L’affezzione per lo sperimentalismo musicale è ormai pane quotidiano per la Central Belt Scozzese e tutti i progetti musicali e iniziative che anche solo le due più grandi città della Caledonia ospitano. Mi viene ora in mente un fine settimana di qualche mese fa a Glasgow. In città accadeva il Counterflows festival, una rassegna di musica elettronica underground sparsa per tutta la città nella quale artisti scozzesi e non, presentavano la propria musica nei basement e nelle warehouse più buie del centro.

Quel sabato che metteva fine ad una lunga settimana di esami, decidemmo, con un amico, di andare alla School of Art, luogo perfetto per cacciare via la stanchezza settimanale ballando davanti al loro bel muro di casse o, se sei abbastanza fortunato, urlando Kate Bush al microfono durante la loro queer karaoke night. Sound of Sisso e Sarra Wild suonavano dal vivo quella notte e, senza sorprese, il locale era strapieno. Una marea di persone si son presentate la sera, spinti dalla curiosità di voler scoprire la musica di un collettivo che ha fatto i chilometri per poter suonare in città (Tanzania e Regno Unito non son proprio ad un passo). E questo elemento distintivo è proprio il fulcro della scena musicale che si è creata negli anni in Scozia. Eliminare ogni confine terriotoriale è nel carattere delle due maggiori città Scozzesi, Glasgow ed Edinburgo, la cui multiculturalità e desiderio di scoperta influenza così tanto le rispettive scene musicali.

E se c’è un progetto che negli ultimi anni ha espresso al meglio queste proprietà, non possiamo che far riferimento agli Young Fathers, i quali hanno ormai reso nota la propria personalità d’avanguardia.

In Cocoa Sugar, quelle caratteristiche che prima eran di rottura, vengono ora presentate in un modo più blando rispetto a prima. Proprio perché il progetto, in tutta la sua singolarità, è riuscito al meglio a farsi spazio persino in un anno fertile come il 2015, la band ha questa volta deciso di rendere i nuovi brani più accessibile ad un maggiore pubblico, semplificando le proprie tematiche, questa volta più sentimentali e narrative (Fee Fi) rispetto alla protesta di DEAD White Man Are Black Man Too.

Una certa spiritualità gospel prende sopravvento sulla tribalità dei ritmi, seguendo quasi la corrente WU LYF da Manchester, facendosi sentire nella vistosa Lord, spezzata dagli imponenti sintetizzatori che portano ad un auge rotto dalla successiva Tremolo, forse la traccia che più riporta ai precedenti toni della band.
Non prevalgono allo stesso modo i sentimentalismi in Toy, che, sovreccitata, suona empatica, ma impanicata e aggressiva, seguita poi da un bellissimo video, il primo a tema politico. Le distorsioni lo-fi sono quindi andate scemando, lasciando una sensazione punk in secondo piano, scoprendo pian piano il lato emotivo del coro spirituale, tracciabile persino nell’agitata Wire, segnata dai paranoici ritmi tribali.

Il modo in cui gli Young Fathers sono entrati prepotentemente nella scena musicale sotto un genere che li ha resi unici in Europa è deciso dall’intenzione nel diversificarsi tipica dei palchi del Nord Regno Unito. Il modo in cui, poi, il percorso di questi si è evoluto con il passare del tempo, è il tipico esempio di come i temi trattati anche in passato ora debbano essere allegeriti, sviando e risultando più personali ma comunque riportati perfettamente su tela.