Lo confesso sin da subito: mi sono innamorato dei Pinegrove. E non si tratta di un amore passeggero, tutt’altro.

Deluso – o quasi – dalle recenti uscite discografiche, di recente mi sono per caso imbattuto nel sophomore dei Pinegrove. Non ricordavo neppure chi fossero; non sono neanche certo di sapere chi fossero prima del 12 febbraio, data di uscita di Cardinal. Ho dovuto sfruttare il potere di Google per rinfrescarmi la memoria, lo ammetto. Questi giovani del New Jersey, qualche manciata di anni fa (nel 2012), pubblicavano il loro debut auto-prodotto Meridian.

Dando una rapidissima occhiata alle tracklist e ai titoli dei due album in questione, subito balzano all’occhio alcuni dettagli. Innanzitutto l’immediato collegamento dei titoli dei due dischi. Meridian e Cardinal, anche per chi come me ci capisce ben poco di geografia astronomica, appaiono subito correlati. Con questa scelta probabilmente la band, a distanza di 4 lunghi anni, ha voluto dimostrare un certo spirito di continuità, almeno nell’idea e nelle intenzioni che si celano dietro la produzione di quest’ultimo disco. E diciamolo da subito, tra Meridian e Cardinal c’è un abisso, un abisso estremamente profondo.

L’approdo all’ambitissimo roster della Run For Cover, esalta l’immediata maturazione – si può parlare di maturazione dopo 4 anni di inattività e un solo disco all’attivo? – di Evan Hall e soci che, in tutti questi anni, di rilevante hanno proposto la sola rimasterizzazione di Problems sotto Topshelf (che al pari della Run For Cover è attualmente da considerare la label regina in ambito alt-rock/emo) e la compilation datata 2015 Everything So Far (proprio sotto Run For Cover) in cui, tra l’altro, figurano due canzoni presenti nel nuovo album, ossia New Friends e Size of The Moon – ecco dove li avevo già sentiti!. In questo caso, le differenze tra le versioni proposte dai due album sono gigantesche. E sì, ovviamente ciò è reso possibile solo grazie allo squisito lavoro effettuato dalla Run For Cover, che ha trasformato i suoni grezzi e approssimativi in suoni sofisticati e curati. Per quanto riguarda le tracklist, invece, si nota da subito che in entrambi i casi la band si è “contenuta” nel numero di brani proposti: otto, in entrambi i casi. Non solo: a proposito di questo spirito di continuità, non è un caso che Cardinal si apra con Old Friends, una splendida, spensierata ballata con venature country (il banjo fa sempre il suo ottimo lavoro) ricca di sentimenti e introspettività (I should call my parents when I think of them/ Should tell my friends when I love them), di sonorità e intensità, e si chiuda con New Friends, appunto uno dei due brani presenti nella sopra citata compilation. Non è un caso perché, in tal modo, i Pinegrove chiudono non solo un album, bensì un cerchio apertosi 4 anni fa, raccontando del passato e del presente, di vecchie e nuove storie di vita, di vecchi e nuovi amici.

La voce – prima sgargiante ed energica, poi soave e tagliente – unitamente ai testi estremamente sentimentalisti di Evan Hall sono poi un grosso punto di forza del progetto. Il tutto, mescolato alle vigorose chitarre che a più riprese esplodono durante l’ascolto con assoli e riff ammiccanti, contribuisce all’indiscutibile riuscita di questo disco, che si colloca al centro tra alternative country, pop rock ed emo revival.

Andando con ordine, dopo l’opening track Old Friends, troviamo la coppia Cadmium/Then Again. In entrambi i casi le chitarre sono l’ingrediente principale, ma con la grossa differenza che Then Again sovrasta la dolcezza e il romanticismo di Cadmium, dando vita a una brano pop-punk che ricorda quanto fatto nel recente passato da Moose BloodJeff Rosenstock o dagli stessi Modern Baseball.

Neanche dieci minuti di ascolto e già ci troviamo nel cuore dell’album, che ci propone una vera e propria gemma. Aphasia è forse uno dei brani più belli di quest’anno fino a questo momento. Un testo profondo e melanconico, la voce di Evan, penetrante e sofferente, unitamente a chitarre sexy e romantiche, generano quattro minuti e mezzo di autentica epicità. L’assolo, poi, è una vera e propria goduria per l’udito – dite la verità, anche a voi mancavano un po’ gli assoli. Aphasia è in effetti l’apice dell’album album, che da lì in poi non cala, semplicemente non riesce a raggiungere più i livelli di questo brano. Visiting è un brano ok, esplosivo e vivace; Waveform è una vittoriosa ballata lenta e romantica, che per certi versi ricorda vagamente, soprattutto nelle chitarre, le sonorità dei Money e dei primi Band of Horses. Arriva poi Size Of The Moon, uno dei due brani già presenti in Everything So Far: wow. Al pari di Aphasia è un brano dall’intensità unica. Esplosivo, violento, vittorioso. E come se non bastasse è prodotto magistralmente, con un outro di un minuto scarso fatto di banjo e distorsioni – come dire ”Hey, ecco cosa sono i Pinegrove!” – che filano via e lasciano spazio alla già citata closing track New Friends, anch’essa un freschissimo brano emo-revival, al pari di Cadmium.

I Pinegrove hanno il grandissimo merito di consegnare al pubblico un lavoro di ottima fattura, ricco di sentimentalismo ed emotività, con sonorità particolari e a tratti uniche. Cardinal ha però il solo limite di poter sembrare ripetitivo e monotono, riportando in (quasi) ogni singolo brano la stessa – anche se vincente – struttura sonora, le stesse chitarre. Non che la cosa mi dispiaccia, anzi. Cardinal è un disco adoro, ma consapevolmente riconosco non essere un capolavoro, ma solo un ottimo album, che verrà presumibilmente divorato solo da chi, proprio come me, segue con passione il lavoro delle etichette alt-rock.

E adesso andate e innamoratevi anche voi dei Pinegrove. Vi assicuro che il vostro amore verrà ricambiato.

Tracce Consigliate: Aphasia, Size Of The Moon