Oggi vi raccontiamo velocemente i nostri pensieri su una manciata di dischi usciti negli ultimi giorni. Dall’ottimo disco del nostro Populous al riprovevole lavoro di Katy Perry, ma abbiamo anche Big Thief, Sufjan Stevens (con Bryce Dessner, Nico Muhly e James McAlister) e il buon debutto di SZA.

Katy Perry – Witness

Non che ci aspettassimo chissà quale capolavoro dalla regina assoluta del pop mondiale, ma in tutta onestà noi ci fermiamo all’ascolto dei soli singoli Chained To The Rhythm, Bon Appétit e Swish Swish e per il resto ci fidiamo di Sufjan Stevens che ha commentato così il disco di Katy Perry:

“Your words are like Chinese water torture…”

literal
lyrics
from
the
new
Katy
Perry
album

LORD JESUS HAVE MERCY.

And y’all thought it was weird when I wrote, “Tuesday night at the Bible study….”

Lord Jesus.

Katy Perry was probably at THAT SAME BIBLE STUDY.

We probably did popcorn prayer together.

I love this world.

Voto: 3.0 – Andrea Pelizzardi

Big Thief – Capacity

Rispetto al loro esordio (Masterpiece), i Big Thief affinano le sonorità abbandonando quasi totalmente le chitarre crunchy, abbracciando un pop-folk in prossimità di Angel Olsen e Mothers (i singoli Shark Smile e Mary su tutti). Capacity ha delle canzoni che raccontano dei piccoli quadretti del quieto quotidiano, che si susseguono con una linearità disarmante, e alcune melodie che possono ricordare psichedelia e prog settantino (Great White Sharks, Objects). L’abbondanza acustica non può che essere paragonata ai compagni d’etichetta Hop Along, dilettandosi con strutture particolareggiate (la conclusiva Black Diamonds non può che ricordare i lavori dei Pinegrove, soprattutto per l’incedere in levare e i continui cambi) e concedendosi un pezzo che non può che essere un post-punk raffinatissimo come Watering, uno dei pochi pezzi sporchi del disco con un basso penetrante ed una voce che sospira strazio. I Big Thief continuano il felice periodo di questa ondata post-riot-grrrl, lasciando un disco forse un po’ prolisso ma che presagisce la capacità di assimilare e rendere ancor più personali tutte le loro influenze.

Voto: 7.4 – Gianluca Marian

Sufjan Stevens, Bryce Dessner, Nico Muhly e James McAlister – Planetarium

Visionario e ambizioso, il progetto che coinvolge quattro tra i migliori compositori del mondo indipendente contemporaneo germoglia nel 2012, quando la Muziekegebouw Eindhoven Concert Hall commissiona a Nico Muhly le musiche per una pièce teatrale che si chiamerà Planetarium, da cui riparte perfezionandosi in forma di disco compiuto che esce ora per 4AD. Un peregrinare tra gli spazi della nostra galassia che dura diciassette tappe, un cogitare in cui sin dall’inizio la cosmologia è un pretesto per divagazioni escatologiche, con le liriche di Stevens a trascendere lo stato fisico per sublimare in colloqui col divino, l’elettronica di McAlister e le corde di Dessner a calarli  in territori sonori odierni e poi le orchestrazioni di Muhly, la forza di gravità che governa il sistema solare: elementi eterogenei in un equilibrio dalle logiche rigorose, perfetta metafora musicale dell’entità fisica che i quattro si prefiggono di narrare. Lungo il dispiegarsi di sinfonie sintetiche post classical, lucide e moderne e insieme solenni e atemporali come preghiere, si finisce in uno stato di grazia in cui le cose terrene riacquistano la giusta proporzione e l’ascolto diviene un confortante crogiolarsi nell’insignificanza del singolo davanti all’incommensurabile.

Voto: 8.0 – Maria Pia Diodati

Populous – Azulejos

Con Azulejos, Populous investe di luce, colori e infinita personalità la propria produzione musicale. Il risultato è una cumbia digitale presa benissimo, ma sempre pervasa da un latente senso di saudade che dona al tutto una forte umanità; perché ok i computer, ok l’elettronica, ma qui traspare proprio una certa urgenza compositiva, qui c’è sentimento. Durante lo snodarsi delle tracce troviamo la voglia di far festa, la voglia di ballare e di fare l’amore, in maniera spensierata, sì, ma mai banale. Il mix e i suoni sono puntuali e precisi, le melodie e le percussioni perfettamente amalgamate; la ricetta è perfetta e non può che scaturirne un disco che funziona sempre e comunque, tanto da tenere in sottofondo quanto per un ascolto attento, sino al suo habitat naturale: un club, una festa in piscina o in riva al mare.
Che siate sotto le palme con un drink, in macchina con i finestrini abbassati, a sudare a casa o su un dancefloor, Azulejos deve essere il disco della vostra estate, e lo sarà, fidatevi di me, fidatevi di Populous.

Voto: 8.0 – Simone Zagari

SZA – Ctrl

Dopo un EP, due mixtape e un po’ di singoli è finalmente arrivato Ctrl, il tanto atteso debutto di SZA. Con un hype sempre più vivo sarebbe stato facile buttarsi su un prodotto costruito a tavolino per funzionare, con un team di super produttori al servizio della ventiseienne del Missouri. E invece no, invece SZA decide di rimanere fedele a se stessa e alla linea di Top Dawg, sfornando un disco che non impatta al primo ascolto, ma che si insinua poco per volta nelle orecchie e nell’animo degli ascoltatori. Le atmosfere sono spesso crepuscolari e notturne, metropolitane, rallentate; le sonorità spaziano dal neo soul all’R&B, sino a qualche beat che strizza l’occhio alla trap, il tutto senza mai strafare e, soprattutto, mantenendo sempre un piglio personale. Il talento, sia prettamente vocale che più in generale artistico, della giovane è indubbio, e i featuring di Kendrick Lamar, Travis Scott e Isaiah Rashad, quasi fossero degli endorsement, non fanno altro che arricchire il lavoro.
SZA non è più una comparsa, è pronta a diventare protagonista.

Voto: 7.8 – Simone Zagari