Metti che arrivi al college, che sei una matricola un po’ sfigata e sola; metti che incontri un tipo a cui piacerebbe fare musica, che questo tipo abbia studiato fin da piccolo musica e che sia ben disposto nei tuoi confronti; mettici infine che il tuo nuovo amico ti convinca ad aspettare di aver finito il college per darsi alle cose serie (la musica s’intende). Mescola il tutto ed otterrai ODESZA ossia un gruppo di due bravi uaglioni originari di quella che un tempo fu la patria del grunge aka Seattle, ma che col grunge non hanno assolutamente niente a che vedere. Cosa rende gli ODESZA molto interessanti?  In primo luogo la loro ventata di chill-wave che rappresenta un toccasana per gli appassionati del genere, rimasti un po’ a bocca asciutta in questo 2014. In secondo luogo, il loro nome che rimanda ad una canzone non proprio a caso, la cui più logica doppia ss è stata sostituita con un’ostica sz onde evitare noiose gite in tribunale per plagio con una band (omonima alla canzone in questione) di cui non sappiamo più nulla, ma che a quanto pare si era arrogata prima di loro il diritto di usare il nome della città ucraina.

In Return  è un lungo viaggio di 13 tracce per quasi un’ora di intensità; stupisce pensare che su 13 tracce ben 8 vedano collaborazioni di vario genere, collaborazioni che mutano e plasmano la forma di questo oggetto misterioso che è il duo di Seattle, collaborazioni forse perfino esagerate per una band le cui potenzialità sono ancora tutte da scoprire. Say My Name, la punta di diamante dell’album, vede la collaborazione con Zyra, la cui voce chiara si adatta bene ai synth marcatissimi e alla drum-machine tanto cara ai due. Se la voce di Zyra stupisce per limpidezza, non si può dire lo stesso per le altre tracce, in cui pullulano voci al limite della compressione tanto da risultare a volte petulanti e ripetitive come in Sun Models o in Echoes.  La linea guida dell’album è comunque ben chiara, l’espediente dreamy funziona ancora e non annoia; poco importa se non tutto è all’altezza, l’album è ottimo sia come rilassante (vedasi It’s Only Kusangi) sia per far muovere le chiappe (Say My Name, Koto, For Us).

La speranza è quella di aver scovato un gruppo che non segua le orme di qualcuno che non citiamo per pura scaramanzia, qualcuno che sembra averli ispirati Molto, qualcuno che qualche anno fa si meritava un in pagella ma che ora come ora si meriterebbe schiaffoni ben dati per averci lasciati orfani dopo averci svegliato da un sogno; qualcuno che troverai unendo gli indizi, qualcuno che ascoltando In Return non potrai che associare agli ODESZA.

Tracce consigliate: Say My Name, It’s Only.