Dopo svariate collaborazioni di alto livello con i pilastri portanti musica black mainstream americana (vedi Drake, Kanye West e le sorelle Knowles) ed i primi due ep Sundanza e Dual, uno degli artisti più attesi e corteggiati della scena musicale internazionale è finalmente arrivato con il suo album di debutto, Process.
Sampha Sisay è cresciuto nella zona sud di Londra in una famiglia numerosa in cui si dava una grande importanza alla musica, dotato di un grande dono che risiede nel suo timbro di voce assolutamente unico e fantastico. Il ragazzo, nella relativamente breve esperienza di vita, ha già dovuto affrontare una serie di eventi traumatici devastanti culminati nella morte dei propri genitori, entrambi a causa di cancro. La copertina che lo ritrae con il volto ad occhi chiusi, tipica scelta spiritual degli artisti di colore soprattutto r’n’b, lascia presagire un certo carico di intensità già avvertita dagli stupendi singoli usciti nei mesi scorsi e che hanno caricato un hype gigantesco sulle spalle di questo timido cantante divenuto la nuova speranza della musica britannica.

La musica di Sampha non è circoscrivibile in un genere particolare. La sua voce cosi naturalmente soulful va a fondersi con una marea di altre influenze che vanno proprio dall’r’n’b all’elettronica fino ad arrivare ad alcune bizzarre derive di melodie lontane mediorientali. Molti critici hanno già accostato la potenza delicata della sua arte a quella del connazionale James Blake, ed a quella emotivamente carica di Frank Ocean (a cui ha prestato la voce nel progetto Endless); proprio con quest’ultimo sembra condividere una certa tendenza al perfezionismo data la lunga gestazione delle ultime release di entrambi gli artisti.

C’è però una grande differenza. Se da una parte Blond sembra curatissimo sotto molto aspetti ma molto altalenante e difficile da seguire nei suoi continui cambi di mood, Process risulta essere anch’esso un lavoro meticolosamente curato in ogni singolo suono ma estremamente più compatto ed equilibrato.
L’accettazione del dolore ed il ritrovarsi con sé stessi e nelle relazioni prendono diverse sfumature e spazi nel corso dei dieci pezzi, che se ad un primo impatto appaiono molto diretti ci si accorgerà presto come necessitino di numerosi ascolti per essere compresi a pieno.

L’apertura con Plastic 100°C è clamorosamente azzeccata, in una atmosfera straniante e onirica à la Mulholland Drive in cui tutte le paure e le emozioni di Sampha prendono voce con urgenza, senza troppi fronzoli. Avevamo già apprezzato una versione più spoglia mesi fa molto godibile, ma con questo complesso arrangiamento il risultato è ancora migliore. Il sogno prende cosi più forma con Blood On Me, il singolone nonché il momento più marcatamente r’n’b, in cui il peso delle aspettative a volte tende ad essere asfissiante (potete trovare qui un’esaustiva spiegazione del testo): anche questa traccia è di altissimo livello, orecchiabile e coinvolgente.
La movimentata ed orientaleggiante Kora Sings ci conduce ad uno dei momenti chiave e più toccanti di Process. No One Knows Me (Like The Piano) è un gioiello di rara fattura, una dolce e semplice ballata in cui i ricordi d’infanzia si intrecciano con il terribile dolore per la scomparsa della madre: questa è la canzone che porterà avanti il suo spirito, ed allo stesso tempo un omaggio allo strumento che lo ha sempre aiutato a stare meglio in momenti cosi difficili. Come fare a non rimanere colpiti da un pezzo del genere?
Anche le complicazioni nelle relazioni sentimentali prendono molto spazio nel lavoro: il convincente mantra vocale di Under dove le ossessioni cercano di prendere il sopravvento e la scarica di Reverse Faults in cui sensi di colpa scatenano una rabbia incontrollabile si inchinano a Timmy’s Prayer, ovvero la summa di tutte queste tematiche in un’unica traccia strabiliante. Scritta con l’aiuto di Mr. West, Timmy’s Prayer è un poema sulla tematica dell’amore e sulle ferite recate dalla fine di una relazione, raccontato su di una melodia ipnotica ed articolata che rende il tutto magico.

What Shouldn’t I Be? è la chiusura delineata dallo smarrimento riguardo le proprie motivazioni e il riscoprire le forze con cui andare avanti. D’altronde, Process risulta così essere il disco che Sampha aveva bisogno di scrivere e produrre per ritrovare sé stesso, l’espiazione del dolore ed il prepararsi ad una nuova fase della propria vita in maniera più consapevole.
L’album di esordio di Sampha si rivela quindi un lavoro riuscitissimo sotto molteplici punti di vista, che trova alcune pecche solamente in piccoli cali del songwriting ed una maniacale cura dei particolari che ha forse inficiato la naturalezza delle tracce. Ma sono solo piccolezze davanti ad un talento di questo calibro che ha già messo delle basi eccelse per una carriera entusiasmante.
Un disco da ascoltare più volte per essere metabolizzato a dovere, scritto da un ragazzo timido e semplice la cui missione principale è trasmetterci le proprie emozioni attraverso ottima musica.

Tracce consigliate: No One Knows Me (Like The Piano), Timmy’s Prayer, Blood On Me