla maturazione o al cambiamento. Dal mito del Minotauro, fino ad arrivare ad Italo Calvino questo perimetro pieno di pericoli ed insidie rappresenta storicamente il simbolo della ricerca della propria strada e, di converso, esprime idealmente e negativamente la potenza e l’autorità statale rispetto al popolo. Un luogo incline all’interpretazione poetico/filosofica più varia, idealizzato ed ideale per quello che da lì a poco saremmo andati a sentire.

Tutto ciò premesso passiamo agli Air, che, anticipiamo, si sono rivelati scelta vincente per l’inaugurazione della stagione di eventi musicali del labirinto. A tal proposito vengono alla mente altre esibizioni che in questi anni hanno messo insieme musica ed estetica, fondendo i piani delle diverse arti figurative e non solo. Penso ai The National al Vittoriale degli Italiani, Ai Phoenix alla Reggia di Venaria o agli Arcade Fire all’Arena di Verona.

Erano ormai parecchi anni che il duo francese si era ritirato a vita privata, lasciando cadere un velo di silenzio sulla loro corposa produzione pop/ambient che sul finire degli anni ’90 ha trasformato i concetti chiave del jazz e della tradizione francese in un complesso vintage chic, modulato sui vocoder e su tutto ciò che la Korg metteva sul piatto.

Un genere autoreferenziale e parecchio intellettuale che ha fatto capolino anche – e soprattutto – in ambito cinematografico tanto che i film di Sofia Coppola ne sono completamente infarciti. Impossibile scindere gli Air dall’estetica, dal paesaggio e dai simboli, ma questa apparente semplicità li stava, forse, relegando al ruolo di “bravi musicisti da tenere in sottofondo”.
Si sono fatti attendere e l’attesa è stata amplificata dal nostro fantozziano anticipo, dovuto al concreto rischio di smarrirci all’interno della selva parmense. Pranzo al sacco, due birre e mentre una selezione di MGMT correva in diffusione, ci ritrovavamo in prima fila senza rendercene conto, al centro del Labirinto, a due passi dall’anfora (ripresa anche nel labirinto di Harry Potter) e cioè a due passi dal premio, dalla maturazione interiore e dalla realizzazione di sé all’interno della società.

Il palco, installato ai piedi dell’imponente piramide che contraddistingue il centro del Labirinto della Masone era ormai pronto, sormontato da 5 cinque cubi al neon che lo occupavano per quasi tutta la sua lunghezza.

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Ecco i primi pezzi: Venus e Don’t Be Light e (curiosamente) il tiro si faceva fin da subito aggressivo con colpi di batteria a conferire un’atmosfera al confine con l’indie pop e facendo scatenare anche qualche donzella in transenna. Ecco, dunque, Cherry Blossom Girl e l’esaltazione passava la mano ad un più moderato momento introspettivo, scandito da timidi applausi e dai successivi alti e bassi di J’ai Dormi Sous L’eau, Talisman e Remember. Tutti aspettavano le hit e dopo un isolato “grazie mille” introducevano Playground Love, forse, la più attesa.
Ma il momento clou era ormai giunto e l’attenzione era totalmente canalizzata verso di loro e verso qualche stella che spuntava in cielo, incorniciata dal colonnato del patio. Seguivano Alpha Beta Gaga, Radian, How Does It Make You Feel e Kelly Watch The Stars.

#air live #kellywatchthestars

Un video pubblicato da @no_ambition in data:


Pausa di 2 minuti e rieccoli per il gran finale: Sexy Boy e La Femme D’Argent allungata di parecchio e trasformata sul finale in un tripudio di post rock e luci.  

#sexyboy ??? #air #live Un video pubblicato da Stefi ??? (@meazzina) in data:

Forse troppo breve, a tratti sbrigativo, ma questo è il tipico appunto che ci portiamo dietro ogni volta che usciamo da un concerto. Motivi di ordine pubblico e gli orari di quelli che, prima di essere location da live sono musei (o affini) non sono stati sicuramente dalla nostra parte, ma questa oretta scarsa ci ha completamente rilassati, ci ha calmati e ci ha fatto sentire i co-protagonisti di un film a tinte nuovelle vague, smarriti nel tempo e nello spazio, ma mai soli.