Sono in un momento abbastanza brutto della mia vita, ho passato l’ultima ora ad ascoltare Lo Stato Sociale, cosa che sono sempre riuscito in un modo o nell’altro ad evitare sin da quel giorno in cui ascoltai per la prima volta Sono Così Indie, nel lontano duemila e qualcosa, ben prima che I Cani aprissero il Vaso di Pandora, ben prima che la Garrincha divenisse un nome tristemente noto. Sono pure in ritardo col recensire questo disco, quando ormai tutta la stampa di settore italiana l’avrà già criticato, esaltato o malcagato. Non lo so, non mi sono preso la briga di verificare. Pessimo tempismo, ok, ma ogni volta che cercavo di ascoltarlo non riuscivo a trovare il coraggio sufficiente.

Sono quindi qui a scrivere come il “critico musicale depresso, musicista fallito” (cit. Fra De Leo, carismatico frontman dell’Offy Della Camo) che sono, esibendomi fuori tempo massimo in una sfilza di considerazioni inutili. Forse pochi di voi sanno, infatti, che durante una data del loro tour nelle librerie (cosa??? boh) i rega dello Stato Sociale hanno invitato uno dei loro maggiori detrattori tra la critica musicale italiana, il signor Fottesega Seiundepresso, per un confronto sul tema “Lo Stato Sociale” che aveva come pubblico i fan dello Stato Sociale. Probabilmente il signor detrattore sarà ancora in un angolino a piangere. Una mossa abbastanza geniale per la stella più lucente della scuderia Garrincha, un’etichetta che ha sapientemente riciclato i detrattori in un combustibile chiamato pubblicità gratuita che li sta facendo viaggiare un bel po’. Ovviamente i rega dello Stato Sociale sono a ben altri livelli rispetto a macchiette tipo L’Officina Della Camomilla (di cui ci è arrivata in redazione esplicita richiesta di recensirli in un agognato “secondo round”, dopo che avevamo totalmente snobbato il loro EP – MI VIENE DA URLARE DA QUANTO SIETE TENERI – ma questo è solo un piccolo esempio) e si sono potuti permettere addirittura di arrivare a un confronto verbale che si sarà poi probabilmente rivelato un linciaggio.

Perché i rega dello Stato Sociale sono dei cazzo di geni, o quantomeno almeno uno di loro lo è (non credo Lodo Guenzi, sicuramente lui no), e sono riusciti a creare con la loro musica di merda un esercito di fantocci che li venera quasi fossero gli unici veri detentori della Verità nel nostro paese. Ne conosco pure diversi di loro fan, in gran parte brave persone, salutavano sempre, ma prive della possibilità di capire che quello che stanno ascoltando è robaccia, tant’è che si stupiscono pure quando un tipo come me (che ascolta musica “strana”, musica “indie”, diciamo quasi musica “hipster”) dice che Lo Stato Sociale fa cagare. E non si può neppure spiegar loro perché fanno cagare, perché non si rendono conto che quello che ascoltano non solo è peggio dei vari Brondi Dente Brunori, ma è peggio dei neomelodici, è peggio di Amici: è ciò che impedisce a chi nella scena musicale indipendente italiana spacca sul serio di fare strada nel proprio paese, perché sarà sempre in coda rispetto a gente del genere.

Ma come mai non se ne rendono conto? Perché L’Italia Peggiore è un album destinato a vincere in partenza: con una parolaccia e un riferimento alla droga o al sesso qui e là per tenere viva l’attenzione tra una sfilza indecifrabile di luoghi comuni e l’altra, qualche parola chiave come “conformisti” infilata sapientemente giusto per aizzare un po’ gli animi, prese in causa di personalità eccellenti tipo Giovanardi, Karl Marx o Enrico Papi e il furbo approccio incazzato-populista, i rega dello Stato Sociale danno vita un marasma lessicale insensato che nell’animo dell’ingenuo genera una sensazione di smarrimento ammirato del tipo “wow non ci capisco un cazzo di quello che dicono, ma sono sicuramente dei geniali e irriverenti osservatori della realtà che ci circonda”, finché arriva il ritornello tanto catchy quanto inascoltabile a salvare la situazione. “Fanno pure canzoni fighissimeee!!! Li adoroooo!!!”. Il sottofondo musicale invece è sempre affidato quell’electro pop da microkorg che suppongo avesse caratterizzato anche il disco precedente, affiancato però in questo caso anche da cagate quasi ska, rappate made in Piotta, riferimenti musicali sanremesi, momenti acustici dal doveroso sapore garrinchoso. Sì insomma cose che quando arriva la pubblicità su Spotify sei felice, salvo poi ricordarti che nel frattempo ad ogni brano ascoltato stai regalando 0,003€ alla Garrincha.

Traccia consigliata: Sono Così Indie