Presentare il progetto che sta dietro questo AirEffect non è molto difficile: vi basti sapere che gli OZmotic sono un duo di Torino dietro cui si celano Stanislao Lesnoj (sassofono ed elettronica) e SmZ (batteria ed elettronica), che in questo caso hanno collaborato con un mostro sacro della musica che di nome fa Christian e di cognome fa Fennesz.
Presentare a parole AirEffect, invece, è tutt’altra storia.

Il lavoro vede la luce nel 2011 con la raccolta dei primi field recording qui e là per Torino; con il passare del tempo il materiale si accumula e va a fondare le basi per l’album. Su questi primitivi semi “naturali” iniziano ad adagiarsi le melodie degli OZmotic: dal jazz contemporaneo all’ambient, da pad elettronici a drum machine; poco per volta le tracce si costruiscono e proprio questa sensazione, quella della costruzione come fluire inarrestabile, incontenibile, e talvolta incomprensibile, viene resa perfettamente anche durante l’ascolto, costituendo uno dei punti di forza di AirEffect. A tutto questo aggiungete Fennesz che, con il suo estro e la sua esperienza, mai si fa tiranno, amalgamandosi perfettamente e piacevolmente nella visione d’insieme.
Ferment_action parte da field recording che presto si accartocciano in glitch, piatti e fugaci chitarre fanno poi la loro comparsa, per spianare la strada a droni sporcati da 808 e percussioni più legnose, in una straniante commistione di naturale ed elettronico. In Hydro(p)s e Anthropocene è il sax a farla da padrone mentre tutt’intorno è un climax di batterie ed atmosfere che sfociano nel nulla. E se LiquidMrkt riduce (troppo) all’osso la musica, lasciando spazio a voci e discorsi, Run To Ruin e Clone 15.26 si lasciano spezzare da beat elettronici più canonici del solito, tra chitarre distortissime (marchio di fabbrica di Fennesz), sassofoni sinistri e, ovviamente, field recording.

I non-luoghi di AirEffect avvolgono piacevolmente, cullano, ma sanno anche sferzare violentemente l’ascoltatore quando serve. È un insieme di sensazioni contrastanti quello che si crea durante l’ascolto di un disco che nasce a Torino ma sembra portare ora nel deserto del Sahara ora nelle lande ghiacciate del Polo Sud.
Difficile catalogare, difficile descrivere, difficile anche comprendere, ma per gli appassionati del genere AirEffect è sicuramente un ascolto da non perdere.

Tracce consigliate: Clone 15.26, Hydro(p)s