La psichedelia si è evoluta nei decenni come un ottovolante in vorticosa caduta verso l’infinito: dagli albori folk e acid, passando per post-punk, alternative americano e rave music. In questi tempi di retromania, dunque, non stupiamoci di anacronismi, di re-revival e di next-big-thing che si comportano come cover band. I Quilt si incastrano in un sistema ben oliato, con buona personalità e tante citazioni e riferimenti a quegli incredibili anni sessanta di cui tutti noi abbiamo sentito solo parlare.

Plaza non si discosta molto dal suo predecessore Held In Splendor e resta ancorato alla Summer of Love, tra chitarre che ricordano sitar, organetti ed archi variegati. Psychedelic-pop alla maniera di Byrds e Jefferson Airplane, ma capaci di tuffarsi nelle sonorità Beatles-iane di Rubber Soul o di Pet Sounds dei Beach Boys. Nei pezzi O’Connor’s Barn e Hissing My Plea si possono trovare le similitudini con le band psych/freak folk di questo decennio quali: Woods, White Fence e Jacco Gardner, in maniera minore Wand e Tame Impala. La conclusiva Own Ways si apre a coralità ispirate ai Simon & Garfunkel con melodie che possono ricordare certo prog-folk-pop quali Strawbs e Barclay James Harvest, liberandosi in un finale rumoroso, come se un certo noise fosse una nuova via da percorrere.

Come dicevamo, la personalità c’è ma non basta per elevare il gruppo rispetto alla media, perché troppo spesso i Quilt sembrano limitarsi al lavoretto, seppur d’ottima fattura. Il tempo è quasi scaduto e ripetere le solite costanti ormai non basta più.

Tracce consigliate: Own Ways, Hissing My Plea