Ma, senti, se sono un pelo triste e ascolto i Picastro, cosa mi succede?
Spero tu stia scherzando. Non farlo. Non farlo mai, mi hai capito bene? Sei triste? Perché? La tua famiglia non ti basta? Parlaci dei tuoi problemi e vedrai che risolveremo tutto.
Ma, papà, volevo solo sapere cosa mi succede se
Vuoi davvero saperlo? Lo vuoi sapere? …
Il diavolo ti vedrà e sarai gettato con una forza immane dentro la botola del non tempo, una cavità convessa larga quaranta centimetri per trenta, dalla quale dovrai strisciare per uscire, ma non sarà facile, perché cavalieri azzurri lerci d’oro diamante ti punzecchieranno l’ano con l’ascia gialla della misericordia, una volta a testa finche non perderai il conto. Il sudore freddo causato dal punzecchiamento ti darà modo di uscire dal cunicolo sopracitato di strette vedute, ma il sollievo durerà poco, almeno fin quando ti renderai conto di essere entrato nel grande monastero della strato sfera temporale medioevale del grande maestro zen mediale Nedstalker, il quale ti costringerà all’ascolto forzato dei Picastro per venti giorni consecutivi il lunedì di pasqua seduto su un amaca lercia di letame legno e cavallo dondolante sei o seimila volte al minuto l’ascia della vergogna. E non è tutto, se riuscirai nell’intento, il grande maestro zen mediale Nedstalker ti premierà con una medaglia d’oro d’argento legno cucito, che perderai, per forza di cose, durante il ritorno a casa.

CAPITOLO: Neomedievalismi sognanti, a Toronto, Canada.
I Picastro sono una band dei giorni nostri, canadesi d’origine, e amanti di una serie di cose che si possono sintetizzare in due punti basilari: il dream pop e il medioevo.
Dico dream pop riferendomi in primis, non tanto alle scelte di suoni ma al carattere funzionale del genere: la virtualizzazione (da leggere proprio alla lettera, da virtus: potenza, indicante una serie di azioni che si potrebbero fare potenzialmente; un “esistente in potenza” contrapposto a un reale, effettivo), la poetica del sogno, no? La musica dei Picastro è già pienissima di sogni, di sofferenze inventate, malesseri virtuali, ma la differenza tra questa, e una qualsiasi altra dream pop band, è che i Picastro scelgono, paradossalmente, un “non-luogo” contestualizzato; posizionano i loro sogni all’interno di un sistema di sogni già avviato, in un certo senso collettivo, che è quello del Medioevo e dei suoi continui ritorni che per generalizzare chiameremo qui Neomedioevo. Se state pensando che fanno musica vecchia vuol dire che non avete capito niente, non c’è niente di più contemporaneo che i Picastro oggi, semmai è la contemporaneità tout court che è da considerarsi vecchia e ridondante.

CAPITOLO: You, un giudizio sommario.
Questo non è un disco da 10 per i seguenti motivi e per molti altri che non scrivo: non basta inserirsi in un panorama contemporaneo e “alla moda” per far sì che il disco abbia successo, bisogna scrivere anche belle canzoni, credo sia imprescindibile, e magari “guardare lungo”, come si dice in gergo. Il disco manca di una struttura definita, non ha un andamento preciso, va e viene, voi direte tipico dei sogni no? Io dico d’accordo, ma non cagatemi la minchia se poi la mattina i sogni non ve li ricordate. Produzioni del genere sono assolutamente malvagie, e non ho la minima intenzione di approvarle anche se contemporanee: il noise che sentite non è vero, non è sentito, è sinonimo di rabbia repressa, è alienante, è alienato. Alienato come tutti noi. Siamo una generazione di alienati, prima ve ne rendete conto, prima ricominciamo ad appropriarci di questo mondo.

Traccia Consigliata: Mountain Relief