L’unico elemento che divide il primo album dei Last Shadow Puppets (da qui TLSP) dal secondo non sono 8 anni bensì la trasformazione che ha portato Alex Turner da teenager sfigato con l’acne a una delle più grandi rockstar dei giorni nostri.
Se nel 2008 la voglia di sperimentare musica che potesse andare oltre i limiti dell’indie-rock e la sfacciataggine post-teen portarono i TLSP a sfornare un ottimo LP oggi la troppa sicurezza e la smisurata superbia dimostrata hanno un po’ distrutto quello che poteva uscire di buono dal progetto TLSP.
Sì, perché alla fine non è bastato avere James Ford (Klaxons, Foals, Arctic Monkeys, Florence + The Machine, HAIM) in produzione, gli arrangiamenti di Owen Pallet, un orchestra di 29 strumenti, Matt Helders (Arctic Monkeys) come voce di coro, Zach Dawes (Mini Mansion) al basso e chissà chi altro ha messo mano a in questo progetto.

Aviation in apertura e Bad Habits fanno a gara a chi somiglia maggiormente a un brano del primo album: la prima ci riesce bene con le sviolinate di Standing Next To Me, la seconda, invece, trionfa trasformandosi in una pessima copia di Black Plant. Singoli di lancio quindi già bruciati, ma furbamente usati per questo scopo in modo da pubblicizzare bene il disco prima dell’uscita. Qua e là poi troviamo pezzi mediocri come She Does The Wood, Pattern, Dracula Teeth e la title track che hanno ben poco da dire e sono un po’ il fulcro noioso del disco attorno a cui ruota tutto il resto. Canzoni che alle fine risultano essere un minestrone di tutti i lavori di Turner dal 2008 in poi: il primo disco dei TLSP, i 3 album con gli Arctic Monkeys, l’ep solista Submarine e la recente collaborazione con i Mini Mansions.

Il resto, appunto, è l’unica parte degna di nota: Miracle Aligner, Sweet Dreams, TN e The Dream Synopsis fanno una bella figura finendo per sembrare ottime canzoni. Che poi escludendo le prima forse abbiamo davanti davvero due brani di altissimo calibro. Il primo (Sweet Dreams, TN) è una smielata poesia dedicata a Taylor Bagley (fidanzata di Turner ai tempi della stesura del testo) in cui Alex canta quanto questa donna gli abbia fatto perdere di nuovo la testa dopo tanto tempo definendola “the first day of spring” .
La seconda invece è ciò che ci si aspettava da Alex: pensate a Cornerstone, Suck It And See, Piledriver Waltz e soprattuto alla recente No. 1 Party Anthem. Ecco, siamo sullo stesso livello: Turner ripensa ai suoi Favourite Worst Nightmare di una decina di anni fa accorgendosi di essere cresciuto e di aver addirittura annoiato a cantare dei suoi sogni (“isn’t it boring when I talk about my dreams?“).

Cosa c’è che non va alla fine? Se si leggono i crediti delle canzoni si scopre che i tre brani sopracitati sono gli unici in cui Turner è autore unico, senza la piattola addosso. Ah, ecco c’è pure Miles Kane in questo disco: una comparsa di bassissima qualità che dimostra di essere un mezzo buono a nulla (vedi carriera coi The Rascals).
Il grosso rimpianto è quello, alla fine, di aver aspettato 8 anni un disco che se fosse stato scritto da una persona sola (magari anche di durata dimezzata come EP) avrebbe avuto sicuramente tutt’altro sapore.

Traccia consigliata: The Dream Synopsis