Se c’è una cosa più strana del successo improvviso e inaspettato che ebbe cinque anni fa The Island Chiansaw Massacre, un album diretto, in totale discontinuità con la scena del tempo, fatto da un tipo che aveva alle spalle perlopiù degli album crossover e una discreta quantità di anni di gavetta, è in quanto tempo si sia esaurita la ventata di novità mentre si imponeva l’immagine di “artista alternativo” di Salmo. Nel frattempo la Machete, etichetta indipendente fondata da Salmo e soci, diventa una delle realtà italiane più solide per qualità e produzione riuscendo a ricavarsi una nicchia sempre più grossa all’interno del mercato, è qualcosa di cui c’era evidentemente bisogno.
Nel mondo editoriale (dai libri alle testate giornalistiche di ogni tipo) esiste da sempre il problema di bilianciare i contenuti e le vendite (più recentemente le visite), un ottimo che permetta insomma di avere un ricavo, anche solo in notorietà, e una produzione di contenuti quantomeno decenti. Più semplicemente: se si vuole pubblicare l’ultimo libro di quello scrittore ungherese bravissimo che probabilmente venderà cento copie bisogna pubblicare anche Dan Brown.
Ecco, sembra che la dinamica in questo caso sia la stessa. Dietro la figura di artista impegnato di Salmo c’è davvero qualcosa, ma solo se si guarda oltre i suoi dischi, sono due meriti diversi. Tutto questo discorso per dire che no, questo album non è come l’ultimo di quello lì o di quell’altro là, ma non ha neanche grossi meriti. Suona bene? Sì. Salmo ha una buona attitudine al microfono? Certo. Finita qui.
Perché non è tanto il fatto che i pezzi non abbiano un argomento (o un senso) nel complesso, cosa di cui ormai il rap ha imparato a fare a meno con una certa fierezza (non che Sxm o Fastidio avessero delle tematiche), è il senso delle frasi stesse che viene meno, proviamo a capirci:
“Ti guardo ed è già Halloween, non è che hai un Aulin? Lo vedi ho preso il volo come un fottuto monaco shaolin”
“Potrei fare come Steve Aoki, spingo play al cdj e spengo il corpo, Stephen Hawking
“Puoi fare sing sing mentre faccio sì sì, poi sparisci come sim sala bim”
“Quando parti non tornare coi Marò Five”
“Prendi lo sciroppo contro il Qatar”
“Bella la vita, sì ma in quale stato? Substrato, frustrato, frustato, ti chiedi che è successo e cos’è stato, Elvis è tornato”

Alla fine di tutto questo un dialogo surreale e divertentissimo con un improbabile agente che prova a convincere Salmo a fare cose più vendibili e commerciali, ma il nostro è troppo più furbo e artista per certe cose, per cui l’album finisce con “Ce l’ho grande” e “Amore, sento un po’ di odore”.
Non era necessario.

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