Sembra ieri, invece sono passati già sei lunghi anni da quando, nel 2009, i Passion Pit rilasciarono il loro primo album Manners. Eravamo teenager (chi più chi meno) spensierati con le nostre vagonate di pippe mentali e quel disco rispecchiava pienamente il nostro stato d’animo. Tre anni dopo, tutti un po’ più maturi, abbiamo consumato Gossamer a furia di ascolti perché, così come Michael Angelakos, ci sentivamo persi all’idea di aver perso quella che al momento pareva essere la donna perfetta: la bella studentessa universitaria incontrata per caso senza alcun difetto, se non quello di essere una grande zoccola. E oggi c’è Kindred, una nuova pagina, un nuovo libro da scrivere.

Ci vuole davvero poco per capire la direzione dell’album, anche per chi non ha ancora masticato i 3 singoli di lancio pubblicati gli scorsi mesi: i Passion Pit suonano pari pari ai Passion Pit. Un bene? Un male? La risposta ovviamente è soggettiva e dipende semplicemente dai propri gusti personali, con la semplice differenza che chi li ha sempre amati potrebbe stufarsi un po’ dopo questa oretta di Kindred. Le hit radiofoniche ci sono (Lifted Up (1985), All I Want e Five Foot Ten (I)) e sono pure delle belle bombe con i loro potenti hook da stadio.  Ci sono anche i brani smielati e sentimentali come Dancing On The Grave e Looks Like Rain. E c’è anche il resto dell’album che non convince troppo, con brani riempitivi poco brillanti (Until We Cant’ (Let’s Go)), altri fuori luogo (Ten Feet Tall (II), che sembra uscita da Mylo Xiloto remixato da Kanye West) e pezzi Gossamer-wannabe (Whole Life Story ricorda molto Love Is Greed e Dancing on the Grave sembra il sequel di On My Way).

Musicalmente suona come han sempre suonato i Passion Pit, senza grandi variazioni degne di nota, se non un approccio EDM-oriented in Five Foot Ten (I) e in My Brother Taught Me How To Swim. Bubble-synth colorati, pad-synth distorti e per lo più cassa dritta che ci fa saltellare sulla sedia. È un Angelakos nuovo quello di Kindred, che sembra aver trovato la fine del tunnel dopo i vari problemi psichici degli ultimi anni, grazie alla famiglia e ai suoi cari (Kindred, appunto). E forse è proprio questo il cuore dell’album: un uomo sicuramente felice e spensierato, che però ha poco da raccontare, perché il peggio è passato ed è meglio lasciarselo alle spalle.

Tracce consigliate: My Brother Taught Me How To SwimAll I Want