Le bende su quelle mani da zombie sono aumentate rispetto al precedente Run The Jewels e da esse sgorga del sangue, colpa delle botte date a destra e a manca; lo sfondo della cover art è poi il rosso da intendersi come il colore della passione, colore della violenza. La catena d’oro è più spessa e pesante, merito del successo, della voglia di puntare sempre più in alto e di osare. Il gesto è quello che ormai tutti conosciamo. El-P e Killer Mike aka Run The Jewels sono tornati (sempre in free download), più potenti e prepotenti di prima, facendo impallidire, di nuovo, due terzi se non di più della scena hiphop odierna.

La cifra artistica di base del progetto si evolve sicuramente ma non si discosta in maniera drastica dal passato: le radici su cui le tracce si costruiscono affondano chiaramente nei trascorsi di Jamie e Mike, il primo di Brooklyn, il secondo di Atlanta. Le basi si fanno però più oscure, dark, metropolitane. I kick sono veri e propri pugni dritti al plesso solare, il resto delle percussioni rimbalza da un orecchio all’altro disorientando, come in mezzo ad una rissa selvaggia. I bassi martellano, pulsano dentro, e un comparto di strumenti suonati, chitarre in primis, aggiunge l’elemento decisivo a una ricerca musicale attentissima. Ogni secondo che scorre non lascia mai nulla al caso, è tutto studiato, è tutto al suo posto, tutto perfetto, tutto orchestrato da quel genio del male che è El Producto.
Mike ha recentemente dichiarato di aver trovato nella figura di Jamie non solo una spalla musicale che di meglio non si potrebbe desiderarne, non solo un gran compare di merende, ma il fratello che non ha mai avuto.
Questo feeling si trasmette sulle tracce, e non potrebbe essere altrimenti. I due si divertono, non si rubano mai spazio, il livello delle rime e il flow viaggiano sempre di pari passo, in sintonia, e il risultato finale è sorprendente, oggi più che mai.
Jeopardy apre le danze e suona già come un KO tecnico. I due vogliono ribadire al mondo di essere i migliori, nessuno può reggere il confronto con i Run The Jewels: “I live for the thrill of the kill, yes it excites me/You know your favorite rapper ain’t shit and me, I might be/The closest representation of God you might see” e “When nothing to lose a step up then everything’s for the win/So we grin in the face of frauds and tell monsters to suck our dicks/I live to spit on your grave, my existence is to disgrace you/The kitten became a lion that look at your face like great food”.
Per quanto mi riguarda il disco potrebbe anche chiudersi qui, dopo 3 minuti.
E invece va avanti, e come va avanti. Ogni traccia è una manata in pieno viso, una scarica di pallettoni nel petto. Si passa da temi più futili come quanto sia figo fumare marijuana, passando per l’immancabile sesso con tutte le varie pussy e bitches del caso (Love Again feat. Gangsta Boo), sino ad arrivare, passando per citazioni mai banali, ad argomenti più impegnati come criminalità da gang con la pistola sempre carica e il dito perennemente sul grilletto, rivolte contro il potere, sino all’abuso di droghe pesanti, famiglie allo sfascio e l’immancabile critica sociale associata alle guerre. Esemplare per questo risvolto introspettivo è Crown (feat. Diane Coffee), probabilmente una delle tracce hiphip dell’anno. Close Your Eyes And Count To Fuck ha il merito di riesumare uno Zack De La Rocha in grandissimo spolvero e ancora voglioso di sollevare rivoluzioni e, personalmente, si ritorna col cuore indietro di qualche anno. I ritornelli di All My Life e Early (feat. BOOTS) fanno respirare a pieni polmoni, ma non troppo perché le cose da dire sono tantissime e sgorgano come oscuri fiumi in piena (Oh My Darling Don’t Cry).
Lie, Cheat, Steal è assurda, da sospensioni idrauliche e sfacciata strafottenza, così come fulminee e travolgenti sono Blockbuster Night Part 1 e All Due Respect (feat. Travis Barker).
Non può mancare infine la classica, ennesima, fantastica autocelebrazione in dura e pura tradizione hiphop (Angel Duster).

Ciò che colpisce, però, innanzitutto, prima ancora del talento e della qualità sonora, è l’attitudine, il modo di porsi dei Run The Jewels. Eloquente è stata la presa di posizione del duo nei confronti della pluri-incriminata strofa di Control scritta e cantata da Kendrick Lamar, quella in cui K-Dot spala merda su più o meno tutti tranne se stesso, Andre 3000, Jay-Z, Eminem e Nas. Tutti indignati, presumo che Drake abbia anche telefonato alla mamma piangendo. La reazione di El-P e Killer Mike è stata più o meno questa: “È una strofa pazzesca, Kendrick è un rapper pazzesco. Cazzo, siamo rinati. È hiphop, è bello sapere che in giro c’è ancora qualcuno che sa farlo”. Ma anche voi non siete da meno, tranquilli.
“The passion of Pac, the depth of Nas”. Se lo dicono loro stessi. Noi non possiamo far altro se non convenire che El-P e Killer Mike siano finalmente e giustamente arrivati alla notorietà che da molto tempo spettava loro. Talento, cattiveria, sfacciataggine, intelligenza.
C’è solo da portare infinito rispetto per due geni immensi dell’hiphop contemporaneo.

Tracce consigliate: Crown (feat. Diane Coffee), Jeopardy, Angel Duster.