Otto anni ci sono voluti perché i Modest Mouse partorissero questo Strangers to Ourselves. Otto anni, oggi, nell’era di internet, sono tantissimi. Rischia di passare talmente tanta acqua sotto al ponte della musica – e così è stato – che il rischio di finire nel dimenticatoio è altissimo – e così non è stato. In pochi possono permettersi il lusso di una pausa così dilatata, solo i più grandi. Isaac Brock e soci sono, evidentemente, tra questi.
Sì perché tra il pubblico si sono create ancora grandi aspettative e il gruppo, ora possiamo dirlo, si è dimostrato all’altezza di esse, affrontando la prolungata assenza dalle scene con quindici tracce variegate e di tutto rispetto.

All’interno di Strangers to Ourselves troviamo ovviamente i cari vecchi Modest Mouse, quelli col fare un po’ incazzato e un po’ grezzo, quelli che ci faranno pensare agli anni della gioventù con un sorriso: dalla gaia sguaiatezza di Lampshades on Fire, al ritornello e alla chitarra super catchy di The Ground Walks, With Time in a Box, passando per il pianoforte sghembo, gli intermezzi chitarristici distortissimi e i fiati di Sugar Boats, e infine la cantilena urlata di Be Brave e la malinconia dolorosa di The Tortoise and the Tourist.
C’è spazio anche per momenti riflessivi, per pezzi più pacati che nella visione d’insieme contribuiscono alla riuscita dell’ascolto e che, personalmente e con un po’ di sorpresa, preferisco: è il caso di Shit in Your Cut, con quell’andatura cadenzata e quelle chitarre tanto Death Cab for Cutie, o ancora la splendida Wicked Campaign con i suoi innesti elettronici, o il singolo principe, Coyotes, che evolve da una chitarra acustica sino ad un climax capace di cullare anche i cuori più duri. Ansel poi riesce a conciliare perfettamente i due mondi sopra descritti.
Pistol (A. Cunanan, Miami, FL. 1996) e God Is an Indian and You’re An Asshole invece fatico a descriverle, voce storpiata e sbavate elettroniche la prima, divertissement di un minuto dal retrogusto Hare Krishna la seconda. Inutili? Certamente. Brutte? Non l’ho ancora capito.

I Modest Mouse sono ormai considerabili dei veterani dati gli anni di attività ma nonostante ciò continuano a fare musica con naturalezza, prendendosi il tempo che serve, trovando l’equilibrio tra la modernità e la propria natura, quella che li ricollega direttamente al passato radioso rappresentato al meglio da due perle gigantesche e altri album splendidi.
È dunque un immenso piacere constatare che nelle vene di una band tanto amata continui a scorrere fresca linfa vitale. I Modest Mouse non si sono dunque limitati a sopravvivere, ma hanno deciso di continuare a vivere (e pare che per il prossimo disco ci vorranno meno di otto anni).

Tracce consigliate: Coyotes, Wicked Campaign.