Diverse opinioni riguardanti il percorso intrapreso da Tyler, The Creator son venute a galla durante quest’ultimo periodo. L’ultimo disco, Cherry Bomb, è stato il muro che ha diviso le due classi di pensiero formate rispettivamente da coloro che più apprezzavano la parte sentimentale e dai rimandi funk (e quindi hanno apprezzato il terzo capitolo della saga) e coloro invece legati all’aggressività di Goblin e il periodo Odd Future, i quali hanno quindi storto il naso una volta uscito Cherry Bomb.

Praticamente qualunque fan si sarà trovato più di una volta a discutere sul genere intrapreso nel penultimo disco del rapper americano. Molti lo definivano un lavoro mal riuscito perché non tipicamente “Tyleriano” (ndr. questo aggettivo è in realtà una citazione tratta da una discussione. Caro lettore, mai userei tale parola in casi come questo). Altri pensavano che il cantante si fosse messo a giocare a fare il Pharrell, avendo, in un certo senso, anche ragione, dal momento che questo è stato grande fonte d’ispirazione per l’artista. E, infine, alcuni ne hanno venerato le doti da produttore in quest’ultimo disco, sottolineando l’autenticità del prodotto. Ciò che però vien messo in secondo piano quando si parla di Tyler, The Creator, è come questo abbia creato un percorso musicale che decisamente giustifica il proprio suono. Gli esordi con Goblin e il mixtape BASTARD hanno creato il personaggio del ragazzo dalla lingua serpentina, inviperito e continuamente volgare, la cui acerbità musicale segnava solo di più il personaggio con il suo fare crudo. WOLF, invece, ha segnato il cambiamento e, forse per questo motivo, diventa il disco più apprezzato da tutti. Dosando nel giusto modo sfoghi e sentimentalismo, rimandi ai N.E.R.D., featuring con grandi artisti (appunto Pharrell, Erykah Badu, Earl Sweatshirt, Frank Ocean), l’artista è arrivato ad un convoglio perfetto tra la dolcezza del funk e il rap esageratamente cupo. Arriva Cherry Bomb durante il quale è avvenuto il cambio e Tyler decide di cimentarsi nella produzione, prendendo una via più serena se non per i primi brani d’eccezione (DEATHCAMP, BUFFALO, PILOT RUN) che comunque non riescono ad essere comparati con i primi sfoghi artistici.

Arriva infine Flower Boy e con questo la svolta. Non si parla più di cambiamento di sonorità, stavolta a cambiare è il personaggio stesso. Tyler Okonma si presenta e non ha più l’aria di voler tanto svagarsi. Dopo l’uscita dei singoli Who Dat Boy 911/ Mr. Lonely, ci si aspettava un disco che riprendesse WOLF. Il primo, con l’aiuto di A$AP Rocky, ha ri-acquisito molto la violenza quasi perduta, e diventa uno dei pochi brani veramente aggressivi del disco. Il secondo, con Frank Ocean, si allontana invece da quei suoni e, grazie al suo groove definito, rimanda direttamente ad un’ascesa funk che devia poi verso l’isterismo delle rime solite di Tyler, autodefinendosi Mr. Lonely.
Come può quindi sembrare, il lavoro si divide equamente come nel secondo WOLF e si prospetta un album che finalmente possa riunire le due tipologie di fan del Creatore. Come già detto, però, una volta che si ascolta l’album per intero l’aspetto di quest’ultimo lavoro cambia.
La durata del disco è impercettibile dal momento che i brani si susseguono con un enorme facilità, esplodendo da momenti di quiete assoluta a sfiati che parrebbero ricercati da tempo. Infatti il primo ascolto pare tanto come se l’artista vomitasse sfoghi su sfoghi, in continuazione, senza trovare propriamente il tempo di fermarsi. Vengono raccontate le sue paure legate alla fama, il pensare di essere diventato famoso così giovane e di come fosse la vita prima che tutto ciò accadesse, le insicurezze legate al rapporto con il genitore che,  persino ad anni di distanza, saltano alla testa.  Il modo in cui drasticamente viene presentato tutto ciò suona spesso assurdo. Tyler pone problemi di un certo peso come il non essere compreso da molti oppure l’omosessualità non accettata e neanche voluta comprendere da chi ti sta vicino, e li presenta sotto un fare molto sereno, con una musicalità r’n’b ma spinta verso una romanticità e ritmo vicino a Erykah Badu. Sottofondo in alcune tracce è infatti il rombo di una macchina, come se il disco fosse presentato durante un road trip, tanto amato dall’artista e già dichiarato essere uno dei momenti di stacco e serenità preferiti da questo (basti ascoltare 2 Seater da Cherry Bomb o la stessa Pothole con Jaden Smith in Flower Boy). Si sa infatti come il cantante ami inserire all’interno del proprio disco rumori e suoni che legano i brani ad un momento speciale, come se un viaggio in macchina per tutta Okaga, con tanto di finestrini abbassati e il sole che entra forte dal tettuccio aperto (sempre 2 Seater) alleggerissero tutti i problemi sopra elencati e dessero la possibilità di parlare di tutti i problemi possibili senza alcun impegno. Così allo stesso modo è la chiamata rifiutata che si sente alla fine di November e in Glitter. Un probabile modo di raccontare come sia così impossibile aprirsi con la persona che si ama e quanto sia difficile farsi capire, la paura del parlare chiaro e nascondersi a causa di questa (Garden Shed allo stesso modo) cercare di esprimersi con due canzoni e non riuscire a farsi sentire una volta che finalmente ci si dichiara.

