Sono passati due anni dall’album d’esordio la Fine dei Vent’Anni, e Francesco Motta è tornato, un po’ più maturo e con lo spirito di chi ha ancora tanta voglia di raccontare. E’ uscito qualche giorno fa Vivere o morire il nuovo lavoro del cantautore livornese, che ci era stato preannunciato da Ed è quasi come essere felice e La Nostra Ultima Canzone, i due singoli di lancio usciti tra Gennaio e Marzo.

Vivere o morire è il perfetto secondo capitolo che segue il primo disco: è un evoluzione perfetta di testi e sonorità che continuano a raccontare perfettamente le storie, la crescita, i sentimenti e l’introspezione di un individuo che da ragazzo è diventato uomo. Motta lo fa in una maniera speciale, senza nessun filtro e parlando sempre a cuore aperto; il tutto cantato dal suo timbro incisivo e penetrante, ormai un marchio di fabbrica, che gli ha permesso di entrare di diritto nell’olimpo della nuova canzone cantautoriale italiana. Le sonorità risultano meno aggressive della Fine dei Vent’Anni e scorrono fluide in ogni traccia: il finale inaspettato dal ritmo sud americano come in E Poi Ci pensi un Po’, la dedica spaccacuore al padre in Mi Parli Di Te che ricorda quasi una ninna nanna accompagnata da chitarra ed archi, le cadenze che accelerano in Quello che Siamo Diventati e La Nostra Ultima Canzone, il romanticismo trasformato in melodia in Chissà Dove Sarai.

Motta in questi testi parla di argomenti nuovi, scritti con la consapevolezza di colui che si è accettato con tutte le sue sfaccettature; questo attitude nei confronti della scrittura gli ha permesso di poter parlare in maniera intimistica ed essenziale di tanti aspetti diversi della sua vita: del proprio rapporto con le donne, e di come a volte lo abbiano messo in difficoltà “e a volte mi innamoro e mi nascondo per farmi ritrovare”, del luogo in cui è nato e da cui proviene “Livorno è una città strana” e di quello che si aspetta nel futuro “e forse è troppo presto per un figlio, e pensi sempre a tutto che quello che non hai e a quello che non avrai mai”. L’insicurezza e l’horror vacui che si percepiva dai testi della Fine Dei Vent’Anni, hanno lasciato spazio a poche certezze, però concrete che gli permettono di affrontare temi più delicati come l’affetto di una madre o il racconto del proprio rapporto con il “babbo”, ma Motta fa spesso riferimento anche a momenti passati, cose che sembrano appartenere ad “un’altra vita”. È un insieme coerente di capitoli personali, come in una sorta di auto confessione fatta ad alta voce che però nel complesso mantiene sempre un tono ottimista e “positivo” per tutta la durata del disco; a dimostrarlo è il fatto che lo si ascolta tutti d’un fiato, e dopo l’ultima traccia ti aspetti che il disco vada avanti ancora. Bandiera portante di tutto l’album è il brano che gli da anche il titolo, Vivere o morire: senza mezzi termini dentro questa canzone c’è racchiuso lo spirito con cui Motta sta vivendo oggi, un autoinvito a buttarsi senza pensarci due volte di più, un aut aut in cui la scelta ricade ovviamente sul vivere al meglio delle proprie possibilità riconoscendo i propri limiti.

L’autoanalisi a quanto pare fa bene e cantarla in 9 tracce fa ancora meglio. Il passaggio da ragazzino dei Criminal Jokers a cantautore di una generazione è praticamente compiuto. Motta si può definire il perfetto esempio di un ragazzo nato negli anni ’80, che ad oggi inizia a prendersi le proprie responsabilità. Un ottimo fil rouge in cui Francesco continua a volerci trascinare, nel modo migliore che conosce.

Tracce consigliate: Cosa Saremo Diventati, Vivere o morire, E Poi ci Pensi un Po’