Tre ragazzi suonano insieme nel nuovo mondo globale riunito dopo la caduta del muro di Berlino proprio nella capitale tedesca. Si divertono, scrivono dei pezzi, registrano su registratori d’accatto, ma la loro avventura musicale viene interrotta dal crollo di una giostra durante una loro esibizione in un parco divertimenti; panico, urla, feriti. Poi si ritrovano dopo 20 anni. Sembra la trama di un telefilm che guarderei volentieri, invece è quello che è successo col progetto nonkeen; diventa tutto più credibile quando si scopre che a muovere i fili e dietro le tastiere c’è quel genio di Nils Frahm.

Quindi: Frahm e i suoi due amici Frederic Gmeiner e Sepp Singwald si ritrovano nel 2007 e riprendono in mano le vecchie registrazioni, le esplorano, le campionano e riregistrano. In otto anni è pronto The Gamble. Il suono mai chiaro, lontano, di quelle registrazioni è una scelta stilistica precisa per la resa sonora dell’album: sembra un disco che proviene da un altro luogo, che si porta appresso una quarantina d’anni di influenze che vanno dalla classica contemporanea, al jazz, al rock teutonico, all’IDM. Non per niente nel loro bandcamp l’unico elenco di strumentazione presente mostra solo i registratori utilizzati dal trio berlinese: la musica è anche la sua riproducibilità tecnica. La registrazione originale, analogica, si sente fortissima nel penultimo pezzo Pink Flirt, che cambia rallentando la velocità del nastro in uno dei momenti topici del disco, più visibilmente plasmato dalla mano e dalle idee di Frahm e dalle sue prossimità con la musica concreta.

The Gamble è lunghe jam psichedeliche di organi, sintetizzatori, chitarra e batteria, che si intersecano l’una con l’altra, statiche nella strumentazione magari, ma sempre cangianti e ipnotiche, proiettate nell’atmosfera spaziosa dell’album che si tinge di krautrock, post-rock e prog intelligente à-la Motorpsycho. Nel corso dei pezzi sembra che i musicisti si muovano distanti gli uni dagli altri per poi ritrovarsi all’improvviso, dando prova del loro rapporto musicale rodato e esperto; sembrano che suonino ognuno per conto proprio, ma che siano legati da un filo compositivo sottile e al tempo stesso tesissimo. In qualche modo ricorda il primo LP dell’altro genio dell’elettronica “suonata”, Floating Points: nonostante sia stato concepito e registrato in otto anni, anche The Gamble potrebbe essere visto senza sforzi come una lunga suite continuativa con dei picchi, dei climax; se Elaenia si sposta e esplora diverse forme, questa dei berlinesi è un’unica forma solida dai contorni malleabili e fumosi, imprevedibili, con un nucleo densissimo che fa gravitare intorno i suoi elementi alla perfezione. È facile restare catturati dalla rete gravitazionale sonora di The Gamble in pezzi come Animal Farm, dai tratti che ricordano i Boards Of Canada, in quelli fusion di This Beautiful Mess, o nell’elettronica subliminale di Chasing God Through Palmyra (che arriva dopo una traccia sospesa come Capstan in cui sembra che il trio si stia in qualche modo ricalibrando per suonare poi un pezzo così esatto).

Se si vuole trovare un difetto a quest’album si può dire che suona un po’ monotimbrico ad un ascolto non approfondito: in realtà la profondità della composizione e dell’improvvisazione si mostra da sé, sovrapponendo un ascolto sopra l’altro come disegni su fogli trasparenti, e vista la piacevolezza non è un’impresa così complicata schiacciare play su The Gamble più volte. Inoltre, se anche la storia dell’album può far credere che questo sia un punto di arrivo, un “Ah, finalmente io Frederic e Sepp ci siamo liberati di tutte quelle vecchie registrazioni”, The Gamble non sembra un traguardo: lascia aperte delle porte, delle possibilità, e ci fa sperare in altro dai nonkeen nel futuro.

Tracce consigliate: This Beautiful Mess, Pink Flirt