Può un gruppo essere allo stesso tempo citazionista e con una personalità talmente marcata da riconoscere una loro canzone in una manciata di secondi? Gli Ought sì.
Dopo lo straordinario esordio di More Than Any Other Day e il compatto EP Once More Than Feeling, la band canadese ritorna dopo solo un anno con questo Sun Coming Down che, dopo svariati ascolti, si trasforma da gigantesco punto di domanda a disco incredibilmente ricco, figlio del post-punk e terribilmente contemporaneo allo stesso tempo.

Dunque cosa è cambiato da MTAOD? Il formato canzone è esploso in piccole jam session di continui, imperterriti e martellanti ritornelli, in pieno stile Mark E. Smith dei The Fall periodo Grotesque (The Combo, Celebration in particolar modo). Abbandonati i climax di canzoni come More Than Any Other Day e Forgivness, si lascia spazio a pezzi nervosi, schizzati e ossessivi, spezzati da un rullante secchissimo in atmosfere ricche di feedback; vicine ai Sonic Youth del periodo Sister – EVOL (Sun’s Coming Down). Dalla New (Wave) York, vengono presi d’ispirazione, come nel primo Long Play, i Talking Heads e dosi massicce di Television.

Nota a margine per la stupenda Beautiful Blue Sky che rappresenta la summa di tutto quello di cui abbiamo parlato, aggiungendo quel qualcosa in più che fa dire:”Questi sono gli Ought!”, ed è una cosa da non sottovalutare assolutamente. Il punto di forza del gruppo è la sezione ritmica che non si ferma al compitino, ed anzi, arricchisce i pezzi dove la (voluta) monotonia chitarristica non riesce ad arrivare; una solida spina dorsale del disco. Durante i primi ascolti Sun Coming Down potrebbe risultare davvero troppo indigesto e pesante: la ripetitività melodica e del cantato destabilizza come un hangover.
Ma quando gli ascolti crescono e le sonorità penetrano nella pelle, tutto diventa come un vino rosso che ti lascia sì impastata la bocca, ma che scende dolce nello stomaco. Può creare assuefazione.

Tracce consigliate: Beautiful Blue SkySun’s Coming Down