Ho la macchina aperta, le dico di aspettare un attimo; dopo quella volta che si erano fregati l’autoradio a lato del Greenhouse decido che è meglio controllare due volte, decido poi che dopotutto l’autoradio me la posso anche portare dietro. Lei mi dice t’accompagno. Già, mica potevo lasciarla sola lì in quell’angolo retto fatto di due muri vicini fino a toccarsi a fianco di un coso della spazzatura, lì, come lo chiamate voi? Bene le dico, vieni. Era così delicata nel muoversi che se fossi stato un altro le avrei chiesto se per caso fosse mai stata una ballerina e invece le ho detto, in un inglese che era figlio di Boston, che il suo disco non mi ricordava niente, ma non per farle un complimento, proprio per dirle che non mi ricordava niente delle cose belle della vita. Perché tutta questa cattiveria vi starete chiedendo, è fin troppo semplice: quando mischio almeno due drink di cui poi non ricordo il nome devo dire la parola vita almeno un paio di volte nel corso di una conversazione. Decido di togliermi subito il pensiero. Lei si ferma, mi guarda, e mi chiede se ho ascoltato il disco, per Dio no, le dico. Arriviamo alla macchina, noto con soddisfazione che è chiusa e la radio è ancora al suo posto. Lei mi dice andiamo io le dico aspetta. Apro la portiera, mi siedo e cerco con due mani di togliere l’autoradio dalla buca di mezzo, il buon ladro si allena prima, penso; sempre con soddisfazione riesco a liberarla dal cruscotto, ora la stringo. La tengo fra due mani e guardo lei, non è che potresti tenermela nella borsetta durante la serata, le chiedo, lei dice ok e torniamo verso il locale. Entriamo da dietro perché lei è la star e non vuole farsi vedere prima del concerto, io dico va bene così mi sento un po’ star anche io.

Dentro le offro una birra presa dal frigo bar, dice che non la vuole, la prendo io, e le chiedo come si pronuncia il suo nome, si mette a ridere e si accende una sigaretta, allora le chiedo come le è venuto in mente di cominciare a cantare, si mette a ridere ancora e mi dice che da piccola le piaceva Britney Spears e sognava di diventare come lei, poi è cresciuta e le sono piaciuti anche i clubs. Non fa una piega. Allora le chiedo, date le continue allusioni sessuali presenti nella sua musica, perché non ci stesse provando con me. Lei si mette a ridere e mi dice che non sono il suo tipo. Ma cosa c’entra le dico io, non è sesso per tutti quello di questa musica, domando, lei mi dice categoricamente no. Io le dico che il messaggio non era chiaro. Si sporge di lato a quarantacinque gradi e mi porge il suo disco, io le dico stai scherzando, e lei mi dice no è un regalo, si grazie ma te come la leggi la copertina, le dico. Lei si mette a ridere. Un tipo alto e nero entra nel camerino e si rivolge a lei, le dice che il pubblico è caldo, ecco vedi che la pensano come me le dico, lei si mette a ridere di nuovo. Giuro che le sue risatine d’alito al collo cominciano a darmi un po’ fastidio. Lei mi guarda e mi dice che deve andare, un’ultima cosa le dico io, chi te le scrive le canzoni, chiedo, io mi dice, le scrivo io, forse questo nostro incontro potrebbe avermi ispirato per un nuovo pezzo, e se ne va; e cosa ne è della tua vita, grido quando ormai se ne è andata. Certo che se non sono il suo tipo è proprio stronza. Il tipo nero di prima torna nel camerino, questa volta per me, dicendomi che se volevo potevo assistere al concerto come tutti gli altri giù in sala, che proposta è gli chiedo, mi chiede se voglio se no esco dal locale direttamente, dico okay non c’è problema.

Abbastanza gente, concerto già iniziato, dance hall bella liscia. La vedo dimenarsi come una pazza, il vestito sciatto di prima ora le sta a pennello, mi compiaccio di non averle chiesto niente riguardo alla sua possibile carriera da ballerina. I pezzi vanno, da soli sembrerebbe, non vorrei dire che sono tutti uguali, mi giustifico dicendo che forse i drink mi danno alla testa. Mi ricorda Lana Del Ray e Rihanna in una versione porno homemade, di quelle a bassa definizione. Noto che i video che vanno sullo sfondo confermano la mia tesi. Non mi ecciti Roxanne. Con lei sul palco ci sono un chitarrista presentabile, uno alle macchinette, e uno alla batteria elettro-acustica. Di sicuro se la sono sbattuta tutti e tre dico a un tizio di fianco a me, non mi sente. Decido di andare, indietreggio ed esco. Mi avvio verso la macchina, ingrano la retro, la prima e via dicendo; mi accorgo con immenso rammarico che la buca dell’autoradio presenta un vuoto incolmabile. Brutta mangiaradio da quattro soldi, te e il tuo club-disco sessuale. Parcheggio alla bene e meglio e mi dirigo verso l’ingresso. Il tipo alto e nero mi dice che ormai non posso più entrare. Bestemmio, odio la Danimarca tutta.

Tracce consigliate: Waste of Time.