È ora impossibile non parlare di November. Questo si auto-dichiara probabilmente come uno dei migliori brani mai scritti dall’artista. Forse tra i più carichi di sentimento, fuori da ogni tipo di violenza. Vengono raccontate le paure legate all’abbandono e la voglia di ritornare a quei giorni di Novembre migliori, senza problemi. Ognuno ha quindi il suo Novembre e l’artista cerca di allontanarsi dai ricorrenti problemi, ad inizio brano più a sfondo materiale, verso la fine raggiungendo la propria personalità. Il tutto si fa sempre più sincero, il solo pensiero del proprio Novembre diventa così profondo che ci si ritrova in un altro mondo, tanto da mandarci quasi fuori strada durante il nostro viaggio. Tutti iniziano a parlare del proprio Novembre. I giorni della Odd Future quando andavamo a skaetare per tutto il giorno, ogni domenica. Suonare con Lil Wayne. Quando ho iniziato a lavorare al mio primo film oppure quando mi hanno regalato quell’album di Getz e Gilberto. Quando vidi Erykah Badu o quando mio fratello mi portò al mio primo concerto.

I tempi son cambiati per l’artista e un certo senso di maturità si fa sentire. Oltre November, Boredom riesce a spiegare come non ci sia più tempo per fare ciò che era usuale prima. Rex Orange County e Anna of the North seguono le parole del cantante che non trova più il tempo per pensare a se stesso. Soffre male, poco. Non si diverte. Non ha una bella sofferenza. E racconta di come la fama lo stia in realtà trascinando via dalla vita di tutti i giorni alla quale era sempre abituato.
In tutto ciò la produzione cura tutto nei minimi dettagli.  Questi ultimi brani scritti si allontanano molto dai primi della carriera in quanto a pienezza dei suoni. Basta volgere orecchio solo un minimo di più dopo ogni ascolto che si percepiranno sempre più suoni, distribuiti equamente. Si vede come l’artista fosse sempre stato attratto dall’hip hop vecchia scuola dei Fugees, le voci femminili soul, come il suo braccio destro ormai da tempoKali Uchis, presente in See You Again e presa ormai sotto la sua ala e cresciuta in questi ultimi anni. Hanno contribuito poi i già citati N.E.R.D. e le amicizie con Domo Genesis Frank Ocean a dare un senso di completezza al suondo di questo disco.
Il modo più reale e semplice in cui il cantante ha cercato di spiegarsi, ha, al contrario, dato vita ad un lavoro non poco complesso in quanto battitore di tutti quei problemi prima rintanati e impossibili da scorciare. Alla fine, di Flower Boy non rimane che un prodotto vero, musicalmente reale e basato su una sorta di noncuranza verso i propri problemi che spiega ancor meglio chi realmente sia Tyler, The Creator.