A differenza di Ghali, che per far uscire il disco ci ha impiegato diversi mesi, al Gionata più famoso d’Italia sono bastati solo 17 giorni tra l’annuncio e l’uscita del disco, prodotto in sordina – insieme al suo compagno di avventure Charlie Charles – riuscendo a non far trapelare alcun rumor sui lavori in corso.

Sfera arriva a questo disco dopo un buon sophomore che, a distanza di un anno e mezzo, si può definire uno dei capisaldi del movimento trap italiano, visto l’enorme successo tra il pubblico e il buon riscontro nella critica stampata e digitale. Sfera è cresciuto e la sua vita è cambiata totalmente in questi mesi e, come successo con l’omonimo album, ci tiene a raccontarci queste importanti cambiamenti.

Questa volta si parla esclusivamente di come ci si sente ad essere una vera rockstar, per cui gli argomenti diventano la troppa figa che stufa, la codeina che sballa, le canne che rilassano, i soldi che flexano, UberLUX che ti porta in giro e tutte le stesse cose che cantano tutti gli altri da sempre – che questi siano vere rockstar o bravi ragazzi nei brutti quartieri. Per cui si può facilmente capire che da Ciny al Bosco Verticale la strada è breve: cambiano le location, ma non le abitudini né tantomeno le barre.

Se Sfera Ebbasta (il disco) era qualcosa di sincero in cui il rapper raccontava come fosse arrivato ad essere qualcuno partendo dal nulla e da molta povertà (Started From The Bottom Now We Here cantava Drake 5 anni fa), Rockstar suona come l’ennesima inutile autoproclamazione uguale identica alle robe che propongono i vari Guè e Marra da una decina d’anni: stessi argomenti da sempre, solo che prima c’era “La Lambo, Montecarlo, posto caldo“, poi la tipa che “si fa la doccia con il Dom Perignon” e infine si ritorna alle Lamborghini direttamente con la nipote del fondatore del marchio in questione.

Musicalmente però Rockstar parte molto bene con la title-track che riesce a dare continuità al nuovo sound del milanese (il singolo Tran Tran riportava ossigeno dopo quell’immensa cagata di Dexter), seguita da Serpenti A Sonagli, dove Charlie Charles riprende i controcanti effettati degli scorsi lavori e Cupido (feat. Quavo) che, scusate lo spoiler, è già il punto più alto dell’album. Sì, perché c’è il giusto flow, le rime chiuse decentemente e quelle frasi che riescono a far canticchiare un po’ tutti (“Una tipa chic come te vuole un trap-boy come me“, già presente in 999999+ storie di Instagram).

Il resto del disco, tolta Tran Tran, è un mix di sonorità scadute (Ricchi x Sempre copia malissimo Figli Di Papà) e rime non chiuse che ti fanno quasi rimpiangere la Dark Polo Gang (“Fendi belt, una pila alta come un Big Mac pam, pam, pam, brrr”) – che poi un Big Mac non è manco poi così alto.

Sfera delude, perché sulla carta è uno dei pochi del giro capace di far qualcosa di decente (vedi la primissima parte del disco) e perché Charlie Charles, dopo l’ottimo lavoro con Ghali, sembra aver perso un po’ l’ispirazione sulle basi. Aspettiamo di vedere Sfera ripartire dal basso con un po’ più di umiltà e qualche argomento migliore, ma la vediamo dura, perché in 4 giorni il disco ha già superato i 5 milioni di play su Spotify, quindi figuriamoci dove volerà l’ego della Rockstar al prossimo giro.

Tracce consigliate: Cupido (feat. Quavo)