L’unico privilegio di arrivare in ritardo a recensire questo disco è il poterlo inserire nel contesto di questa nuova direzione artistica intrapresa dai Knife, emersa definitivamente tra lo sdegno quasi totale durante i loro live (questione affrontata anche da noi). Liquidando il discorso live in poche parole: è inutile che fate le grandi menti fingendo di capire l’arte concettuale dei Knife, tanto l’arte concettuale di chiunque non è capita da nessuno. Di sicuro bisogna però prenderla con filosofia (a me vien facile perché io dal vivo non li ho visti) e mettersi il cuore in pace sul fatto che essenzialmente ai Knife interessa provocare come dei maledetti, basta fare 2+2 e mettere in fila i loro “live” con il fatto che nel cuore dell’ultimo loro album (di 96 minuti) ci siano una ventina di minuti di totale nulla (si parla ovviamente dell’immotivatamente chilometrica Old Dreams Waiting To Be Realized). A parte provocare, ai Knife piace palesemente tirarsela un casino e ci possono pure andare scialli col tirarsela perché, volenti o nolenti, Shaking The Habitual è l’ennesimo album della madonna di casa Dreijer.

In esso regna una sperimentazione sonora ancora più estremizzata rispetto al passato, tra suoni (non solo sintetici) esoterici e percussioni (non solo sintetiche) tribali, in un angoscioso e opprimente crescendo che pare soffocare le melodie e sicuramente strania l’ascoltatore rendendogli ostico l’ascolto. Superata la diffidenza però immergersi in questo magma sonoro diventa spontaneo e, anzi, piacevole, finché il minutaggio ormai non conta più e ci si dimentica pure di skippare Old Dreams Waiting To Be Realized.

Ci avevano già preparato con la scelta di Full Of Fire come primo singolo. Al primo ascolto era un globale WHAT-THE-FUCK, al secondo ascolto era già il singolo dell’anno, alla fine del terzo ascolto sembrava durare tre minuti invece che nove. E Full Of Fire non è l’unico momento di felice connubio della frenesia sperimentale e della schizofrenia sonica di Olof (che dominano incontrastate nell’album, diventandone uniche protagoniste per almeno metà – Networking, Fracking Fluid Injection) con la vena melodica maledetta di Karin (Raging Lung, Stay Out Here): quando capita sai di avere in mano uno dei gioiellini della musica contemporanea. Ma non spendete soldi per vederveli dal vivo!

Tracce consigliate: Full Of Fire, Raging Lung, Stay Out Here.