La morte, la droga, i fallimenti, l’amore, la redenzione. È dai tempi di Lazer Guided Melodies (1992) che Jason Pierce e la sua creatura, gli Spiritualized, cercano di venire a patti con le proprie ossessioni. Monotoni e ripetitivi, dicono i detrattori. Puri, profondi, epici e sentimentali, dicono i loro adepti. Resterà deluso chi si aspettava da quest’ultima fatica – una fatica in solitaria, visto che l’album è stato praticamente realizzato dal solo Pierce, a casa propria, con budget ridotto ai minimi termini e l’ausilio di un computer – una rivoluzione in termini di tematiche e/o arrangiamenti.

Questo perché J. Spaceman continua a fare quello che sa fare meglio: scrivere di sentimenti apocalittici (l’amore-non-amore descritto in quella sorta di ninna nanna lacerante che è A Perfect Miracle), galleggiare nel tempo e nello spazio (“Feel like I’m floating / And I’m laid out in time”, canta in Damaged) ed essere tutt’altro che risolto o rasserenato (“But if you want wasted, faded, uneducated / Doing the best that he can / I’m your man). Anche a livello musicale, la formula è quella a cui siamo stati (ben) abituati: un mix audace e barocco di drone-pop, psichedelia, gospel, armonie cristalline ed elementi orchestrali (non ricordo più il genio che una volta scrisse che “gli elementi orchestrali stanno agli Spiritualized come i tatuaggi stanno ai calciatori”).

Chi dice “già visto, già sentito” in effetti non sbaglia. And Nothing Hurt – che arriva a ben sei anni di distanza da Sweet Heart Sweet Light (2012) è l’ ennesimo scavo autobiografico che si fa musica, l’ennesimo album non categorizzabile e démodé che scioglie il tempo. And Nothing Hurt è un dono a cuore aperto per sognatori, inguaribili romantici dalla lacrima facile ed emotivi cosmici.

It is hardly fair to carp that this Spiritualized album engenders a sense of déjà vu; déjà vu is what they do.

Questo scriveva tempo fa il Guardian a proposito di Sweet Heart Sweet Light. Gli Spiritualized, e chi li segue da anni lo sa, lo incarnano, il déjà vu. Non dimentichiamoci che stiamo parlando di Jason Pierce, quello che con gli Spacemen 3 pubblicò un album (Dreamweapon) in cui per 45 minuti veniva suonata la stessa nota. Insomma, se avete amato gli Spiritualized fino ad oggi, non rimarrete delusi. Se siete invece tra quelli che “Ladies and Gentlemen è decisamente overrated” e “Pierce è un egomaniaco che scrive la stessa canzone da una vita”, allora tenetevene lontani, perché non cambierete idea neanche questa volta.

Oggi Pierce ha cinquantadue anni, si preoccupa anche di cose terrene come le multe (“Better slow down for the lights / There’s a cop up there who sits up all night”, canta nella Wilco-niana Here It Comes (The Road) Let’s Go) e non invoca più apertamente Dio per rispondere ai suoi dissidi interiori, ma la dimensione spirituale –il grande tabù del momento storico in cui viviamo – rimane una costante ed è più presente che mai. Il mio consiglio, insomma, è uno solo: ritagliatevi quarantotto minuti – più o meno la durata di una messa della domenica – e lasciate che And Nothing Hurt, con discrezione, vi offra (i soliti) momenti di trascurabile umanità e trasformi ancora una volta la vostra stanza in una piccola cattedrale.

Tracce consigliate: I’m Your Man, The Morning After