Vincere il Mercury Prize = +4460%. Cosa vuol dire? Vuol dire che gli Young Fathers dopo la vittoria del Mercury Prize lo scorso ottobre hanno incrementato le vendite della band del quattromilaquattrocentosessanta per cento. Immaginate di aver venduto inizialmente 20 mila copie e di ritrovarvi catapultati a quasi 900 mila nel giro di poche settimane. Cosa vuol dire? Non sto qua a fare il figo dicendo che “vuol dire che dovevate leggerci quando recensivamo DEAD benissimo e non dopo che hanno vinto un premio mainstream“, bensì vuol dire che se lavori bene ed il tuo prodotto è una bomba, tutto ti torna in un modo o nell’altro. Era il 2008 quando l’intera scena musicale mondiale veniva scossa pesantemente da Dear Science dei TV On The Radio. Un disco che mischiava l’indie al rap, ma neanche troppo rap perché era alt-rap. Sì, ma poi c’era un po’ di synth quindi che rap è? Forse era più sull’indie. Insomma un capolavoro che ha influenzato sicuramente lo stile degli Young Fathers in generale e più in particolare di questo disco, il quale risulta anch’esso un mix tra alt-tutto, tranne che Alt-J.

Still Running ha il compito di aprire questo White Men Are Black Man Too, così come NO WAY apriva DEAD: una lenta cavalcata accompagnata da percussioni tribali e noise-synth che esplode in Shame, secondo pezzo del disco nonché secondo singolo estratto, nonché miglior pezzo dei 12 pezzi che ti fa letteralmente a pezzi. Che bomba sto pezzo. Che bomba. Sembra ieri che mi agitavo sulla sedia con Dancing Choose dei TV On The Radio ed ecco che oggi mi tocca continuare a farlo. Allo stesso modo. Con Shame.
Difficile trovare grossi passi falsi in questo disco: 27 e Nest formano la doppietta natalizia che, per melodie e arrangiamenti, va a sfiorare i Passion Pit di turno, mentre John Doe sfrutta il fischiettato come hook per farsi piacere (e ci riesce parecchio). Old Rock n Roll funge da fulcro del disco con le sue taglienti liriche improntate suoi luoghi comuni tra bianchi e neri (“Some white men are black men too/Niggah to them/A gentleman to you“), arrivando addirittura a ‘perdonare’ i bianchi per qualcosa che non appartiene all’attuale generazione (“I’m tired of wearing this hallmark for some evils that happened way back/I’m tired of blaming the white man“).
Liberated, Feasting e Get Started sono le uniche piccole sbavature che risultano un po’ fuori dal coro (proprio a livello musicale), ma tutto sommato neanche ce ne accorgiamo, perché l’intero album, nonostante l’ambientazione cupa, scorre bello fluido e piacevole.

Con ogni probabilità White Men Are Black Man Too non vincerà il Mercury Prize né tantomeno manterrà alte le vendite, ma Gli Young Fathers confermano quanto di buono fatto l’anno scorso con un altro lavoro alt-tutto fatto di melodie molto più pop-oriented del primo (tranne in qualche caso), suoni ben arrangiati e testi profondi che raccontano frustrazione, odio, libertà, lotta, passione, amore, guerra, diritti e quant’altro.

Tracce consigliate: ShameOld Rock n Roll