Abbandonate più o meno momentaneamente le vesti noise di Prurient, il prolifico e mai troppo idolatrato Dominick Fernow aggiunge un tassello, l’ennesimo, alla sua sterminata discografia tornando sulla scena con questo Media in the Service of Terror sotto la guisa techno-industrial degna di ossequi di Vatican Shadow.
Il lavoro, ovviamente, palpita e vive di atmosfere tetre, ambienti claustrofobici e beat ostinati, da sempre marchio di fabbrica del microcosmo che Fernow, nucleo pulsante e mente originaria, ha elevato attorno alla sua persona e alla sua arte.
Il titolo è eloquente tanto quanto lo è la copertina d’impatto che ritrae la spiaggia di Susa, in Tunisia, dopo l’attacco terroristico dello scorso 26 giugno: una critica alla società digitale e ai mass media che permeano il quotidiano fino al midollo, sbattendoci in faccia morte e disperazione, arrivando alle menti umane in maniera perversa e strisciante, plasmandone il pensiero, traviandone i punti di vista e instillando terrore.

Ziad Jarrah Studied Mathematics si ispira – si fa per dire – a uno dei quattro terroristi dell’attentato alle Torri Gemelle: in una staticità ansiogena figlia di synth a basse frequenze in loop infinito, i colpi dispersi nel riverbero creano un senso di ansia opprimente in quanto collegamento eloquente con i fatti dell’11 settembre. Take Vows si rifà, allo stesso modo, ai giuramenti religiosi dei terroristi che precedono gli attentati; per questo motivo la cavalcata di cassa e scudisciate analogiche non può che sembrare un cuore che batte all’impazzata prima del folle gesto, musicalmente compiuto nell’ingresso di synth vagamente orientali al culmine del climax sinistro.
Wherever There Is Money There Is Unforgiveness è poi un’altra corsa arrembante tutta cassa dritta e sporcizia rumoristica, questa volta verso il successo, i soldi, e tutti quegli pseudo-valori calati sulla società dal capitalismo; Interrogation Mosaic mette per un attimo da parte le velleità da club per creare un pattern ambientale che trasuda l’insicurezza, l’instabilità, lo smarrimento, presumibilmente dell’uomo nel presente.
More of the Same è semplicemente la traccia techno dell’anno, con le percussioni così come devono essere, con il basso che crea una coltre fumosa di fondo su cui si accende un arpeggio tanto inaspettato quanto irresistibile.

Ciò che funziona maggiormente di questo Media in the Service of Terror è la convivenza di una analisi critica della società e un violento quanto godibile risvolto delle composizioni sul dancefloor. A evidenziare la vena club-oriented più spinta di questo Vatican Shadow ci pensano poi i due remix finali (anche se al loro posto sarebbe stato più apprezzabile almeno un altro pezzo originale), Take Vows (The Inevitable Bitterness of Life) e More of the Same (Tunisia), rivisitazioni delle omonime tracce ma con un accento più marcato sui pattern percussivi e una struttura più immediatamente fruibile.

Proprio come i mass-media che tanto critica, Vatican Shadow maschera la sua analisi sociale da techno, la sua visione dal mondo da industrial e viceversa, rimescolando le carte in tavola infinite volte tanto da non capire più quale sia la causa e quale la conseguenza della sua arte. Ciò che conta è che Fernow prova a portare la consapevolezza in pista, l’impegno nel club (per quanto ossimorico possa suonare), vestendolo con i migliori abiti che un disco del genere possa desiderare.

Tracce consigliate: More of the Same, Take Vows