Se stai leggendo una recensione sul nuovo album di Marracash non hai sicuramente bisogno di un’introduzione sul suo passato, da dove viene e blablabla, piuttosto una piccola storia di questo disco: tutto inizia con.
Quasi due anni fa, diciamo settembre 2013, esce GVNC, singolo che annuncia l’uscita del nuovo disco di Luché e la nascita dell’etichetta di Marra: Roccia Music.

Qualche mese dopo esce un ep con dentro un po’ di gente, una presentazione in stile totalmente americano (non è una critica, è solo troppo evidente l’ispirazione, diciamo così) che comunque funziona, perché la trap e A$AP Rocky vi piacciono, ma soprattutto perché se penso all’ultimo album di Marracash mi vengono solo in mente dei gran beat di merda, quindi tanto di guadagnato.
Sei mesi dopo esce il singolo, Status, che si riassume in una parola: chitarroni. Altri sei mesi di attesa ed escono altri tre estratti, tra cui 20 anni (Peso) (in cui il nostro parla di quando aveva vent’anni e spacciava, però l’affitto è peso, peso, peso) che riescono a confondere ancora di più le idee, poi un altro video – Bruce Willis – e alla fine esce l’album; piccolo spoiler: fa schifo. Di americano c’è pochissimo e se questa cosa arriva ad essere un rimpianto qualcosa di sbagliato deve esserci, i testi sono ridicoli (i miei parenti stanno giù senza l’acqua, i miei capelli stanno su senza lacca) visto che Marra decide di preferire i giochi di parole a qualunque senso (chi lo fa, kilokal fra, peso forma) e il tutto è reso ancora più fastidioso dalle infinite interviste/recensioni in cui Marracash o chi per lui definisce il disco la rivoluzione dell’hip hop italiano (la tua tipa ha visto più uccelli di Hitchcock, erano quasi dieci minuti che non sentivo questa rima in un freestyle), falsità abbastanza evidente persino a chi abbia ascoltato anche solo l’ultimo dei Dogo, per dire.

Ma andiamo senza troppa fretta, ed iniziamo dai pregi, che sono solo due ma evidentissimi: innanzitutto Fabri Fibra fa un ritornello e non una strofa, in un pezzo che comunque è da skippare, per cui tutto bene; poi c’è Bruce Willis, prodotta da 24SVN e Sonny CRSN che sono l’unica vera cosa nuova del disco, una produzione attuale ma non ignorante, cosa che viene confusa praticamente sempre, nonostante nel pezzo ci sia una delle frasi più condivise e irritanti degli ultimi vent’anni di rap, non la trascrivo neanche perché davvero, sentite il pezzo e basta. Arriviamo ai difetti: in primo luogo i featuring, che fanno tutti un pessimo lavoro (bravoni) a parte Achille Lauro che ci piace a prescindere, menzione d’onore per Gué Pequeno che fa una strofa orrenda, giudicata tale perfino da fan accaniti, Tiziano Ferro – spero di non dover spiegare perché (perché amo amo amo, perché odio odio odio) – e Neffa che è in testa per la collaborazione più brutta del duemilaquindici, di qualunque genere, di qualunque lingua, ma questa non vi consiglio di ascoltarla, fate prima a credermi. Andrebbero citate anche tutte le tracce tra Crack e Sogni non tuoi – orribili, non si salva nulla -, se vi piace Sindrome depressiva da Social Network fate finta di niente e aspettate, un giorno diventerete maggiorenni.

In sintesi (e per quel che mi riguarda la recensione potrebbe essere questa) Marracash confeziona un album pieno di luoghi comuni, contraddizioni (in un pezzo inneggia al sesso random, nel successivo critica una società che vuole solo sentirsi dire di essere felice, in un altro si lamenta di non essere capito quando parla di certe cose, ma non ci è dato sapere quali siano “queste cose”), delle basi neanche troppo brutte a volte e veramente stucchevoli altre, ma senza nessun pregio, nessun pezzo da riascoltare e niente di neanche lontanamente vicino al termine novità. Un album paraculo che piacerà un sacco.

Traccia consigliata: Bruce Willis.