Sono ormai passate quasi 7 primavere dall’uscita di From Here We Go Sublime, album d’esordio che ha consacrato lo svedese Alex Willner nel panorama elettronico come una delle figure più interessanti e ispirate degli ultimi anni (ricordando Things Keep Falling Down, EP del 2005).

30 Settembre 2013, esce Cupid’s Head. Il quarto lavoro di The Field arriva due anni dopo l’ottimo Looping State Of Mind, il quale aveva dimostrato a tutti quanta profondità potesse nascondersi dietro una produzione loop-based, ma questa è un’altra storia. La magia che contraddistingue ogni lavoro di Alex e il suo percorso artistico è la capacità di evolversi rimanendo allo stesso tempo immobile, ancorato ad un’identità sempre riconoscibile e anno dopo anno più ricca di sfaccettature. Con Cupid’s Head ci spostiamo ancora una volta; ce lo sussurra sin da subito Alex cambiando per la prima volta l’artwork dell’album, che prende tinte più scure rispetto all’ormai familiare sfondo beige che contraddistingueva le precedenti release. Il percorso cominciato da Willner quasi 10 anni fa, ispirato ai lavori di uno dei “padrini” della minimal techno di Colonia, Wolfgang Voigt (co-fondatore di mamma Kompakt), si realizza in un’opera completa, profonda, curata nei minimi dettagli, che non concede il tempo di fermarsi neanche per un secondo, lasciandoci imbrigliati nel lento ma continuo divenire che richiama a gran voce la perfezione circolare di Sublime.

L’album si apre con They Won’t See Me, a sottolineare il motto dello svedese: “But for me it’s still all about the loop”. L’eterno ritorno dei girotondi di Alex Willner esplode nella testa, tra dilatazioni e progressioni sonore; una traccia che riporta immediatamente alla mente i primi lavori dell’artista svedese. Black Sea rappresenta uno dei momenti più neri del disco, facendo emergere prepotentemente il lato oscuro di Alex; l’anima minimal techno del pezzo, celata per i primi 7 minuti, esplode all’improvviso tra arpeggiatori e sibili in una corsa ansiosa e disperata alla ricerca di ossigeno. Con la title track Cupid’s Head la produzione torna su note più familiari: incastri veloci, sample sfuggenti, l’ossessione di Alex che diventa racconto. Gli ultimi tre brani di Cupid’s Head sono fortemente legati tra loro, quasi rappresentassero un racconto a parte, in cui The Field lascia andare la sua parte più emotiva, avvicinandosi spesso al confine con la paranoia. Arrivano A Guided Tour ed il suo interminabile senso di attesa e No. No…, un vero e proprio viaggio siderale accompagnato da un incalzante quanto ossessivo sample vocale, pericolosamente ipnotico. Possono bastare 20 secondi di affetto per innamorarsi ancora una volta della sfuggente magia celata nell’ultimo lavoro di The Field. Il divenire della conclusiva 20 Seconds Of Affection è qualcosa di difficilmente spiegabile a parole, bisogna viverlo, in religioso silenzio. Sicuramente tra i momenti più alti di Cupid’s Head, se non addirittura uno dei migliori nella produzione di Alex Willner.

Reccomended tracks: 20 Seconds of Affections, Cupid’s Head, No. No….