Essere nostalgicgaze fa sempre più figo quindi appena parte il disco degli Young Prisms emozionarsi come delle troiette viene spontaneo. Al secondo disco questi californiani convincono completamente: certo alla copertina mancano le tettine e i triangoli del disco precedente, ma In Between è un disco che gli orfanelli dei My Bloody Valentine accoglieranno con gaudio sin dai primissimi secondi, tanto evidenti sono le citazioni da Loveless che pervadono tutto l’album, non tanto nelle distorsioni (le chitarre sono un po’ più tavoladasurfgaze che scarpesporchegaze) quanto nello spirito: ed è quello che vogliamo.

Il risultato è un miscuglio tra shoegaze e surf [dream] pop, con la malinconia di un pomeriggio di fine estate, linee vocali catchy-catchy, attitudine lo-fi e riverberoni, come le premesse di genere fortemente richiedono.

I pezzoni sono ovunque: Floating In Blue, che apre l’album, dice «loooveeeleeess» e grazie al cazzo che è il pezzo più figo; la monumentale Dead Flowers e Gone, noise pop da innamoramento agrodolce; la strappacuore Four Hours (Away), sensuale e ignorante; Runner che è pura gioia sonica. Midnight’s When è il break un po’ sottotono tra la prima e la seconda parte dell’album. Segue il breve strumentale Outside e poi si riparte con Better Days, che riprende di nuovo in mano un disco dei My Bloody Valentine, ma la cosa non stanca perché le citazioni sono pacate e essenziali, e infatti è un’altra delle tre perle dell’album. To Touch You è un annichilente connubio di muro di suono e voce sussurrata. Sunshine riesce a essere fighissima pur essendo una citazione un po’ troppo marcata del primissimo brit pop, quello ancora contaminato dalle chitarre shoegaze. Wedding Bells era l’outro chillgaze di cui tutti noi abbiamo sempre avuto bisogno. E il disco finisce qua.