Quanto tempo è passato da quando Frank Ocean ci ha fatto intendere che avrebbe rilasciato il nuovo album a luglio? 3 mesi più o meno, no? Frankino caro, noi tutti ti amiamo e davvero ci spiace che luglio sia arrivato senza di te (per ora!), ma se al momento non ci stiamo straziando è perché nel mentre è uscito il terzo album di Miguel. Sì, proprio quel Miguel, che per un motivo o per l’altro, qualche giorno fa ha rotto il cazzo con dichiarazioni contro di te solo perché je rode er culo star sempre dietro. Ma a sto giro lui ha messo la freccia e tenta il sorpasso, in attesa del tuo ritorno.

Wildheart, come il suo predecessore Kaleidoscope Dream, ruota totalmente attorno al binomio SessoLussuria e a tutto ciò che a sua volta ci gira intorno. Dall’idea di voler scopare come se stesse girando un film porno in the valley (“I’m your pimp, I’m your pope, I’m your pastor, babe/ Confess your sins to me while you masturbate.“), alla totale perdita dell’auto-controllo in …goingtohell, dove afferma che un uomo innamorato può facilmente perdere il lume della ragione e, appunto, venir spedito all’inferno (“I’m going to hell with you. I don’t care, I’m in love.”).  what’s normal anyway è la Runaway di Kanye West cantata da Drake: un brano meraviglioso in cui Miguel esprime le sue difficoltà nel trovare un gruppo di appartenenza giusto sia per sé stesso che per la sua musica, cercando di spiegare che quest’ultima non è la solita robaccia sex-addicted ma è anche un ancora di salvataggio per lui stesso e per il lavoro che fa.

NWA, Hollywood Dreams e coffee formano invece il terzetto che già componeva l’EP uscito lo scorso dicembre e fin qui niente di nuovo, se non che coffee (nella versione album manca il feat con Wale) continua la storia iniziata in the valley, passando da un apatico sesso sfrenato a un romanticismo mieloso e farfalle nello stomaco. Mettetevi su le vostre cazzo di cuffiette dell’iPhone, preparate i fazzoletti e lasciatevi invadere da un vortice di sensualità, passione e calore dal miglior Miguel di sempre.
E non pensiate che sia un album come gli altri mille tutti uguali che seguono il filone alt-R&B perché se fate play su DEAL e siete un attimo sovrappensiero finirete col pensare di aver fatto partire To Pimp A Butterfly di Kendrick. Poi vabhé c’è pure FLESH che sembra uscita da qualche incubo di Prince e ti fa salire il demonio in corpo con i suoi falsetti altissimi contrastati da synth cupi e sinistri.

Non ci sono sbavature in questo disco: l’amata California (il cui clima che non cambia mai è paragonato alla straziante situazione di stallo in cui è la sua storia – in leaves) e la sua Los Angeles (di cui si parla in Hollywood Dreams) hanno riempito di nuove idee il quasi-trentenne Miguel che con Wildheart sovrasta tutti gli altri dischi del genere spiccando per originalità, sonorità, facilità di ascolto e argomenti. Da ascoltare, da ri-ascoltare, da vivere, da amare.

Tracce consigliate: leaveswhat’s normal anyway, coffee