Se condividi il palco con gente come i Mudhoney significa che qualcosa la sai fare. La SubPop ha colto al volo l’opportunità di aggiungere al loro roster questo power-trio canadese (per la precisione di Toronto).
Nel mondo dell’hardcore/noise si parlava di loro già da un po’ soprattutto per l’ottima resa nei live. Questo album d’esordio sembra un’ottima fotografia di ciò che potresti aspettarti assistendo ad un loro live. Appena si nominano hardcore e noise molti potranno dire come si fa davanti a qualsiasi opera d’arte contemporanea “anche io ne sarei capace”. Se permettete vi dico: NO. Chiunque potrà essere capace di fare rumore e sudare su un palco come un cinghiale ma forse farete musica di merda. I METZ, oltre a saper fare “rumore” quando serve, sanno mettere insieme un bel pacchetto di canzoni con dietro ottime idee. Prima di arrivare a questo LP di debutto sono passati 5 anni di sudore e fatica su vari palchi fino a conquistarsi il titolo di band più rumorosa del paese, rispetto alla band più rumorosa di New York (A Place To Bury Strangers ndr) sarà poca cosa ma è comunque una soddisfazione.
Nel mettervi all’ascolto di Metz non aspettatevi innovazioni stilistiche e suoni originali.
Si sente che il trio canadese ha studiato per bene i padri fondatori del genere-su tutti ancora Mudhoney, Jesus Lizard e inevitabilmente influenzati dai Sonic Youth, dai Nirvana di Beach e aggiungerei anche i Fugazi. Questi nomi dovrebbero aiutarvi e nel caso non bastassero (scusate ma cosa cazzo avete ascoltato nella vostra vita) vi dico che si torna indietro di vent’anni. Immaginate di essere nella Portland dei 90’s. A farla da padrone sono riverberi, feedback e quella sensazione di lo-fi che alla Sub Pop sanno rendere al meglio. A contorno di quasi tutti i pezzi c’è un aggressività che vi colpirà come un pugno nello stomaco. Questo self-titled vi porta in un viaggio a velocità folle sotto anfetamine in una delle tante highway americane. Avete 30 minuti scarsi prima di schiantarvi.

Esempi? Non dovete attendere molto. Headache (il nome aiuta) apre l’album: intro di batteria, feedback e la chitarra ultradistorta vi butta dentro questo tornado d’adrenalina. Brevi stacchi di qualche secondo non consentono mai di riprendere fiato. Già dal primo ascolto si pianterà dentro la vostra testa.Il ritmo dell’album rimane sempre serrato, altro ottimo pezzo Sad Pricks.Wet Blanket pur rimanendo fedele ai canoni finora ascoltati è il pezzo che offre più cambi e variazioni, è può essere il brano ideale per capire il potenziale di questa band. Il ruolo principale è lasciato al basso ovviamente coperto da tonnellate di fuzz, la bacchetta batte costante sul ride e la chitarra entra con la violenza di una sassata. L’influenza dei padrini Sonic Youth si fa ingombrante in brani come The Mule, con le dovute proporzioni potrebbe proprio essere opera di Thurston e amici.

I METZ si inseriscono meritevolmente nell’attuale scena noise e post hardcore insieme a Japandroids, Cloud Nothings e The Men. É un album diretto, violento, isterico e da cui è inutile aspettarsi novità musicali, fanno il loro dovere più che bene.

 

 

 

P.S Sconsigliato l’ascolto alla guida, può provocare deliri di onnipotenza.

Potreste finire così.