Ci sono una giapponese abbastanza figa ma non troppo, uno svedese simile a Russell Crowe, ma come se avesse fatto un figlio con Cristopher Owens e un mafioso russo, e un londinese mezzo giamaicano, che si vergogna a mostrare il proprio viso e indossa sempre una maschera di un coniglio. Un casino allucinante. Questi sono, nell’ordine, Narumi, Lèo e Maik. Notate bene, Maik potrebbe non esistere.

Questi sono i Tristesse Contemporaine, trio/gruppo/band/collettivo di nazionalità indefinibile, ma formatosi e cresciuto in quel di Parigi. Tutti i tre componenti vengono da esperienze musicali precedenti, anche molto diverse tra loro. Basti pensare che la giapponesina Narumi, a Tokyo, era la frontman di una girl punk band, adorava i Cure, Godard e La Nouvelle Vague ( secondo me aveva un po’ la puzza sotto al naso ); mentre Maik, il tizio che potrebbe non esistere, era ed è un amante dell’hip hop e ha come mito assoluto Leonard Cohen: dopo aver scoperto questo artista, il coniglio londinese mezzo giamaicano si è convinto fosse arrivata l’ora di scrivere dei testi. L’ultimo dei tre, Lèo pare preferisse l’hockey su ghiaccio e i cheeseburgers con due cetrioli. Pensate, non solo non chiede al tizio del Mc di toglierlo, ne fa aggiungere anche un altro. Maledette rockstar ribelli.
Niente, non divaghiamo. Tristesse Contemporaine è anche il nome del loro primo album, contenente pezzi già visti e sentiti nel loro Ep 51 ways to leave your lover.
Devo dire, in tutta onestà, che sto parlando dell’album che più mi è piaciuto, tra tutti quelli di cui ho parlato da inizio anno a questa parte. Otto tracce ( più due bonus praticamente identiche che non ci interessano), tutte costruite e tirate su alla perfezione. Suoni cupi, distorti, linee di basso in stile Joy Division, synth spremuti a dovere, atmosfere dark. Cure, Talking Heads, Ultravox, newwavepostpunk tutta quella roba lì la ritroviamo frullata e rimodellata a piacimento di ‘sti tre tipetti simpatici, con qualche eco shoegaze e krautrock. Diciamo che una notte i Neu! si son scopati i Nouvelle Vague mentre leggevano poesie francesi e testi struggenti, ed è venuto fuori questo disco, ecco.
Dovete assolutamente ascoltare I didn’t know, Hell is other people ed Empty Hearts. Fatelo, darà un senso alla vostra giornata. Ma sul serio, eh, mica fregnacce. Ah, anche In the wake.
È un disco che merita davvero, siete veramente stronzi se ve lo fate sfuggire.