Ne sono passati di anni da quel pomeriggio caraibico, meriggiando al canticchiar di Di di di di da da dey: una decade circa, per noi come per Robyn Rihanna Fenty. Da quel dì sulla cresta dell’onda a suon di hits e collaborazioni, il tempo ne ha maturato prima e consolidato poi quell’immagine di bad girl appartenente ormai all’immaginario collettivo. Rihanna sforna a raffica un album dopo l’altro, ben otto, fino al 2012, anno del famigerato Unapologetic, per poi ritirarsi per quattro lunghi anni in una gabbia dorata discografica, ed evaderne finalmente con il suo ultimo lavoro: ANTI, alimentato da quattro anni di severi dosaggi di marijuana a bordo di yacht sbarcati su Instagram.

Sembrava il preludio ad un album del tutto votato alla vida loca, ed in effetti la opening Consideration non sembra tradire le attese: una dichiarazione di indipendenza dai rimi caraibici. Ma poi l’atmosfera si fa via via più intima e soffusa fino a diventare romantica già alla terza traccia Kiss me Better, voluttuosa e squisitamente retro-pop. C’è spazio anche per seducenti ballate western, come Desperado, o omaggi a quella magnifica chiusura di Currents dei Tame Impala che è New Person, Same Old Mistakes, reinterpretata in atmosfere ancor più velate. Guai a far gli schizzinosi. L’intero album sembra non riservare hits che possano spopolare per radio (eccezion fatta per Work, nata dalla sempreverde collaborazione con Drake), ed è qui che badgalriri consolida la sua posizione sul trono dello star system, ancor prima che di quello musicale. Rihanna non ha più bisogno di ritornelli da dance floor per far scalpore, e basta dare una semplice occhiata alla sua pagina Wikipedia per scoprirne il perché: “Discografia – Cinema – Televisione – Documentari – Doppiatrice – Colonne sonore – Profumi”. Riri è ovunque: è con Drake, è con Kanye e Paul, è con Di Caprio (?), è sulle passerelle, alle partite NBA, parrebbe non frequentare solo noi.

Ma stavolta in ANTI porta solo se stessa. Traccia dopo traccia l’album fugge sempre più lontano dai paparazzi e ci conduce per mano sempre più vicino a quello che non ci è mostrato, sorretti da melodie accomodanti e parole vulnerabili ma potenti, che talvolta sfociano a magnifiche altitudini. Higher è probabilmente il singolo più rappresentativo dell’album, è qui che Robyn, e non più Rihanna, ci mostra la sua potente e totale emotività. Queste fondamenta reggono un album intero, che senza dar sfoggio né di velleità artistiche né tantomeno di chiassosi ritornelli, risulta un prodotto interamente godibile e sincero. E tanto basta.

Tracce consigliate: Consideration, Higher.